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Lo sportivo, la coppia e l'appesantito: i tipi umani di Palermo che incontri all'acchianata

Settembre, Palermo e tradizione: è tempo di "acchianate" su monte Pellegrino tra pause per osservare la città dall'alto, arancine finali e grazie da chiedere a Rosalia

  • 4 settembre 2019

Il santuario dedicato a Santa Rosalia sulla cima di monte Pellegrino a Palermo

Per chi volesse assaggiare la palermitanità (quella vera) deve provare almeno una volta il brivido di fare la famigerata acchianata di Santa Rosalia .

Inutile prenderci in giro e chiamarla salita di Santa Rosalia. Nessuno capirebbe di cosa stiamo parlando. L’acchianata è una sola ed ha una importanza fondamentale per ogni palermitano, sia esso sacro che profano.

Per il palermitano infatti, il culto di Santa Rosalia potrebbe anche prescindere dalla confessione religiosa di riferimento perché noi a Santa Rosalia "ci vogliamo troppo bene". Questo è sempre frutto del nostro senso di appartenenza alla città di Palermo ed è ciò che ci rende così legati alla nostra tradizione. Noi palermitani ci affezioniamo a tutto: ai sindaci, alle rotonde ed anche ai santi.

Detto in breve, il 4 settembre è il giorno in cui si celebra la Santa ed i devoti percorrono la strada che conduce al Santuario di Santa Rosalia, su Monte Pellegrino, ove la Santa si rifugiò per condurre una vita da eremita. Durante la peste che ha afflitto Palermo nel 600, Rosalia apparve in sogno ad un cacciatore, indicandogli la strada per ritrovare i propri resti ossei (proprio dove oggi sorge il santuario) chiedendo di portarli in processione attraverso la città. Ed è così che ogni anno, si svolge questo rituale, per quasi tutto il mese di settembre.
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Che l’acchianata sia un percorso duro e faticoso è fatto noto, ma il palermitano, anche il più pigro è proprio lì che sprigionata tutta le sue energie e se ne vedono davvero di tutti i colori (leggi di più sui tre itinerari che puoi fare per giungere al santuario).

Non appena giunti a Largo Antonio Sellerio, si, proprio vicino al famosissimo stigghiolaro, ai piedi di Monte Pellegrino (e dopo aver trovato un posto dove parcheggiare l’automobile e pagare l’annesso posteggiatore) si comincerà ad intravedere una mandria di persone. C’è sempre qualcuno che aspetta un amico – o addirittura una intera comitiva – per iniziare l’acchianata.

Già da lì qualche personaggio di spicco potrebbe iniziare ad intravedersi.

Ad esempio, colui che considera l’acchianata una vera e propria passeggiata. Lo riconosci subito. È lo sportivo di turno che, con abbigliamento ginnico, affronta l’acchianata con la stessa veemenza con cui Bolt fa il riscaldamento muscolare. L’acchinata per lui, è un motivo di sfoggio di tutti i sacrifici fatti durante l’anno.

Iniziamo a salire. Ci sono le famose rampe, saranno 3 o 4 e sono le più faticose, perché più ripide. Non appena giungiamo al termine di una di queste, un altro personaggio degno di essere attenzionato emergerà sicuramente. Stiamo parlando di chi, ha mangiato pane con la milza e babbaluci tutto l’anno, la cui unica attività sportiva è lo zapping in televisione, ma che all’acchianata ci tiene troppo assai perché la santuzza gli ha fatto la grazia.

E così che per lui questo sarà l’unico momento dell’anno in cui i suoi muscoli si mettono in moto. Lo troverete sicuramente lì fermo da qualche parte, costretto ad interrompere il suo cammino ogni 5 minuti per prendere fiato. E sarà anche lo stesso che, non appena gli starai alle calcagna che con fare dimesso ti consentirà il passaggio, consapevole della propria lentezza.

Proseguendo nel cammino, non sarà inusuale vedere coppie di fidanzati che si tengono per mano durante tutto il percorso, padri e madri con i passeggini, bambini inconsapevoli costretti dai genitori a compiere questo sforzo e persone particolarmente devote che effettuano la salita a piedi nudi.

È così che, tra una chiacchiera ed uno sguardo all’incredibile panorama, ad un certo punto, immancabile è la presenza di qualcuno che per la prima volta svolge questa ardua impresa. Anche questo è di facile intuizione perché chiederà (quasi di continuo) "quanto manca?".

Qui si aprono due strade: se l’ha chiesto ad un veterano, la risposta sarà dettagliata e puntuale, oltre ad essere intrisa da un senso di superiorità dovuto all’esperienza. Sicuramente ti dirà che manca ancora molto. Se invece, la domanda è stata rivolta al Bolt di turno, attenzione perché vi dirà una bugia. Vi risponderà che manca pochissimo, ma in fondo per lui è una passeggiata.

A circa metà percorso è possibile imbattere su intere famiglie che forse erano convinte di organizzare una grigliata domenicale e non anche un percorso, faticoso si, ma poi non così lungo. Non è mica il Cammino di Santiago! Hanno gli zaini pieni di roba: acqua, thè al limone thè alla pesca, caramelle e cioccolatini. Non si sa mai un calo di zuccheri. Gli manca davvero poco per uscire la pasta al forno.

Una volta arrivati in cima, che ti accoglie con una preziosissima discesa, ecco che si vede il Santuario. Il traguardo è stato raggiunto. Prima di accedere al santuario, è frequente la pratica di chi, per ricompensarsi dello sforzo effettuato, si concede un’arancina oppure un caffè, nelle rigogliose bancarelle alle pendici del santuario.

Tradizione vuole – o almeno questa è quella della mia famiglia – che si accenda un cero per la Santa per ogni “grazia” da chiedere. Così, mentre percorri le scale del Santuario – molti lo fanno con le ginocchia – una moltitudine di ceri si accende, in non sempre rigoroso, silenzio.

La chiesa di Santa Rosalia è bellissima. È una grotta dalla quale sgorga l’acqua – per chi è devoto Santa – spesso oggetto di “furti” da parte dei fedeli. Tutti chiedono una grazia: chi accende il cero, chi lascia una donazione, chi scrive un bigliettino ringraziando della grazia ricevuta.

Che tu sia devoto oppure no, è indiscusso che Santa Rosalia, riesce ad unire, ancora una volta, proprio tutti.
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