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A Palermo è famosa ma con il nome sbagliato: qual è la vera storia di Porta Vicari

Da un capo all'altro di una strada, due porte cittadine avrebbero dovuto guardarsi come due innamorati per sempre. Ma il destino ha voluto diversamente

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 16 gennaio 2024

Porta Vicari

Da un capo all'altro di una strada queste due porte cittadine avrebbero dovuto guardarsi come due innamorati per sempre. Ma il destino non ha voluto, e i nomi, così come le cose e le persone, si dimenticano facilmente.

Sicché una porta non esiste più e l'altra non è ricordata col giusto nome. Siamo a Palermo sul finire del XVI secolo e la città sta per trasformarsi definitivamente.

Dopo essere stata fortificata con diversi bastioni lungo le mura cittadine, avverrà il taglio di via Maqueda che segnerà il punto di non ritorno del piano urbano della città, la quale si ritroverà divisa in quattro parti.

Il centro storico di Palermo, fin dalle sue origini, presentava numerose porte di accesso che via via, nel corso dei secoli, le varie amministrazioni andavano costruendo in maniera sempre più monumentale, intitolandole al viceré, alla viceregina o al pretore di turno. Il 24 luglio 1600 si dava dunque inizio alla costruzione di via Maqueda, una strada dritta e lunga 1376 m.
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Essa tagliava per intero l'antico Cassaro da Sud a Nord e ai vertici presentava due porte: a nord porta Maqueda, dedicata al viceré Bernardino de Cradines duca di Maqueda e a sud, nei pressi della chiesa e del convento di San Antonio (col quale nome la porta venne pure chiamata), porta Manriquez, dedicata alla moglie del viceré duca di Maqueda, la quale cambiò quasi immediatamente nome e fu dedicata al pretore don Francesco Del Bosco, conte di Vicari.

Porta Vicari, quindi, in origine aveva un nome differente. Così come il Viceré Marco Antonio Colonna dedicò porta Felice a sua moglie Felicia Orsini, da cui il nome di "Felice", anche il viceré duca di Maqueda volle che si intestasse a sua moglie l'attuale porta Vicari che avrebbe dovuto chiamarsi porta Manriquez in onore a Donna Luisa Manriquez duchessa di Nagera, sicché le due porte, porta Maqueda e porta Manriquez, avrebbero dovuto guardarsi per sempre come due innamorati a distanza.

Perché ciò non avvenne? Non lo sappiamo con certezza, ma poco più di un anno dalla costruzione della "strata Nova", cioè la via Maqueda, il Viceré Maqueda morì e con lui anche la possibilità di intestare la porta alla moglie.

Quando il monumento fu concluso, il popolo cominciò a chiamarlo porta di Vicari dalla signoria del pretore della città in carica, il quale la portò a compimento. Ma il “tempo è tiranno”.

Infatti nel 1766 porta Vicari fu demolita per essere ricostruita più nobile e in maniera simile a porta Felice. La nuova ricostruzione non piacque neanche all'allora pretore don Antonio La Grua marchese di Regalmici, il quale la fece ricostruire di nuovo, questa volta rendendola effettivamente simile a porta Felice, come si può notare osservandola, tuttavia la nuova porta mantenne il nome di Vicari.

In origine porta Vicari presentava un arco ricavato scavando il bastione di sant'Antonio e nonostante successivamente fu abbellita «fu data a terra nel 1788 e 1789 assieme col baloardo, che la formava.

Si trasferì pochi passi avanti nell'adjacente piano di Sant'Antonio, e rifabbricata venne di pianta per farsi più ampia e aperta, senz'arco, col disegno di due alte piramidi».

Seguendo la descrizione del marchese di Villabianca ricaviamo che le due "piramidi" di cui parla sono gli attuali piloni di porta Vicari, inoltre, prosegue il marchese parlando delle decorazioni della porta.

«Né marmi delle conche delle fonti delle due colonne di questa porta vi si mostrano le armi gentilizie della famiglia Grifeo alla destra, e della Corvino alla sinistra, avendocele fatte apporre a loro spese Girolamo Grifeo, principe di Partanna expretor di Palermo e Giacomo Corvino, principe di Mezzojuso exsenatore e sindaco della medesima metropoli».

Le due fonti furono poi fiancheggiate da coppie di colonne doriche che sorreggono una trabeazione con fregi. Al livello più alto conclude la costruzione un'alta balaustrata.

Al di sopra delle fonti vi stanno due nicchie vuote: i due piloni, le fontane, le colonne e le nicchie ricordano senza alcun dubbio la composizione di Porta Felice.
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