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Stop alla legge sui medici abortisti: in Sicilia sono pochissimi, come va nel resto d'Italia

Il Consiglio dei ministri ha bocciato la norma che obbliga gli ospedali ad assumere non obiettori nei reparti per l’interruzione di gravidanza. Ma esplode la polemica

Luca La Mantia
Giornalista
  • 6 agosto 2025

Bocciata la legge sui medici abortisti in Sicilia

La norma era stata approvata all'Ars con l'aiuto del voto segreto e di una decina di deputati della maggioranza. E si era portata dietro una lunga scia di polemiche. A tagliare la testa al toro, sulla legge che in Sicilia obbliga le aziende sanitarie ad assumere medici non obiettori, ci ha pensato il Consiglio dei ministri impugnandola.

Nel mirino il comma dell’articolo 2 della legge numero 23, approvata a fine maggio a Sala d'Ercole che obbliga le aziende ospedaliere a prevedere la presenza di medici non obiettori nei reparti in cui si pratica l’aborto. Secondo il Consiglio dei ministri si tratta di una violazione della Costituzione.

Secondo il governo Meloni il provvedimento è in contrasto con «i principi di uguaglianza, di diritto di obiezione di coscienza, di parità di accesso agli uffici pubblici e in tema di pubblico concorso». Come è successo al momento dell'approvazione all'Ars, anche adesso non mancano le polemiche.

Se la scelta viene condivisa da FdI e da alcune associazioni come Pro Vita & Famiglia onlus che il 24 luglio aveva consegnato a Palazzo Chigi 20.000 firme per chiedere il ricorso del Governo contro la legge siciliana, le opposizioni, invece, in particolare Pd e M5s, contestano la bocciatura.

Ma che succede nel resto d'Italia? In verità nel Lazio, come ha spiegato Silvana Agatone, presidente dell'associazione dei ginecologi non obiettori italiani (Laiga) sono già stati fatti concorsi per medici non obiettori. Un'iniziativa che la dottoressa in un articolo di Balarm, aveva definito «Un atto di coraggio».

E come lei stessa aveva spiegato, «la legge 194 nel suo articolo 9 dice che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure. E dice anche che la Regione controlla e ne garantisce l'attuazione». Lo stop del Cdm, al momento, pone fine al caso.

Ma non spegne le polemiche. La dottoressa Agatone, infatti, non risparmia critiche alla decisione dell'esecutivo. «Vi è una legge dello Stato che è stata voluta dai cittadini italiani in maggioranza cattolici. I politici si schierano contro la loro volontà?».

E poi rincara la dose: «Forse questi politici, che fanno parte del Consiglio dei ministri e che vogliono impugnare ciò che la Regione Siciliana ha deciso, non sono più rappresentanti del popolo e servitori dello Stato laico ma piuttosto arroganti impositori del loro pensiero, obbedienti alla scuderia cui appartengono».

Polemiche a parte, in tema di obiezione di coscienza, il confronto tra la Sicilia e il resto d'Italia, mette in luce un dato inequivocabile. Nell'Isola i medici abortisti sono una sparuta minoranza.

Secondo il report pubblicato dal ministero della Salute lo scorso dicembre, con dati relativi al 2022, le percentuali più alte di ginecologi obiettori si registrano in Molise (90,9%) e in Sicilia (81,5%); quelle più basse in Valle d’Aosta (25%) e P.A. di Trento (31,8%).

Complessivamente, in tutto il Paese sono state notificate 65.661 interruzioni volontarie di gravidanza (+3,2% rispetto al 2021, +2.008 casi). Secondo l'analisi, inoltre, su 540 sedi ospedaliere e case di cura autorizzate con reparto di Ostetricia e Ginecologia, 330 effettuano interruzioni volontarie di gravidanza.

La percentuale di strutture che la eseguono risulta superiore al 70% in 11 Regioni, ma inferiore al 50% in 5 , tra cui appunto la Sicilia (le altre sono Campania, Molise, Abruzzo e la provincia autonoma di Bolzano).

Nell'Isola, sono 25 gli ospedali in cui è stata effettuata almeno una interruzione di gravidanza secondo quanto certificato dal report Istat 2023. Qui la lista completa.
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