ITINERARI E LUOGHI
A Mondello c'è una villa wrightiana: la sua linea (suggestiva) si vede già dal lungo mare
Apprezzata dalla critica, si contraddistingue all’interno del panorama condizionato da codici eclettici e floreali, per la chiarezza espressiva contemporanea
Villa Inguaggiato a Mondello (Foto da Google Maps)
Insieme alla Villa Scimemi di Giuseppe Samonà e alla Villa Messina di Luciana Natoli e Umberto Di Cristina, l’altra villa "mondelliana" ad essere inserita all’interno del pregiato volume del 1971 pubblicato da Gianni Pirrone per le edizioni Vitali e Ghianda “Palermo XX secolo” è quella progettata per la Marchesa Inguaggiato dall’architetto palermitano Paolino Di Stefano.
Apprezzata dalla critica coeva sin da subito, si contraddistingue all’interno del panorama circostante condizionato da codici eclettici e floreali, per la chiarezza espressiva tipicamente contemporanea, funzione della straordinaria versatilità creativa del potenziale delle strutture in cemento armato che il progettista piega alla propria dirompente poetica compositiva.
Quest'ultima non rinuncia ad imponenti aggetti e strutture a vista in un interessante rapporto di continuum spaziale interno-esterno, il cui il colore diviene ennesimo strumento progettuale determinante.
Il progettista dimostra metabolizzata e rivisitata la lezione wrigthiana delle composizioni organiche del Maestro americano, realizzando un organismo la cui apparente semplicità formale nasconde, per dirla con lo stesso Pirrone, una complessità di intersezioni e incastri ben saldati dalla suggestiva copertura aggettante a "pagoda" che ne caratterizza iconicamente l’immagine complessiva persino dalla strada del lungo mare.
Realizzata nel biennio 1956-57, resta, unitamente al Palazzo Ponte realizzato dallo stesso Di Stefano tra le vie Libertà e Generale Arimondi, tra le opere felici del progettista palermitano, contraddistinte dalla chiarezza compositiva e da una armoniosa idea di spazio.
Ancora oggi la costruzione a due piani a prevalente sviluppo orizzontale, aggettivata da un rigoglioso giardino avvolgente ben curato, si erge lungo il viale Regina Elena ancora a impressionare positivamente lo sguardo dei passanti, quasi equidistante dal Palace Hotel di Edoardo Caracciolo e la Piazza Mondello pedonalizzata da tempo.
Apprezzata dalla critica coeva sin da subito, si contraddistingue all’interno del panorama circostante condizionato da codici eclettici e floreali, per la chiarezza espressiva tipicamente contemporanea, funzione della straordinaria versatilità creativa del potenziale delle strutture in cemento armato che il progettista piega alla propria dirompente poetica compositiva.
Quest'ultima non rinuncia ad imponenti aggetti e strutture a vista in un interessante rapporto di continuum spaziale interno-esterno, il cui il colore diviene ennesimo strumento progettuale determinante.
Il progettista dimostra metabolizzata e rivisitata la lezione wrigthiana delle composizioni organiche del Maestro americano, realizzando un organismo la cui apparente semplicità formale nasconde, per dirla con lo stesso Pirrone, una complessità di intersezioni e incastri ben saldati dalla suggestiva copertura aggettante a "pagoda" che ne caratterizza iconicamente l’immagine complessiva persino dalla strada del lungo mare.
Realizzata nel biennio 1956-57, resta, unitamente al Palazzo Ponte realizzato dallo stesso Di Stefano tra le vie Libertà e Generale Arimondi, tra le opere felici del progettista palermitano, contraddistinte dalla chiarezza compositiva e da una armoniosa idea di spazio.
Ancora oggi la costruzione a due piani a prevalente sviluppo orizzontale, aggettivata da un rigoglioso giardino avvolgente ben curato, si erge lungo il viale Regina Elena ancora a impressionare positivamente lo sguardo dei passanti, quasi equidistante dal Palace Hotel di Edoardo Caracciolo e la Piazza Mondello pedonalizzata da tempo.
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