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U “stratuni” (costruito in una notte) e u “stratunieddu”: le origini della scacchiera di Bagheria

Sulle origini di Bagheria in tanti si sono espressi, ognuno con la più personale delle interpretazioni e come in tutte le cose trovare un accordo è sempre difficile

Sara Abello
Giornalista
  • 20 ottobre 2021

Sulle origini di Bagheria in tanti si sono espressi, ognuno con la più personale delle interpretazioni. Secondo alcune fonti il toponimo deriverebbe dall’arabo Bāb al-Gherib e cioè “porta del vento”, c’è poi chi ritiene che sia un termine di origine punica e significhi “zona che discende verso il mare”, dalla parola Bayharia. Come in tutte le cose, trovare un accordo è sempre difficile e, in fondo, quel non so che di mistero, giova sempre.

A volersi chiedere quali siano le reali origini della cittadina però, si scopre una verità da “Bagheria regno delle fiabe”, dove praticamente erano presenti solo castelli e castelletti della nobiltà ormai quasi del tutto estinta. E dunque, diventa lecito domandarsi cosa abbia spinto i nobili palermitani a metter su casa in questo territorio, trasformandolo in ciò che ancora oggi, più o meno a ragione, chiamiamo “città delle ville”.
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Nel 1658, Giuseppe Branciforti, Principe di Butera, a causa di una delusione politica e della prematura scomparsa delfiglio, si ritirò a vita privata ed elesse Bagheria a meta del suo buen retiro.

Qui fece erigere la sua residenza, Palazzo Butera per l’appunto. Pian piano iniziò a delinearsi un antenato dell’attuale tessuto urbano, con una serie di modeste abitazioni, dove alloggiavano gli inservienti di Giuseppe Branciforti. La primissima versione di Bagheria in buona sostanza si reggeva sulla base dell’esistenza della dimora nobiliare e di tutto ciò che le
gravitava intorno.

Nel 1769, con il nipote di Giuseppe, Salvatore Branciforti, fu edificato l’asse principale dell’impianto urbanistico bagherese che iniziò così a prender le sembianze attuali. A lui si deve infatti la realizzazionedi Corso Butera, meglio noto come “u stratuni”, per differenziarlo dall’altro asse, Corso Umberto I, detto“u stratunieddu”.

Leggenda narra che il Corso Butera, che collega proprio il Palazzo Butera al mare di Aspra, frazione marinara di Bagheria, sia stato costruito in una sola notte, proprio per volere del Principe.

Questa versione, data l’estensione della via, che porta addirittura alcuni a parlarne come di uno dei corsi più lunghi d’Europa (i bagheresi e la loro bonaria megalomania), ci pare eccessiva persino come ipotesi antesignana di quello che è stato il successivo abusivismo edilizio. Cosa mangiavano i muratori che in una notte avrebbero costruito il Corso Butera?! Una versione energizzante di turbo pane e panelle come minimo!

Erroneamente sentiamo sempre parlare di Bagheria come meta estiva della nobiltà palermitana del ‘700, in realtà tutte le ville che furono costruite all’epoca servivano per le mezze stagioni. Durante l’estate infatti, era preferibile restare rintanati nelle abitazioni palermitane dove, le pareti più spesse, isolavano dal caldo.

A Bagheria invece, la campagna più mite e ventilata, veniva sfruttata proprio nelle stagioni di passaggio, cosìper lungo tempo la cittadina si sviluppava esclusivamente intorno alle dimore nobiliari, ai loro sconfinati parchi, e agli alloggi della servitù. Postume a Palazzo Butera sono infatti tutte le altre, in successione Villa Valguarnera, Palazzo Cutò, Villa Palagonia, Villa Cattolica e Villa Spedalotto, solo per citarne alcune.

Nella seconda metà del XVIII secolo, sempre Salvatore Branciforti, fece costruire l’altra arteria principale della circolazione bagherese, Corso Umberto I, che si interseca perpendicolarmente con l’altro asse viario e prosegue, ancora una volta, dalla chiesa Madre, il duomo della cittadina, sino quasi al mare.

Stratuni e stratunieddu sono ancora oggi non solo da considerarsi come le due vie principali intorno alle quali si sviluppa un dedalo di viuzze e traversine che, pian piano, si allargano e snodano nella vastità del territorio bagherese in una sorta di scacchiera che crea isolati, ma sono prima di ogni altra cosa da considerarsi il centro della vita della cittadina.

Una delle due vie è parzialmente pedonale e, da sempre, entrambe non solo racchiudono gran parte delle architetture storiche di Bagheria, ma sono anche il luogo in cui incontrarsi e scambiare quattro chiacchiere, fare la passiata della domenica tra l’odore dello zucchero filato e il fumo delle castagne del chiosco di calia e simenza, il centro delle manifestazioni pubbliche, la via delle botteghe divenute oggi ormai per

lo più negozi in franchising, il “salotto buono” della cittadina. Oggi l’aria che si respira non è quella del passato e va bene così, non si vedono i carretti con i personaggi chehanno fatto la storia di Bagheria e il folklore di un tempo, non ci sono i bambini che giocano con la stummula sul basolato e, come in tutti i paesi, le botteghe artigiane storiche hanno abbassato le sarecinesche e ceduto il passo alle nuove esigenze, molte hanno chiuso lasciando tristemente i locali vuoti e basta, il consueto “nni viriemuo’ corso” però, senza necessariamente specificare quale dei due, il punto preciso o l’orario dell’appuntamento, rimane una abitudine che nessuno ci toglierà.

Ad ogni ora sai quali facce incontrerai e dove, che sia “ai pilastri”, “sutta l’archi” o “nni palaunia”, immagini i discorsi che si intrattengono e in fondo lasciare tutto alla fantasia va bene.

In ciò che resta non vi è malinconia ma solo consapevolezza del desiderio di voler custodire alcune vecchie abitudini che sembrano destinate a non perdersi, nonostante il vortice di cambiamenti.
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