A Palermo nessuna resta indietro: un lavoro per le donne vittime di violenza
Nasce a Palermo un accordo per aiutare le donne vittime di violenza a inserirsi nel mondo del lavoro: nell'articolo vi raccontiamo su cosa si basa il procollo
Donna che lavora
Cosa fare quando si prova a uscire da un contesto di abuso? È questa la domanda che ci si chiede nel momento in cui si prova ad andar via da un rapporto o da un contesto in cui viene esercitata violenza domestica. Sicuramente, uno dei primi pensieri va alla necessità di trovare un altro luogo in cui vivere, un modo per potersi mantenere e una rete di supporto per non affrontare tutto in solitudine.
A chiederselo non sono soltanto le migliaia di donne vittime di violenza, ma anche reti, associazioni e gruppi che provano a dare una risposta collettiva, solidale, concreta. In risposta a tutto questo nasce a Palermo un accordo per aiutare le donne vittime di violenza a inserirsi nel mondo del lavoro.
Il protocollo d’intesa, siglato tra il gruppo del Terziario Donna di Confcommercio Palermo (Td) e l’associazione Millecolori Aps Ets, nasce dalla consapevolezza che, per emanciparsi da contesti d’abuso, serve in primo luogo la costruzione di reti territoriali solide, collaborazioni tra istituzioni, imprese e terzo settore, e una diffusione capillare della cultura del rispetto e della parità.
I due gruppi si costituiscono per ragioni diverse, ma lavorano in sinergia per il raggiungimento di un obiettivo comune: da un lato abbiamo l’associazione Millecolori che, come spiega la coordinatrice Giusi Sole, «si occupa di contrastare la violenza di genere da oltre 12 anni. Dal 2017 ha rivolto il suo impegno alle donne: prima attraverso il centro antiviolenza Lia Pipitone e, dal 2020, con la casa rifugio a indirizzo segreto Casa Lia.
Siamo un’associazione che accompagna le donne in percorsi personalizzati di uscita dalla violenza e di ricostruzione di sé, offrendo ascolto, accoglienza, orientamento ai servizi del territorio, sostegno legale e psicologico, ma anche percorsi di empowerment personale e professionale».
Dall’altro lato, invece, c’è Terziario Donna di Confcommercio, nato per rappresentare le imprenditrici palermitane. «Il nostro gruppo parte da questo, ma non solo di imprenditrici: è un gruppo vasto di reti e alleanze - racconta a Balarm la presidente di Terziario Donna Margherita Tomasello -.
Non ci incontriamo solo perché dobbiamo pensare all’imprenditoria o a questioni unicamente lavorative. La cosa più importante è sostenerci l’una con l’altra. È l’unione tra noi donne che ci permette di essere un gruppo coeso e capace di mettere in atto azioni vere per aiutarci».
Con il protocollo d’intesa sono previste tappe concrete per un percorso che accompagni le donne vittime di violenza nell’inserimento nel mondo del lavoro. Spesso capita che le donne seguite dalle due realtà non abbiano mai avuto esperienze lavorative.
Per questo motivo, il percorso le segue dalla formazione alla firma del contratto: «Molte di loro mi dicono che, affidandosi totalmente agli uomini, non hanno mai lavorato - continua Tomasello -. Noi inizialmente faremo dei corsi di formazione, non solo sulla parte teorica, ma anche pratica.
La Confcommercio già organizza corsi importanti sulla panificazione, sulla pizzeria, sulla ristorazione, sul bartending. Alla fine del corso viene rilasciato un attestato immediatamente spendibile e in questo modo si cerca di concretizzare un protocollo che, altrimenti, sarebbe solo un pezzo di carta».
Anche per Giusi Sole serve ridare complessità a un fenomeno drammatico, che non riguarda soltanto la violenza fisica e psicologica: la mancata emancipazione sta anche nella mancanza di libertà economica.
«La vicinanza quotidiana a loro ci ha fatto maturare una consapevolezza: per affrancarsi davvero dal maltrattante non basta “andarsene di casa”: è necessario poter contare su una totale indipendenza economica. Spesso anche quando c’è consapevolezza della violenza, la paura di non farcela da sole e di non riuscire a mantenere se stesse e i figli, è una delle catene più forti che le lega al maltrattante. Per questo abbiamo pensato a una soluzione concreta».
La coordinatrice dell’associazione Millecolori ritiene che sia necessario dare un risvolto più concreto possibile al progetto, affinché le donne possano entrare in un ambiente di lavoro sano, stimolante e adatto a loro: «In collaborazione con Confcommercio - precisa Giusi Sole - stiamo dialogando con le imprese affinché le donne possano trovare un’occupazione realmente adeguata alle loro attitudini, e quindi più stabile e duratura.
Attraverso lo sportello per l’orientamento professionale e lavorativo e il bilancio delle competenze, proviamo a rendere il più possibile perfetto il “match” tra donna e opportunità lavorativa. L’indipendenza economica non è solo una questione di reddito: è libertà. Quando una donna può contare sulle proprie risorse, si sente soggetto attivo della propria vita e questo ha un impatto enorme sulla sua autostima, sulla capacità di chiedere aiuto e per interrompere definitivamente il ciclo della violenza».
Questo progetto permette di offrire anche un esempio a tutte quelle giovani che non riescono a immaginare un modo diverso di vivere, costruendo modelli di donne che riescono a spezzare la catena della violenza.
«Creare modelli di indipendenza è fondamentale – continua Giusi Sole –. Collaborazioni come queste contribuiscono anche a costruire modelli alternativi e virtuosi per le più giovani. In questo modo è possibile lavorare sul rafforzamento dell’autonomia e della realizzazione lavorativa delle nuove generazioni e, allo stesso tempo, sulla comprensione che una relazione sana si basa sul rispetto e sul supporto reciproco.
Purtroppo questi concetti sono ancora lontani per molte giovani donne. Proprio per questo riteniamo che progetti come il nostro abbiano anche una forte valenza culturale: mostrano che esistono relazioni fondate sul rispetto reciproco, comunità che si schierano concretamente contro la violenza e possibilità reali di costruire una vita autonoma».
Per Margherita Tomasello, il lavoro di sensibilizzazione deve partire già dalle giovanissime: «Quello che spesso capita anche a noi, soprattutto quando vengono delle scuole a trovarci per chiedere informazioni sull’imprenditoria femminile, è di interfacciarci con giovani donne che non sono abituate a pensare al proprio futuro.
La prima cosa che diciamo loro è di essere totalmente indipendenti. L’indipendenza cosa ce la dà? Principalmente la formazione, la cultura, lo studio e, subito dopo, il lavoro e quindi la retribuzione. Sono queste le cose fondamentali affinché una donna possa essere libera di decidere per sé ed essere sicura che, un domani, qualsiasi cosa dovesse accadere, non rimanga in mezzo alla strada». Non sono poche le cose da fare, ma si muovono i primi passi per poter veramente costruire un’alternativa solida per tutte le donne che ne dovessero avere bisogno.
A chiederselo non sono soltanto le migliaia di donne vittime di violenza, ma anche reti, associazioni e gruppi che provano a dare una risposta collettiva, solidale, concreta. In risposta a tutto questo nasce a Palermo un accordo per aiutare le donne vittime di violenza a inserirsi nel mondo del lavoro.
Il protocollo d’intesa, siglato tra il gruppo del Terziario Donna di Confcommercio Palermo (Td) e l’associazione Millecolori Aps Ets, nasce dalla consapevolezza che, per emanciparsi da contesti d’abuso, serve in primo luogo la costruzione di reti territoriali solide, collaborazioni tra istituzioni, imprese e terzo settore, e una diffusione capillare della cultura del rispetto e della parità.
I due gruppi si costituiscono per ragioni diverse, ma lavorano in sinergia per il raggiungimento di un obiettivo comune: da un lato abbiamo l’associazione Millecolori che, come spiega la coordinatrice Giusi Sole, «si occupa di contrastare la violenza di genere da oltre 12 anni. Dal 2017 ha rivolto il suo impegno alle donne: prima attraverso il centro antiviolenza Lia Pipitone e, dal 2020, con la casa rifugio a indirizzo segreto Casa Lia.
Siamo un’associazione che accompagna le donne in percorsi personalizzati di uscita dalla violenza e di ricostruzione di sé, offrendo ascolto, accoglienza, orientamento ai servizi del territorio, sostegno legale e psicologico, ma anche percorsi di empowerment personale e professionale».
Dall’altro lato, invece, c’è Terziario Donna di Confcommercio, nato per rappresentare le imprenditrici palermitane. «Il nostro gruppo parte da questo, ma non solo di imprenditrici: è un gruppo vasto di reti e alleanze - racconta a Balarm la presidente di Terziario Donna Margherita Tomasello -.
Non ci incontriamo solo perché dobbiamo pensare all’imprenditoria o a questioni unicamente lavorative. La cosa più importante è sostenerci l’una con l’altra. È l’unione tra noi donne che ci permette di essere un gruppo coeso e capace di mettere in atto azioni vere per aiutarci».
Con il protocollo d’intesa sono previste tappe concrete per un percorso che accompagni le donne vittime di violenza nell’inserimento nel mondo del lavoro. Spesso capita che le donne seguite dalle due realtà non abbiano mai avuto esperienze lavorative.
Per questo motivo, il percorso le segue dalla formazione alla firma del contratto: «Molte di loro mi dicono che, affidandosi totalmente agli uomini, non hanno mai lavorato - continua Tomasello -. Noi inizialmente faremo dei corsi di formazione, non solo sulla parte teorica, ma anche pratica.
La Confcommercio già organizza corsi importanti sulla panificazione, sulla pizzeria, sulla ristorazione, sul bartending. Alla fine del corso viene rilasciato un attestato immediatamente spendibile e in questo modo si cerca di concretizzare un protocollo che, altrimenti, sarebbe solo un pezzo di carta».
Anche per Giusi Sole serve ridare complessità a un fenomeno drammatico, che non riguarda soltanto la violenza fisica e psicologica: la mancata emancipazione sta anche nella mancanza di libertà economica.
«La vicinanza quotidiana a loro ci ha fatto maturare una consapevolezza: per affrancarsi davvero dal maltrattante non basta “andarsene di casa”: è necessario poter contare su una totale indipendenza economica. Spesso anche quando c’è consapevolezza della violenza, la paura di non farcela da sole e di non riuscire a mantenere se stesse e i figli, è una delle catene più forti che le lega al maltrattante. Per questo abbiamo pensato a una soluzione concreta».
La coordinatrice dell’associazione Millecolori ritiene che sia necessario dare un risvolto più concreto possibile al progetto, affinché le donne possano entrare in un ambiente di lavoro sano, stimolante e adatto a loro: «In collaborazione con Confcommercio - precisa Giusi Sole - stiamo dialogando con le imprese affinché le donne possano trovare un’occupazione realmente adeguata alle loro attitudini, e quindi più stabile e duratura.
Attraverso lo sportello per l’orientamento professionale e lavorativo e il bilancio delle competenze, proviamo a rendere il più possibile perfetto il “match” tra donna e opportunità lavorativa. L’indipendenza economica non è solo una questione di reddito: è libertà. Quando una donna può contare sulle proprie risorse, si sente soggetto attivo della propria vita e questo ha un impatto enorme sulla sua autostima, sulla capacità di chiedere aiuto e per interrompere definitivamente il ciclo della violenza».
Questo progetto permette di offrire anche un esempio a tutte quelle giovani che non riescono a immaginare un modo diverso di vivere, costruendo modelli di donne che riescono a spezzare la catena della violenza.
«Creare modelli di indipendenza è fondamentale – continua Giusi Sole –. Collaborazioni come queste contribuiscono anche a costruire modelli alternativi e virtuosi per le più giovani. In questo modo è possibile lavorare sul rafforzamento dell’autonomia e della realizzazione lavorativa delle nuove generazioni e, allo stesso tempo, sulla comprensione che una relazione sana si basa sul rispetto e sul supporto reciproco.
Purtroppo questi concetti sono ancora lontani per molte giovani donne. Proprio per questo riteniamo che progetti come il nostro abbiano anche una forte valenza culturale: mostrano che esistono relazioni fondate sul rispetto reciproco, comunità che si schierano concretamente contro la violenza e possibilità reali di costruire una vita autonoma».
Per Margherita Tomasello, il lavoro di sensibilizzazione deve partire già dalle giovanissime: «Quello che spesso capita anche a noi, soprattutto quando vengono delle scuole a trovarci per chiedere informazioni sull’imprenditoria femminile, è di interfacciarci con giovani donne che non sono abituate a pensare al proprio futuro.
La prima cosa che diciamo loro è di essere totalmente indipendenti. L’indipendenza cosa ce la dà? Principalmente la formazione, la cultura, lo studio e, subito dopo, il lavoro e quindi la retribuzione. Sono queste le cose fondamentali affinché una donna possa essere libera di decidere per sé ed essere sicura che, un domani, qualsiasi cosa dovesse accadere, non rimanga in mezzo alla strada». Non sono poche le cose da fare, ma si muovono i primi passi per poter veramente costruire un’alternativa solida per tutte le donne che ne dovessero avere bisogno.
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