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Il Re persiano che protegge Palermo

  • 24 ottobre 2005

I Santi patroni, protettori e ausiliatori che notte e giorno fanno da intermediari celesti con l’Eterno Padre, in Sicilia non mancano davvero. Secondo stime approssimate per difetto sarebbero infatti poco meno di settecento i santi patroni che vegliano sui 389 comuni dell’Isola. Mentre pare che la sola Palermo possa contare su quasi quaranta Protettori. Ma è pure certo che qui non tutti sanno che tra i patroni più venerati della Città, e del quartiere Capo in particolare, si annovera Sant’Onofrio, che è straordinario in ogni senso. Sia per le origini addirittura regali, sia per la frequenza dei prodigi che egli continua a fare ogni giorno. Magari piccoli e tuttavia numerosi, come ad esempio i miracoli relativi alle smarrite piccole cose d’uso comune e quotidiano che entro sera - diccà a stasera - egli fa sicuramente ritrovare ai fedeli che ne invochino l’intervento con collaudate e gentili filastrocche. Che poi diventano grazie davvero importanti quando Lui, ma ormai da secoli, tra le altre "cose" fa perfino trovare un buon partito alle nubili non solo del quartiere. E se c’è chi vuol sapere proprio tutto su Sant’Onofrio non deve far altro che recarsi la domenica mattina alle nove e mezza nell’omonima piazza dove si dice Messa nel suo storico Oratorio.

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Mentre da parte nostra qui qualcosa possiamo anticipare. A cominciare dal fatto che il principino Onofrio nacque nel III secolo da Teodoro e Pelagia, sovrani di Persia e del basso Egitto, per poi ascendere al trono alla morte del genitore. Giusto mentre l’impero romano si dissolveva sotto i colpi delle invasioni barbariche che attaccavano la stessa fede cristiana. E fu forse anche per questo che il giovane sovrano, chiamato da Dio a diventare quel "prodigio del deserto" del quale avrebbe scritto San Girolamo, non tardò ad abbandonare la vita di corte preferendole dapprima la pace di un monastero in Tebaide. Ma dal quale egli decise infine di muovere verso il deserto egiziano dove, al riparo di una grotta, egli trascorse i suoi restanti sessant’anni nell’ascesi più rigorosa. Nutrendosi quotidianamente di qualche dattero e di pochi sorsi d’acqua ma acquistando in compenso gran fama di taumaturgo presso i fedeli che osavano avventurarsi dalle sue parti. Raccontano pure che la terrena avventura del futuro Sant’Onofrio si concluse con la sepoltura in una fossa scavatagli da un fedele biografo di nome Pafnunzio e addirittura dai due leoni addomesticati che per decine d’anni gli fecero compagnia. Ma è fondamentale sapere pure che in quegli anni di raccoglimento e astinenza la sua persona finì per rivestirsi letteralmente dei capelli e della barba fluentissimi che fecero di lui il "Sant’Onofrio Peloso" d’attuale iconografia e venerazione. E di cui alla preghiera-filastrocca delle nostre fanciulle in età da marito che specialmente quando ne accompagnano in processione il simulacro ripetono con rinnovato fervore: Santu Nofriu lu Pilusu/ io vi pregu di qua ghiusu/ Vui ‘na grazia mi duviti fari/ un maritu m’aviti a truvari.

Solo da qualche mese, nell’Oratorio amorosamente curato dai 72 confratelli della sua Compagnia - che pare sia la più antica della Città - è tornata perfettamente restaurata la statua del Santo, quasi tutta ricoperta del foltissimo crine che ne costituisce praticamente la veste. E si tratta di una statua che di per sé ha ulteriormente del miracoloso dato che si sa che fu creata dalle mani di un non meglio identificato artista cieco del sedicesimo secolo, noto appunto come l’Orbu di Palermu. Mentre la visita alla sua storica chiesa, per quanti vorranno conoscere di persona il resto di straordinario che riguarda la vita e la storia di Santu Nofriu Pilusu, sarà pure l’occasione per ottenere le copie delle preghiere che da sempre gli rivolgono i palermitani bisognosi d’ogni grazia. Gli studenti un poco svogliati o ingiustamente sottovalutati da qualche professore non proprio conciliante, se non addirittura strurusu, che qui è appellativo non esaltante. Le massaie che vogliano ritrovare diccà a stasira i più umili "ferri del mestiere". E quanti non riescano a ritrovare altre cose più o meno preziose. Non escluse la serenità e la pace in famiglia. Ma tutte rigorosamente da richiedere con un padrenostro accompagnato dalle opportune e quasi storiche rime d’invocazione. Rivolte ad un Santo che è notevole anche per la "modernità"che gli ha procurato perfino un sito sul web elettronico che avvolge il mondo. E in ogni caso la gente di poca fede può provare a digitare come segue: www.santonofrio.com.

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