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Appostamenti fotografici, solitudine, irriverenza: Emanuele Giuffrida e la pittura come poesia

Spira in Sicilia un esaltante vento di identitaria ricerca artistica che contrappone alla surrealtà imposta da pandemia e lockdown, un umanesimo di raffinata e silente ricerca

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 31 agosto 2021

Emanuele Giuffrida nel suo atelier (foto concessa dall'artista)

Spira in Sicilia un esaltante vento di identitaria ricerca artistica che contrappone alla surrealtà imposta da pandemia e lockdown, un umanesimo di raffinata e silente ricerca, forse motivato dall’elasticità del tempo così dilatato o ancora da questa condizione di reclusione imposta al nostro bisogno antropico di socialità, talmente esplosivo da rendere evidenti e dirompenti i suoi frutti proprio in queste parentesi temporali di libertà quasi concessa.

Possiamo del resto “unire queste singole poetiche” ottenendo una punteggiata di artisti capaci, con la propria meditata ricerca, di raccontare l'altra faccia di questa nostra singolare contemporaneità atipica attraverso la personale produzione potenziata da una calibratissima attenzione analitica.

Tra questi artisti vi è sicuramente Emanuele Giuffrida. Classe 1982, laureato presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, Giuffrida è nato a Gela, città con la quale continua a mantenere uno strettissimo legame non semplicemente affettivo ma che è spesso fonte di inesauribile ispirazione. Sposato e padre di Elisabetta la sua casa-studio si trova ubicata nel labirintico districarsi di strette vie nella zona monrealese di Aquino, vero e proprio habitat che l'artista siciliano ha eletto a suo intimo laboratorio di sperimentazione.
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La sua galleria di riferimento è oggi la Galleria Lo Magno di Modica; attualmente sue opere sono in mostra a Salonicco per We Are All Greeks curata da Francesco Piazza, a Taormina presso Palazzo Ciampoli per Le Cento Sicilie a cura di Diego Cavallaro e Giuseppe Vella, ma per risuonare della bellezza prodotta con faticoso mestiere di bottega da Emanuele bisogna solcare necessariamente queste irrituali latitudini ma, il premio è a metà strada tra la meraviglia e la scoperta.

Suggestiona d'impatto la teatralità di una ricerca fondata su lunghi e ricercati appostamenti fotografici, tradotti in texture cromatiche letteralmente corrotte dalla visione “luministica” di Giuffrida che non si concede riposo fino a che quella luce scoperta magari per caso sul piano del reale non diventi stratificato frammento di bellezza che rimandi al visibile
rendendolo spesso assai più poetico del vero.

Vi è nelle sue opere tutta la solitudine da numero primo tipicamente espressa dalle opere di Eduard Hopper, l’irriverenza semantica espressa da David Hockney, la passione per il disegno celato dal colore dietro la pittura, di cui è lo stesso artista a voler puntualizzare l'importanza all'interno del proprio processo creativo.

Estimatore profondo dell’arte contemporanea iberica, in particola modo la poetica di Antonio Lopez Garcia, Giuffrida ha
frequentato il triennio di Arte Sacra con Franco Nocera, seguendo tra i diversi corsi quello di Antonino Giafaglione.

Nel delicato microcosmo del suo studio, tra colori e pennelli, “pizzini artistici”, arredi funzionali alla pratica pittorica, opere di piccolo e medio formato, impera The illuminated, olio su tela di 180 x 240 cm, commissionato e da tempo per finire in collezione elvetica; raffinato esempio della concezione che l'artista ha sedimentato relativamente ad una “pittura di strati” costruita per livelli in un tempo privo di accelerazioni, il grande quadro prende spunto dalla narrazione assolutamente contemporanea di un interno siciliano (Gela) che potrebbe tranquillamente essere lo stesso di una qualsiasi periferia di Berlino o Siviglia, in cui tra una selva artificiale di slot machines trovano spazio gli avventori ludopatici.

È un trionfo di luce in cui Giuffrida governa la nostra attenzione mirando al cuore del risvolto sociologico tipico di quella pittura ottocentesca di impegno civico. Può la pittura essere poesia?

La generazione di artisti siciliani usciti dalle aule dell’Accademia palermitana, vi risponderebbe che non solo può ma ne ha il dovere, nonostante questi tempi difficili e labili, nonostante la bruttezza che irrompe ad ogni angolo, nonostante la difficoltà ad emergere in un panorama bulimicamente soggiogato dal web, nonostante tutto, artisti come “isole” lavorano incessantemente ogni giorno, affinché poesia e bellezza tornino a indicare la strada.

Nel prossimo mese di Ottobre potremmo ammirare The White sheet di Giuffrida al Museo Riso, quando dopo il successo ellenico, WAAG approderà anche a Palermo nell’armoniosa sintesi poetica voluta e curata ancora una volta da Francesco Piazza.
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