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A Palermo non c'è solo il "cuncutrigghiu" della Vucciria: la leggenda del Papireto egiziano

Si narra che in Sicilia vi fossero diversi coccodrilli. Se ne trovano tracce dagli scritti di storici e letterati in diverse zone dell'Isola. Di cosa parlano le cronache

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 29 agosto 2022

Il coccodrillo esposto a Palermo

U cuncutrigghiu, in dialetto siciliano così si chiama il coccodrillo. La parola deriva dal latino “crocodilus” o dal greco “κροκόδειλος” che vuol dire “verme dei sassi”.

Narrano le cronache che in Sicilia ve ne fossero 4 o 5 «individui del quale giusta le cronache del Paese apparvero ne' tempi andati in varie parti dell'isola; due cioè nelle acque del Papireto e del Garraffello, presso Palermo, un altro ne' contorni di Messina, ed altri ancora nel fiume Amenano presso Catania».

Molti storici siciliani noti hanno contribuito ad alimentare leggende che non avrebbero fondamento storico, tuttavia il fascino delle loro narrazioni ci spinge a tramandarle nel tempo.

È il caso, ad esempio, del coccodrillo della Vucciria. Gli scrittori del passato pensavano che il fiume Papireto fosse in qualche maniera collegato al Nilo, lo deducevano per la copiosa presenza di piante di papiro nelle sue acque e, per l'appunto, per la presenza del “coccodrillo nilotico”, cioè tipico del fiume Nilo.
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«La fama ci riferisce, e l'autorità di molti scrittori ci conferma, che il Papireto, fiume di Palermo, sia un braccio del celebre fiume Nilo: e che da questi staccato, scorra sotterranee vie, e camminando per lunghissimo, ed immenso viaggio, finalmente viene a sgorgare presso le mura di Palermo».

Antonio Veneziano, celebre poeta Monrealese, quando si accinse a descrivere le statue della Fontana Pretoria, trovandosi dinanzi alla statua che avrebbe dovuto rappresentare il fiume Papireto, scrisse questo distico in lingua latina: “Me Nilus genuit, nomen fecere Papiry; qui fueram unda salo sum modo linpha solo”, cioè “Mi ha generato il Nilo e il nome traggo dal papiro; io che fui onda di mare, ora sono solo un corso d'acqua terrestre”.

Nell'Ottocento parecchi studiosi misero in discussione la leggenda che il Papireto traesse origine dal Nilo e addirittura che da questo potessero arrivare animali esotici quali appunto sono i coccodrilli, perciò tentarono di dare delle spiegazioni per giustificare la presenza insolita di tali animali nel fiume palermitano.

Alcuni pensavano che i coccodrilli fossero stati importati dagli egiziani, altri che questi animali un tempo avessero attraversato il mare sino a giungere nell'isola di Sicilia, altri ancora che provenissero dai collegamenti sotterranei tra il Nilo e il Papireto, ed altri, infine, credevano che «la maggior parte di questi rettili sieno appositamente recati dagli arabi al tempo della loro dominazione e che vi fossero tenuti in custodia in artificiali recinti presso le loro moschee per quella sorta di culto tradizionale che l'araba nazione professava a codesti animali».

A Palermo si pensa che ve ne fosse stato soltanto uno, invece, a quanto pare, erano due i coccodrilli noti. Sempre che vi piaccia credere alle favole come a me.

Quello di cui si hanno maggiori notizie è il coccodrillo tramandatoci dal gentiluomo Vincenzo Di Giovanni nel suo Palermo ristorato come ci suggerisce anche il Marchese di Villabianca: «dentro un portico in istrada, con soffitta di tavole, dependente dalla casa della Commenda Gerosolimitana di San Giovanni la Guilla, nella quale appeso al tetto, che va insignito del sacro stemma della religione della Croce di Malta, come padrona della casa, si vede fin ora il coccodrillo, che ai tempi del re Pietro di Aragona fu ritrovato nella palude del Papireto».

Ci dice il Di Marzo nei commenti agli opuscoli del Villabianca che «Questa Commenda di cavalieri dell'Ordine Gerosolimitano era annessa alla chiesa di San Giovanni la Guilla, detta or volgarmente San Giovannuzzo, che fu rifatta dalle fondamenta nel 1669 per opera del commendatore fra Giovanni Terascon, piacentino, e poi nuovamente abbellita nel 1718. […]

La spoglia di uno di questi animali, ripiena di paglia, vedevasi appesa fin nel presente secolo alla volta dell'ingresso al cortile dell'antica Commenda di S.Giovanni la Guilla; e volgarmente dicevasi esser di un coccodrillo ucciso colà nelle acque del Papireto al tempo di Pietro di Aragona. Vedesi essa fin ora pendente dal tetto della merceria di Castiglia all'Argenteria, dove fu poi trasferita».

Al numero civico 45 di via dell'Argenteria, non distante dal famoso mercato della Vucciria, si trova tutt'ora il nostro coccodrillo, all'interno di un locale moderno e recentemente restaurato.

Dell'altro coccodrillo si hanno pochissime notizie che ci arrivano da Antonio Mongitore, il quale affermava che quest'altro rettile si trovava «sotto la Chiesa vicina dei SS. Cosma e Damiano» un tempo detta di San Rocco alla Guilla, nel quartiere del Capo, edificata dopo la peste del 1575.

Seguendo poi Vincenzo Auria veniamo a conoscenza che vicino a questa chiesa vi era una fonte nella quale vi era esposto il suddetto coccodrillo: «...qualmente in un luogo sotto la chiesa suddetta di San Cosmo sia stato serbato un tempo uno de' coccodrilli trovati nelle acque del Pipirito, e che, per mala cura levatovi, oggi più non si vede. Perlochè in tal luogo doveva esser una sorgente d'acqua, sulla quale il coccodrillo restava esposto al pubblico in ispettacolo, del pari che nella fonte della Guilla».
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