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Racconta le storie di chi lascia la Sicilia: Daniela, (l'irriverente) "scrittora" di Palermo

Nel suo percorso ha ottenuto frutti straordinari, senza spinte, con tanto lavoro precario. Dopo un lungo periodo a Roma ha scelto di restare nella sua terra

Selene Grimaudo
Giornalista pubblicista e pedagogista
  • 19 maggio 2023

Daniela Gambino

Daniela Gambino è una scrittrice, è palermitana ed ha una vena ironica e irriverente che fa di lei una donna che si esprime non solo con le parole, ma con le immagini e con forme alternative di comunicazione che rendono sempre l'idea dei suoi stati d'animo, delle emozioni e sensazioni che permeano la sua quotidianità.

Ha una formazione accademica come scenografa è un’appassionata di musica e ha scoperto che dedicarsi ad altre discipline ha il potere di amplificare la sua capacità.

Sceglie musica, prova a mixare, capta suoni e li descrive, è una scenografa, colloca oggetti negli spazi, li rende praticabili, dipinge, segue le proporzioni. È anche una fotografa e ha cominciato a girare video.

Nel suo lavoro di scrittrice ha avuto frutti straordinari, senza spinte, senza raccomandazioni, a volte con tanto lavoro precario, stanchezza e scarsa concentrazione, per un periodo non ha avuto neppure un computer, ma aveva e ha amici cari che le ricopiavano gli scritti.
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Si è definita, in passato, la scrittora per gioco, ma facendo sul serio, perchè voleva una descrizione più calzante per il suo lavoro.

Non si sentiva una scrittrice "impegnata", scriveva di notte perché in famiglia voleva tenere segreta la sua passione. «Siamo una famiglia numerosa - racconta Daniela - avevo molto pudore proprio dell’atto di aprire un quaderno e prendere nota.

Tenevo un blog su splinder, ho sempre fatto attività collaterali, come scrivere un podcast e perfino canzoni.

Mi sentivo distante, è da sempre che vengo definita, scrittrice pop, oppure scrittrice siciliana (si dice di una scrittrice ligure? O veneta?) etc. come se dovessi appartenere a qualche scuderia o vivere in attesa di una consacrazione a "scrittrice e basta"».

Da un po' di tempo, ha abbandonato la definizione e adesso è un essere umano, una scrittrice e giornalista. La sua famiglia è un punto di riferimento ed è anche critica.

«Se dico qualcosa di troppo aulico vengo subito richiamata all’ordine, mi apostrofano con "talè, parrò ‘a scrittrice. C’è qualcosa di profondamente siciliano in questo sarcasmo, che allo stesso tempo considero una opportunità: perché lavora nel profondo.

Mia madre e mia sorella hanno scritto entrambe romanzi, per loro scrivere è diventato un modo come un altro per esprimersi. Puoi scrivere un romanzo, puoi farlo, puoi metterci cose che ti stanno a cuore. Io lo faccio e ho dato l’esempio evidentemente.

Tutte le sere mia madre mi chiama e mi racconta come sta sviluppando il suo prossimo libro, ed è qualcosa di straordinario, ha cominciato a scrivere quasi ottantenne! Mia sorella mi manda messaggi WhtasApp e discutiamo su come presentare lavori, su dettagli come prefazioni o numeri di pagine».

In passato ha provato a lasciare la Sicilia per avere maggiore fortuna, ha vissuto a lungo a Roma, dove si sente a casa sua. Daniela lì si è sentita accolta, ha conosciuto molte persone e ha intessuto rapporti significativi.

«Roma è un unicum, una summa, è una città simpatica – dice - lo so che è inappropriato come aggettivo, ma non ne trovo altri. Simpatica come sappiamo essere simpatici noi italiani, maestri di voglia di vivere. Che possibilità ci vengono negate? Quella fondamentale di sentirci alla pari.

Investire di più al Sud, e non solo in termini di immagine, di turismo. Per esempio: pensare la Sicilia come un’isola turistica mi pare limitante. Ben venga, ovviamente, ma con le belle teste che abbiamo, con le nostre spigolosità, il nostro pensiero divergente, investire in ricerca, industria, perché no?

Perché non richiamare i nostri talenti? Perché non correre con i grandi? Perché sentirsi sempre “meno”? Indaghiamolo questo "meno" non dobbiamo trasformarlo in "più", abbiamo modi diversi di vedere la vita, trasformarlo in quell’"altro" che ci rende unici».

Daniela ama scrivere dei sentimenti, di quello che avviene fra le persone, pensando che la sua missione sia proprio questa, interpretando in maniera personale il reale.

«Quando qualcuno mi dice “gli uomini sono così, oppure le donne sono così” - aggiunge Daniela - io mi illudo sempre che ci sia qualcosa in più da raccontare, qualcosa di non detto.

Io sono quella che dice “no, ascolta, secondo me lui fa così perché...”, sono molto ricercata per i consigli d’amore, non indovino quasi mai, ma rendo l’innamoramento un percorso più avventuroso e affascinante: è garantito.

Tutto quello che scrivo è attinente al mio percorso di vita, anche se non l’ho vissuto, non conosco benissimo Milano, ho inventato la spiaggia di Aci Stella perché la costa catanese con quelle rocce affioranti non è il mio forte, scrivere è dare voce all’immaginazione. Mettere insieme i punti, dico io».

Nel suo ultimo romanzo parla della storia di due ragazzi siciliani a Milano e della loro vita "agra". Si affrontano tematiche importanti. Il meridione è una questione importante.

«Se per studiare bene, curarti in un centro specializzato, o semplicemente lavorare (penso agli insegnanti che vengono convocati, al modo in cui partono e devono organizzare la loro vita altrove in poche ore) - aggiunge Daniela - se per fare queste cose basilare devi trasferiti al Nord del tuo Paese, qualcosa non funziona.

Se il tuo accento viene considerato meno affascinante o da correggere di altri accenti, qualcosa non va. Se dobbiamo guardare costantemente a chi “è meglio di noi, più civile e organizzato”, non va.

E non "Perché siamo Dei" la citazione è del Gattopardo, ma se la luce che si rifrange sul mare a Cefalù è così dolorosamente bella, com’è possibile che noi soffriamo? Che quasi tutte le famiglie del Sud debbano salutare i propri figli da un cellulare perché devono lavorare al Nord?

La cosa interessante è come questo viene vissuto da molti fuorisede, con sfida e con orgoglio, con il detto “cu nesci arrinesci”, con il mascherare le origini, assumere posture, modi di dire, abitudini.

Mi è capitato spesso di notare come meridionali trasferiti sviluppassero un senso di superiorità verso chi resta. Va da sé che trovo stimolante viaggiare o spostarsi per lavoro, auspico lo scambio, ma qui il discorso è un altro: un tempo si era filo borghesi, qui molti meridionali sono “filo settentrionali”. Non vogliono rivendicare o difendere le differenze, le vogliono appianare».

I suoi programmi futuri sono scrivere e ancora scrivere. Per lei, in verità, il futuro è una parola vuota, vive il suo presente e ha tantissima immaginazione, con la quale continua a ricreare mondi nella sua testa, storie con incontri, epifanie, risposte pertinenti, risoluzioni, tutte quelle parti della scrittura creativa adorabili, che la rendono privilegiata: perché nella vita non accade quasi mai, in quanto la vita è piena di punti di domanda.
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