STORIA E TRADIZIONI
Se vai al mare in Sicilia li vedi con le carte in mano: chi sono i tipici giocatori (da spiaggia)
Pare ci fosse un tempo in cui cellulari, i social e altre amenità del genere manco passavano "pa rarica ru cerevieddu", per di necessità virtù: da noi ci sono le carte

Giocare a carte
Dietro un ventaglio di carte da gioco si possono fare alleanze, dire cose che normalmente non possono essere dette e, ovviamente, creare dissapori che a volte sfociano in faide che si portano avanti per generazioni.
Le carte, qui in Sicilia, si sono sempre intrecciate con l’animo umano, a partire dagli anni di scuola in cui le partite clandestine di briscola venivano brutalmente interrotte dal professore La Barbera, il quale asseriva che unna firavamu mancu a iucari, passando per mia nonna, buonanima, che a tempo di giocata si trasformava in una belva assetata di sangue che disconosceva figli e nipoti.
Finendo a mio zio che normalmente è la persona più gentile ed accomodante del mondo, se non fosse che quando perde alle carte o qualcuno gli da "l'assist” sbagliato si trasforma in una specie di "mister Hyde".
Ecco che allora, in tempo di mare e vacanze, ho realizzato che vi sono dei particolari “tipi da spiaggia cartensi”.
Gli occasionali: nemesi dei giocatori abituali. Si aggirano attorno al telo in cui i giocatori hanno dato vita a una vera e propria bisca clandestina da spiaggia.
Non per forza devono essere persone conosciute, l’occasionale potrebbe anche essere il vicino di ombrellone appena arrivato che vuole unirsi al gruppo.
Dapprima guarda con insistenza, fisso, manco fosse un agente di polizia in cerca di giochi clandestini. Poi magari fa cadere il pallone lì vicino, giusto giusto per avere una scusa per attaccare discorso, dopo poco chiederà timidamente di poter entrare a far parte del gioco al prossimo giro.
A quel punto esce fuori la vera natura dell’occasionale che si suddivide in due grandi categorie, il professionista ed il neofita.
Il professionista lo vedrete indossare occhiali da sole scuri, cappellino da baseball sponsorizzato da una locale carrozzeria per auto e sigaretta perennemente tra le labbra.
Non avrà pietà per nessuno, il suo viso sarà imperscrutabile e, nel giro di poco affermerà con fierezza il suo ruolo di dominatore nel gioco.
Il neofita, appena si siede comincia con le domande: «Ma le carte come si tengono? Ma è difficile? Perché io con i conti sono paro paro pa priessa. Vabbè ma tanto giochiamo per divertirci no? Possiamo fare un giro di prova a carte scoperte?», e comincerà a sistemarsi sulle mani con equilibrismi che sfidano le leggi della fisica.
Dopo il quarto giro in cui non ha ancora capito le regole e ripete sempre le stesse domande, verrà gentilmente invitato ad andar a fanc… a pigliare le birre fredde al bar della spiaggia.
Il suggeritore: lo odiano tutti, ma davvero tutti, compreso il neofita! Una vera chiattidda che però per un motivo o un altro non prende mai parte al gioco.
La sua area di azione è alle spalle della vittima/giocatore prescelto, silenzioso e invisibile come un ninja osserva con attenzione le carte.
Ad un certo punto inizia a fare dei versi fastidiosissimi non appena viene fatta una giocata, del tipo «Niiii.. Mai Maria…Vabbè…, ncà», spesso accompagnati da un risucchio fischiato molto simile a quello usato dai tascioni convinti che con quel richiamo tutto il genere femminile cada ai loro piedi.
Dopo essersi appurato che il livello di fastidio è almeno a livello taddarita, passa allo stadio successivo, in cui comincia ad urlare «Ma chi fai? C’avieva a calare i cincu i spade!! Se… ma t’ha firi a iucari?».
Oppure: «No! Se tu mettevi il 9 di mazze lui rispondeva con un 6 di spade per cui applicando la costante di Nepero fratto la radice quadrata del pigreco moltiplicato per la sezione aurea nel numero di carte nel mazzo ti ritrovavi a poter prendere il settebello e fare scopa!»-
Non si sa se realmente è un genio matematico o bara clamorosamente, nessuno è mai riuscito a capirlo anche perché viene sempre cacciato via a male parole.
Nella fase finale il suggeritore usa il contatto fisico. Blocca il braccio mentre si sta per mettere la carta sul telo tistiando e facendo un classico e fastidiosissimo “nzù”, oppure dà una pacca sulla spalla di circa 5000 Newton lussando scapola e cuffia dei rotatori urlando all’orecchio «Nonzi!! Allura nenti ti rissi?».
Spesso il suggeritore termina la sua attività o perché viene fatto affogare a forza di calatine nel bagnasciuga o perché sotterrato nella sabbia fino al collo, in stile western, con in testa una fetta di mulune agghiacciato che attirerà orde di piccidiriddi che lo divoreranno vivo.
Gli abituali: non fanno in tempo a piantare l’ombrellone e stendere i tuvagghie che già hanno tirato fuori il mazzo di carte, carta e penna per i punteggi e conzato tutto il necessario.
Giocano imperterriti fino a notte fonda, al chiaro di luna, incuranti di tutto ciò che accade attorno a loro, fosse anche uno Tsunami.
Il violento: può appartenere a qualsiasi categoria, ma in ogni caso getterà la carta da giocare come se dovesse piantare un paletto a terra con un mazzuolo.
Lancia la carta creando uno spostamento d’aria che per il butterfly effect darà origine ad un tornado nelle Azzorre ed urlando «Te ca pigghia!!!», con dipinto sul volto un’aria vittoriosa, anche se quella carta non serve assolutamente a nulla.
Il solitario: odia il sole, detesta la spiaggia e ha una velata misantropia verso il genere umano.
Mentre tutti sono in acqua a far vedere come sono bravi a fare i tuffi bomba o giocano con il supersantos, lui si rannicchia sotto l’ombrellone, seguendo passo passo il movimento dell’ombra, e comincia a fare interminabili solitari, osservando il restante genere umano con uno sguardo da Gollum e maldicendo ogni microistante che passa su quella maledetta spiaggia.
L’architetto: lui in realtà non gioca, costruisce. Appurato che, forse, è troppo grande per fare i castelli di sabbia, passa a quelli di carte.
Così mentre gli altri giocano normalmente lui, con un altro mazzo portato appositamente, comincia a fare, dapprima, piccole piramidi, per arrivare a realizzare il Taj Mahal incollando tra loro le carte con una malta ottenuta con acqua salata e rina e pretendendo che il mondo si fermi per osservare ed applaudire la sua opera di cui va fierissimo.
Al primo colpo di vento o supersantos con traiettoria instabile la costruzione viene miseramente abbattuta.
La famiglia con bambini: cose giuste, c’è da dire che questo è un vano tentativo, da parte dei genitori, di far star tranquilli i piccoli, adorati, diabolici figli anche solo per un minimo lasso di tempo atto a rispettare i tempi di digestione dopo ca si futtiero a legittima per pranzo, che si sa che l’aria di mare apre u pitittu.
In tempi di metodo Montessori e tecniche pedagogiche improntate al rispetto dell’individualità del picciriddo (ovvero ava a fari nzuccu vuole) si prova con distrazioni come giochini con le carte che dovrebbero supportare la crescita cognitiva del pargolo.
Inutile dire che finisce con carte da gioco che volano come batarang impazziti per tutta la spiaggia, figli urlanti che corrono come bertucce sotto effetto di Mefedrone su teli e corpi altrui e genitori compiaciuti per la dimostrazione di individualità che dimostrano i piccoli eredi.
Speramu che passanu i carte.
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