LE STORIE DI IERI

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Di una saracinesca antifurto che non si apriva dall’interno

  • 20 febbraio 2006

Dei biscotti danesi e di altre simili prelibatezze al burro si sapeva poco o niente nella Palermo del 1956, dove peraltro erano ripetutamente operativi i falsari delle dieci lire d’alluminio. Ma già allora, della gente d’Amleto, e per comprensibili ragioni, qui si apprezzavano le qualità di specialisti dell’antifurto. In particolare, di ideatori di certe saracinesche d’ottimo acciaio e delle quali era praticamente impossibile falsificare le chiavi. Ciò di cui seppe un commerciante di materiale elettrico che alla Kalsa, allora uno dei nostri quartieri più a rischio di “scasso”, volle ad ogni costo munire di simile portento tecnologico il ben avviato negozio. Naturalmente, senza prevedere il caso boccaccesco nel quale per colpa di quella saracinesca ebbe ad incappare, e non solo lui, una fredda sera del gennaio di quell’anno. Accadde infatti, e non senza meraviglia del fidato garzone dispensato anticipatamente dal servizio, che all’imbrunire l’esercente che chiameremo Salvo decise di chiudere parecchio prima delle solite ore venti. Giusto quando in negozio arrivò la splendida “ossigenata” alla quale si solevano fare degli sconti pazzeschi. E di quel che successe alcune ore dopo che la robusta serranda fu abbassata dal picciotto di putia - e da lui chiusa a chiave per ordine del principale rimasto dentro con la bionda - ne scrisse perfino il giornale “L’Ora”.

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Perché un paio d’ore dopo Salvo dovette amaramente fare i conti con la mentalità dei nordici industriali. Che avevano avuto l’accortezza di progettare per la saracinesca anche una serratura che nessun ladro, dopo essersi nascosto dentro un magazzino, avrebbe mai potuto aprire. Semplicemente perché dall’interno il congegno non aveva materialmente il buco per la chiave. Nuovo particolare che emotivamente e, nel caso, comprensibilmente il bottegaio aveva dimenticato. Fu così che il povero Salvo, al momento di tornare a casa e con autentico terrore da parte della tardiva cliente, prese ad adoperarsi con tutti gli strumenti che aveva in negozio, compreso un mazzuolo da un chilo e mezzo, per cercare di far fuori il maledetto congegno danese. Con tale crescente e disperato fracasso da fare accorrere una piccola folla di gente, messa già di buonumore solo all’idea che all’arrivo della polizia avrebbe potuto godersi lo spettacolo di un arresto in flagrante dei soliti ignoti. Né mancò chi, per avvertirlo del fatto che i ladri gli stavano sicuramente scassinando il negozio, decise di recarsi in casa di Salvo. Dove lui evidentemente non si trovava, come confermò la moglie. Già allarmatissima anche per l’insolito ritardo del coniuge e che chiese all’anziana madre d’accompagnarla subito alla bottega che con tutta evidenza stava per essere saccheggiata.

Fu così che la poveretta si sentì in un primo tempo rincuorata. Quando, urlando e picchiando a sua volta alla saracinesca, sentì la voce del marito, per fortuna vivo e vegeto all’interno del negozio, che convulsamente l’invitava a tornarsene a casa perché era proprio lui che stava facendo tutto quel fracasso per scardinare l’infame serratura rimasta disgraziatamente bloccata. Purtroppo per Salvo e per la sua non proprio occasionale cliente in quello stesso momento sopraggiunsero i carabinieri che s’erano portati appresso il fabbro del quartiere alle cui serrature il negoziante aveva preferito quelle scandinave. Artigiano che fu lieto di dimostrare come le tanto rinomate saracinesche straniere si potevano aprire dall’esterno in un fiat. Tali e quali quelle nostrane.
Il nostro eccezionale quotidiano del pomeriggio non si dilungò nei successivi particolari dei quali alla Kalsa si parlò e si rise per un pezzo, nei vicoli ma soprattutto nelle taverne aperte fino a notte. In una delle quali, quella volta e sotto la scorta dall’Arma benemerita, riuscì momentaneamente a mettersi in salvo la bionda signora. Alla cui ricerca, non meno allarmato della moglie di Salvo ma alla fine nemmeno tanto felice per il ritrovamento, s’era messo in giro per tutto il quartiere anche l’inconsapevole marito.

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