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A Bagheria non c'è solo la "Villa dei Mostri": le (tante) storie del palazzo dalle sette vite

Passeggiando lì ancora adesso vi si trovano rare essenze arboree e una fontana in disuso dalla notte dei tempi. Un pezzo di storia e ricordi a due passi da Palermo

Sara Abello
Giornalista
  • 23 agosto 2022

Palazzo Ugdulena a Bagheria

Per arrivare al racconto di oggi ho dovuto penare o, data la stagione sudare, sette e magari otto camicie. Vi chiederete perché mai... eh vi pare facile scovare informazioni su un edificio che ha avuto sette vite come i gatti?

Lungo "u stratunieddu", il Corso Umberto I di Bagheria, ma che ve lo dico a fare, si trova un palazzetto, nulla di mastodontico. Come alcune delle ville nobiliari settecentesche che ci sono disseminate qui e là, ma certo sempre di dimora storica si tratta, almeno almeno di alta borghesia.

Il palazzo è appartenuto alla famiglia Ugdulena, forse la stessa di quel Gregorio che fu ministro dell’istruzione pubblica. L’edificio, la cui costruzione risale presumibilmente al XIX secolo, sorge in un’area un po’ "ambigua".

Non è chiaro infatti se sia stato edificato su parte del terreno di Villa Palagonia, come avvenuto per altre costruzioni lungo il corso, proprio perché non si riesce a capire quanto fosse vasto il parco di questa benedetta "Villa dei Mostri".
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Torniamo a noi però, perché vi ho anticipato che Palazzo Ugdulena ha avuto sette vite come i gatti, e chissà se quelle mura potessero parlare.

Il 21 settembre del 1826, per decreto di Francesco I Re del Regno delle Due Sicilie, fu istituito il Comune di Bagaria, che di fatto era così separato da Palermo, e di cui venivano chiaramente definiti i confini e l’annessione di Aspra.

All’epoca il neonato comune contava 5349 anime e, nonostante il secolo precedente fosse stato eletto dalla nobiltà palermitana e siciliana tutta come meta vacanziera, dettando la moda di fastose villone barocche, era ormai, all’inizio del XIX secolo, fatta eccezione solo per le dimore nobiliari, un piccolo agglomerato di case costruite alla buona.

Qui persone e animali convivevano, "puocci e cristiani" insomma, dando vita al proliferare di non poche malattie.

Il paese si suddivideva tra "miserabili", che erano le povere persone costrette a lavorare nei campi o nelle cave di Aspra per sopravvivere, e i "galantuomini", coloro che erano degni di rispetto perché in grado di leggere e scrivere, oppure per le loro ricchezze.

Una di quelle categorie che se la passava bene, più di medici e notai, erano i farmacisti, se avevano un certo spirito commerciale ovviamente, cosi da saper vendere i loro intrugli.

Tutto questo per dirvi che quando nel 1828, il neosindaco notaio don Tommaso Pittalà prestò giuramento - adesso vi starete chiedendo perché ci vollero due anni dal 1826 per la nomina del primo cittadino, ma quella è un’altra storia - fu necessario individuare un locale idoneo per la sede municipale.

Lettere e richieste varie per ottenere tutte le autorizzazioni e soprattutto per concordare la spesa per l’affitto dei locali sino a che, in una missiva inviata al Ministro Segretario degli Affari Interni del 2 marzo 1829, un antesignano Lamorgese insomma, si indicava che era stata individuata la casa di don Nicolò Farina che era perfetta per la posizione e per il costo di locazione, e indovinate un po'...era proprio un farmacista.

A partire dal 1890 però, e più di qualche sindaco dopo, con il Cavaliere Alessandro Pittalà, che dai ritratti dell’epoca pare fosse anche un bello picciotto, e che rimase in carica per oltre dieci anni, l’Amministrazione Comunale decise di andare un po’ allo "sparagno", e allora perché pagare affitto anziché comprare direttamente un bel palazzo e farne la propria sede?

Così da quel momento, Palazzo Ugdulena divenne la sede del Municipio e mantenne questo ruolo istituzionale di rappresentanza sino al 2014, se la memoria non mi inganna, quando, con l’Amministrazione pentastellata, fu soppiantato da Villa Butera Branciforti, in cima o’ stratuni per intenderci.

Non intristitevi però, non ho detto che siano toccate cattive sorti al palazzo, anzi. Oggi Palazzo Ugdulena rimane infatti sede di alcuni uffici dell’amministrazione baariota, insieme a quelli sparsi per il resto della cittadina.

Non abbiamo immagini di come fosse in passato l’interno del palazzo, ma si presuppone che sia stato "semplificato" una volta divenuto il quartier generale dell’amministrazione comunale.

Ai grandi stanzoni sono stati preferiti ambienti di dimensioni più contenute così da ricavarne vari uffici per gli impiegati comunali e quindi, tra "isa" (alza ndr) un muro qua, e isane un altro di là, sembra di leggere, appena all’ingresso, che la gradinata diretta al piano superiore che appare un po’ costretta all’interno della sala in cui si trova, date le dimensioni probabilmente ridotte rispetto all’originale, in linea con le mode dell’epoca, non avesse l’unica rampa che vediamo oggi, bensì una triplice che confluiva in un’unica gradinata.

La vera chicca del palazzo era però il giardino annesso, Villetta Ugdulena per l’appunto. Ho detto che era la sua chicca non perché nel frattempo sia stato ricoperto da una colata di cemento, ma perché degli antichi splendori non resta nulla o quasi.

Premesso che, come vi anticipavo, Palazzo e Villetta sono sorti presumibilmente in quello che era parte del parco intorno a Villa Palagonia, probabilmente gli Ugdulena acquistarono questa porzione di terra dalla chiesa che aveva in gestione la Villa e le proprietà ad essa annesse da quando morì Francesco Paolo Gravina, ultimo principe della dinastia, nel 1854, oppure fu forse una donazione dello stesso Cicco Paolo quando era ancora in vita per chissà quale stretto legame con quella famiglia.

In alcuni edifici che si trovano proprio all’interno della villetta e adiacenti quindi sia alla sede del Municipio che alla Villa dei Mostri, sono nate grandi menti della cultura baariota, ma andiamo per gradi.

Tra il palazzo e la villetta vi sono tutta una serie di elementi e rimandi che incuriosiscono e confondono allo stesso tempo.

Il busto di Dante in giardino, che ci ricorda di quando vi si trovava la sede del Liceo ginnasio, il busto del Notar Andrea Castronovo, poco distante, all’interno del palazzo, a richiamare il suo ruolo di sindaco ma anche di proprietario, dal 1885, di Villa Palagonia insieme al fratello Angelo.

Quel susseguirsi di piccoli edifici, un tempo ambienti di servizio della stessa Villa e poi divenuti, con il poeta Castrense Civello, sede della Civica Biblioteca Comunale nel 1956, e poi ancora sede di quel "Circolo di Cultura" che tra gli anni ‘50 e ‘60 ha "sfornato" figure importanti e stimoli culturali per la comunità baariota in termini di esposizioni e dibattiti.

Nel 2000 Villetta Ugdulena visse una fase di rinascita grazie alla Pro Loco cittadina che la elesse come sua sede. Questa luce sul piccolo giardino immerso nel centro di Bagheria durò purtroppo molto poco, abbastanza però perché smettesse di essere parcheggio per gli impiegati comunali e deposito per gli attrezzi degli operatori ecologici che si occupavano della pulizia dello stratunieddu.

Per qualche tempo tornò ad essere sede di incontri, mostre e presentazioni di libri. Oggi lo scenario che si staglia davanti al visitatore incupisce un po', la mia indole però mi porta ad esser sempre speranzosa del resto, chiù scuru i menzannuotti un po’ fari!

Passeggiando lì ancora adesso vi si trovano rare essenze arboree e una fontana in disuso dalla notte dei tempi. Pensate che la mia ricerca ha preso avvio proprio a causa o per merito di questa fontana.

È stato il mio parrucchiere ad accendere in me la curiosità per questo "polmoncino" verde nel bel mezzo del centro storico di Bagheria.

Leo, è così che si chiama l’infiammatore della miccia della mia curiosità, in questo giardino custodisce preziosi ricordi di infanzia e, passandovi recentemente di sfuggita, non era riuscito a trovare la fontana dei suoi ricordi.

Noi, malpensanti come al solito, eravamo già pronti a gridare allo scandalo ma invece eccola lì.

Certo non è al massimo del suo splendore e la sua vista è occultata da un gazebo bianco che lì in mezzo sta bene come la peperonata a colazione... ma c’è ancora!

E poi pensate a me, cosa potevo fare io se non andare ad accertarmi di persona che ogni cosa fosse al suo posto? Ne andava della salute delle mie chiome, signori miei, capitemi!
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