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Una perla rara nel quartiere Villaggio Santa Rosalia: la chiesa icona di bellezza urbana

È tra le poche - se non l’unica - costruzione all’interno del densissimo quartiere residenziale a non aver un carattere di mera abitazione o commerciale

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 7 aprile 2023

La Chiesa di San Raffaele Arcangelo nel quartiere Villaggio Santa Rosalia a Palermo

Ennesimo esercizio progettuale di ottima riuscita, quasi un’architettura\cerniera tra le trafficatissime arterie stradali attigue, tra le poche se non l’unica costruzione all’interno del densissimo quartiere residenziale a non aver un carattere di mera abitazione o commerciale, icona di riferimento non soltanto per la numerosa comunità di fedeli afferenti.

Viene progettata nel 1957 da Giuseppe Spatrisano e inaugurata già due anni dopo dal Cardinale Ernesto Ruffini, artefice di una stagione di slancio costruttivo proprio dell’edilizia ecclesiastica a supporto dei nuovi quartieri periferici di espansione.

Ancora una volta Spatrisano, docente e autore di decine di progetti suggestivi in tutta la città, compone un organismo che trae ispirazione dalla storia dell’architettura del passato, immaginando uno spazio a pianta centrale totalizzante, così come avverrà per sua chiesa nel quartiere odierno di San Giovanni Apostolo.
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Chiesa, torre campanaria e battistero, separati ma uniti percettivamente attraverso l’unicum planimetrico degli spazi serventi tra cui anche la canonica, e il tutto all’interno di un lotto indipendente e concluso dalla relativa recinsione perimetrale.

Una spazialità interna memore dell’architettura cristiana delle origini, arricchita dal lessico contemporaneo delle nervature strutturali che piegano verso la copertura interna, dalla rarefazione della luce “spirituale” e dall’affresco composto da Michele Dixit Domino subito dietro l’altare.

Fu una stagione esaltante quella che vide la figura dell’architetto plasmare lo sviluppo urbano seppur avvilito dalla speculazione edilizia del boom economico, attraverso opere che ricordassero il talento culturale della grande architettura italiana.

Spatrisano, così come Pietro Villa, Margherita De Simone, Vittorio Ziino, Salvatore Cardella e tanti altri “costruttori di chiese moderne” ne fu artefice felice malgrado la grande bruttezza costruita intorno, malgrado i pochissimi riconoscimenti tributati, malgrado quel bruttissimo alzheimer culturale che colpisce ancora oggi la nostra comunità, che troppo spesso guarda alla bellezza urbana composta “malgrado tutto” ancora con troppa diffidenza e pregiudizio.

Se rapportata alla nostra dimensione odierna in cui parole come progetto e architettura permangono soltanto nei dizionari, quella stagione progettuale appare quasi prossima al mito. Sessantacinque anni circa ci separano da quest’opera di grande equilibrio e compostezza, opera dell’ingegno progettuale che merita sicuramente maggiore attenzione di critica.
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