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Roberto Alajmo torna in libreria con "Io non ci volevo venire": un mistery amaro e comico

Alajmo racconta una storia, per nulla impossibile, con una prosa fluida e coinvolgente, dialettale solo per le spezie dei dialoghi, divertente e ironica, propria delle conversazioni in Sicilia

Balarm
La redazione
  • 18 maggio 2021

Lo scrittore e giornalista Roberto Alajmo (Foto di Annalisa Ardizzone)

Io non ci volevo venire” è il titolo dell’ultimo libro (edito da Sellerio), in ordine di pubblicazione, del giornalista e scrittore palermitano Roberto Alajmo.

Dopo il più intimo e personale “L’estate del ’78” Alajmo cambia genere componendo un mistery comico e grottesco che è, anche, una costellazione di frammenti dell’essere palermitano.

Sul limbo che separa, neanche poi ufficialmente, la borgata di Mondello da quella di Partanna, gemelle diverse verrebbe da dire, vive Giovanni Di Dio, per tutti Giovà che, per uno strano scherzo della vita, diventa suo malgrado, protagonista di una vicenda molto delicata.

Da piccolo era stato uno di quei bambini goffi, tardi, vittime un po’ volontarie, che i compagni di calcetto mettono ogni volta a giocare in porta.

Da adulto Giovà non è cambiato poi molto: sovrappeso, per nulla svelto, prematuramente fallito a scuola.

Per non vederlo dormire tutto il giorno, cosa che lui sa fare meglio di ogni altra, la madre gli ha trovato un posto come guardia giurata. Per ottenerlo, la signora Antonietta si è rivolta allo Zzu.
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Uomo di gran conto nel quartiere, che dal terrazzino del suo minuscolo bar domina su tutto e tutti, con modalità che in zona ognuno sa e nessuno dice.

Trent’anni dopo Giovà viene convocato per ricevere uno strano incarico, totalmente al di sopra delle sue forze. È sparita una bella ragazza, Agostina Giordano, i carabinieri la cercano, ma delle loro indagini non si sa nulla.

La cosa incredibile è che non ne sappia niente nemmeno lo Zzu che, per svelare il mistero, è costretto a rivolgersi a quella “cosa inutile” di Giovà.

Un’indagine parallela e riservata, condotta da un incompetente che non riuscirebbe a cavarsela senza una specie di comitato investigativo sui generis, tipicamente palermitano, composto da tutte donne che, specialiste nello smistamento di voci raccolte in giro, fanno luce nella direzione in cui Giovà deve guardare.

Il risultato è però che l’investigatore riluttante di questo anomalo poliziesco finisce per affrontare un’alternativa che mette a repentaglio la sua stessa sopravvivenza.

Alajmo racconta una storia, per nulla impossibile, con una prosa fluida e coinvolgente, dialettale solo per le spezie dei dialoghi, divertente e ironica, in grado di restituire l’allusività e il senso multiforme delle conversazioni in Sicilia.

L’autore ne rappresenta tutti i codici di comunicazione, compresa la prossemica di chi parla.

È una specie di danza: avvicinarsi, allontanarsi, farsi sotto, restare in disparte.

La descrizione dei personaggi, che ripropongono lo schema di uomini al comando ma con fila gestite, in fondo, da donne, attinge al patrimonio antropologico siciliano, fatto di frasi, pietanze, atteggiamenti e reazioni spesso istintuali che sono scritte nel DNA di ogni palermitano, suo malgrado.

Ed è per questo che si legge tutto d’un fiato, come spesso accade con i libri di Alajmo, e che ti lascia oltre al sorriso, in questo caso, quel gusto amaro che è proprio delle borgate di questa città.
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