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Al liceo più antico di Palermo tutti la amano: la prof Buttari dopo 40 anni va in pensione

Ci sono insegnanti che proprio perché tali lasciano il segno, un'impronta nella vita degli alunni e la storia della professoressa Marina Buttari ne è l'esempio

Alice Marchese
Giornalista
  • 25 giugno 2025

La professoressa Marina Buttari

Ci sono insegnanti che proprio perché tali lasciano il segno, un'impronta nella vita degli alunni e la storia della professoressa Marina Buttari ne è l'esempio.

Docente di latino e greco in pensione, ha svolto questa professione per 40 anni, prima all'Educandato Maria Adelaide, un anno a Cefalù e quattro a Monreale, ma c'è stato un liceo dove ha trascorso ben 33 anni e che resta scolpito nel suo cuore.

Attualmente si stanno svolgendo gli esami di maturità e per lei sono gli ultimi vissuti dall'altra parte della cattedra.

«Era il '92 quando sono arrivata al liceo classico Vittorio Emanuele II e da quel momento non me ne sono più andata - racconta a Balarm Marina Buttari -. Ho visto passare diversi presidi come Antonio Raffaele, Luigi Affronti, Rita Coscarella, Leonardo Massimo e l'attuale dirigente scolastica Mariangela Ajello.

Prima ho insegnato al biennio latino e greco, poi mi sono spostata al triennio. Ho sempre amato le materie umanistiche, sin da quando frequentavo la scuola Garibaldi col professore Antonino Grillone».

Ma c'è un'altra passione che ha travolto la sua vita e quella dei suoi studenti: «Nel 2012 ho pensato a quanto fosse bello portare il teatro a scuola e far scoprire ai ragazzi la bellezza del mondo antico sul palco.

Ho elaborato questo progetto insieme alla professoressa Antonella Sorci e l'abbiamo presentato all'ex dirigente scolastico Luigi Affronti.

Insieme al regista Rinaldo Clementi abbiamo messo su il laboratorio di teatro e giorno dopo giorno ho visto crescere sul palco i miei alunni».

Ogni anno hanno portato in scena i capolavori di Eschilo, Sofocle e Euripide, da Medea, che ha visto la nascita dell'attrice Giulia Tarantino, a "Antigone", "Lisistrata", "Elettra", "Alcesti", tra queste "Ifigenia", il suo ultimo spettacolo con cui ha chiuso il sipario.

«L'ultimo è stato "E io che c'entro? Storia di Ifigenia". Lo abbiamo dedicato a tutte quelle vittime che si ritrovano a esserlo inconsapevolmente, un po' com'è successo a lei. Nonostante la distanza di 2500 anni e più, gli autori di quel tempo hanno tanto da insegnarci e sono sempre attualissimi».

Eppure, quando si pensa al liceo classico spesso ci si intimorisce perché si crede che si debbano affrontare materie difficili e non facilmente comprensibili a tutti, l'errore più comune: «La mia missione è stata anche sfatare un po' questa credenza e pian piano i ragazzi si sono appassionati al latino e al greco immedesimandosi nei sentimenti dei poeti di quel tempo.

Noi non ce ne accorgiamo quasi, ma sono lingue che ancora usiamo, non sono morte. Partendo dal gelato "magnum", il cinema Lux di Palermo, il centro commerciale Forum del capoluogo. Fanno tutte parte della nostra quotidianità.

Lo studio della grammatica serve a imparare la razionalità della cultura classica.

Dal pensiero di Seneca sul non sprecare neanche un solo giorno, alla guerra del Peloponneso raccontata da Tucidide passando per la poetessa Saffo che non riesce a tessere la tela e a concentrarsi sul quotidiano perché innamorata persa.

Non sono solo materie: è un modo per leggere meglio la realtà».

Tutti gli alunni si sono appassionati negli anni a questo sapere perché hanno ritrovato se stessi in quelle opere apparentemente lontane, seppur inizialmente complesse: «Quello che ho sempre fatto è quello di capire il punto forte degli alunni e farlo emergere. L'alunno in difficoltà non si abbandona.

Quando notavo le potenzialità di un mio studente, lo spingevo affinché capisse la sua strada, al di là dei compiti e delle interrogazioni.

Non ho mai identificato l'alunno col voto. Chi aveva il 4 allo scritto di greco, non era quel 4. Il mio motto è sempre stato: "I cavalli si vedono a lunga corsa".

Chi ho bocciato, è diventato manager. Se un alunno ripete l'anno non significa che non vale niente, anzi. Purtroppo questi pensieri sono lo specchio della nostra società che va troppo veloce.

Adesso si vuole tutto subito e facilmente. Una preparazione, anche più lenta, non interessa perché richiede "troppo" tempo, che è quello giusto».

Nell'arco di 40 anni sono cambiate tante cose e oltre a questo, anche la pandemia ha giocato un ruolo decisivo sulla preparazione e sulla qualità della vita degli alunni: «I ragazzi di oggi non sono quelli di 40 anni fa.

Prima non c'erano gli imput che ci sono oggi. La scuola si frequentava solo studiando, adesso invece ci sono tanti progetti che esulano dai classici impegni scolastici.

Quest'anno ho messo ai miei alunni voti come 9 e 10. I ragazzi sono stati sottoposti a iniziative continuamente eppure studiano e si impegnano in una scuola che va veloce. Forse però il tempo che si dedica allo studio non è quello adeguato, ma loro ce l'hanno fatta.

Lo studio rispetto a quando ho cominciato è decisamente cambiato, lo noto già dalle frasi che gli studenti utilizzano quando dicono di sostenere esami con "Mi do inglese"», come se quella cosa poi non ti appartenesse più e una volta data, è finita.

«Dopo il Covid i ragazzi sono molto più fragili, ma la fragilità di oggi nasce dallo shock. Il 2020 non è stata una passeggiata per nessuno e così gli anni a seguire.

Spero soltanto che nessuno si chieda più "A che serve il liceo classico", è improprio. Dobbiamo smetterla di chiederci a che serve.

Coltivare la bellezza fa crescere, semplicemente lo si fa in tanti modi. Se pensi che c'è chi prima di te ha provato dei sentimenti come i tuoi, è un dono incredibile».
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