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Un forte boato e poi un inquietante bagliore: 70 anni fa il primo disastro aereo in Sicilia

"C’era un forte odore di bruciato. Le valigie e i vestiti erano sparsi ovunque". L'aereo era partito dall'aeroporto di Bovingdon, in Inghilterra ed era diretto a Nairobi

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 14 febbraio 2021

Il Vickers VC1 Viking (fonte Aircraftcompare)

Il 16 febbraio del 1952, poco dopo le 17.30, un forte boato, seguito immediatamente da un inquietante bagliore, scosse la pace del monte Serra del Biondo, a 1138 metri d’altezza, in contrada Cinta, a cinque chilometri dalle povere case di Burgio, piccolo centro della provincia di Agrigento di appena cinquemila anime, allora.

Una forte tempesta sferzava in quel tramonto le cime innevate, ma non fu quella a far balzare il cuore in gola ai montanari che avvertirono piuttosto in quel boato una tragedia. Pochi istanti prima un disperato messaggio era stato raccolto nella base area di Augusta. Un SOS arrivò da un quadrimotore che stava attraversando l’interno della provincia agrigentina.

Poco dopo un pastore bussava alla porta della Caserma dei Carabinieri di Burgio per raccontare che aveva visto cadere un apparecchio tra quelle cime, tra Monte Rose e monte Serra del Biondo. Un ricognitore dell’Aviazione italiana fu presto sopra quelle zone brune e disabitate e l’equipaggio vide chiaramente i rottami del quadrimotore.
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Fu questo il primo disastro dell’aereonautica civile nel cielo della Sicilia.

Non appena dalla Caserma dei Carabinieri di Burgio la notizia dell’aereo caduto tra le montagne raggiunse le case della gente di Burgio e dei paesi vicini, immediata fu la preoccupazione di raggiungere al più presto il luogo del disastro nella speranza di trovare superstiti.

Autocolonne di soccorso con contadini e volontari che conoscevano la zona si mossero praticamente subito, insieme a medici, medicinali, attrezzature. I primi soccorsi furono di contadini che arrivarono fin lì con i muli; gli altri arriveranno solo all’alba, passando per dirupi paurosi e zone fangose.

A Burgio per l’intera notte si vegliò in attesa di notizie. Chi arrivò per primo vide tra i dirupi del monte Serra del Biondo i rottami dell’aereo distesi su una coltre di neve in una atmosfera di silenzio e di morte.

Vito Nieli, 84 anni, tra i primi ad arrivare sul posto ha raccontato: «Quando sono arrivato sul cocuzzolo della montagna, tra neve e nebbia, lo spettacolo fu agghiacciante perché l’aereo era spezzato in diversi tronconi, i viaggiatori in buona parte erano dentro la carlinga e altri sbalzati fuori tra gli alberi e le pietre.

C’era un forte odore di bruciato. Le valigie e i vestiti dei viaggiatori erano sparsi ovunque. Ci siamo accorti dopo che un motore era scivolato sino a valle. Abbiamo cercato qualche superstite e ricomposto i corpi sulla neve. Sarebbero bastati altri 100 metri e l’aereo avrebbe superato l’ostacolo».

I primi morti sono stati trovati sotto i rottami dell’aereo distrutto. Altri corpi nei dintorni in un raggio di centocinquanta metri, sulla neve. Quasi tutti i cadaveri erano denudati e sfracellati. L'aereo, un Vickers VC.1 Viking, era partito dall'aeroporto di Bovingdon, in Inghilterra e dopo aver fatto scalo a Nizza, era ripartito in direzione di Malta, dove avrebbe dovuto sostare un giorno.

La destinazione finale era l'Aeroporto di Nairobi, in Kenia. I passeggeri erano soprattutto inclusi famiglie di militari britannici assegnati a Nairobi e lo staff del nuovo aeroporto recentemente aperto dagli inglesi a Entebbe (Uganda), ma c’erano anche francesi ed olandesi. Tra loro anche cinque bambini.

Accanto al corpo di uno di questi bambini una mano pietosa aveva deposto un fascio di fiori da campo raccolto dalle stesse zolle toccate dall’immane tragedia. I corpi rimasero tra la neve un intero giorno, prima dell’arrivo dei sacchi di tela in cui furono custoditi per raggiungere Burgio, dove vennero sigillati nelle bare d’acero arrivate da Palermo.

Trasportate a braccia, in corteo sino al cimitero, da contadini e dai montanari di Burgio, mentre i tocchi delle campane del paese conferivano una nota di grave e cupo lutto nel paese e l’espressione della gente era di grande tristezza e di severo dolore. Le salme furono poi consegnate al console inglese, arrivato due giorni dopo in paese, per poi da lì raggiungere l’aeroporto di Palermo, dove un aereo inglese volò per il ritorno di quegli sfortunati nelle rispettive patrie.

Il cordoglio della Sicilia commosse anche gli inglesi. Un legame profondo è nato da allora tra i familiari delle vittime del disastro aereo del Monte Serra del Biondo e gli abitanti di Burgio. A distanza di 60 anni dalla tragedia, nel 2012, dall’Australia e dalla Nuova Zelanda sono arrivati a Burgio 8 di quei familiari e in un commovente memoriale gli abitanti di Burgio hanno nuovamente mostrato la loro compassione e generosità.

Secondo la commissione d’inchiesta la causa del primo disastro dell’aeronautica civile in Sicilia fu: «Imprudenza da parte del pilota, che non è riuscito a mantenere una maggiore quota di sicurezza durante il volo sulla Sicilia, e questo, in particolare, in considerazione delle formazioni fragorose presenti nell'area.

Un fattore determinante è stata l'ignoranza del pilota intorno alle condizioni di vento sulla rotta che hanno comportato uno spostamento del tracciato effettivo da parte di 3deg rispetto a quanto previsto.

La Commissione ha constatato che il servizio di salvaguardia del volo fornito dalle stazioni D / F di Roma e Cagliari è stato svolto con la dovuta cura e che, senza che fosse stato chiesto di farlo, altre stazioni D / F (Milano e Venezia) hanno trasmesso informazioni portanti».
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