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Ci condisci le tagliatelle e una bruschetta unica: il tesoro (verde) nel piatto in Sicilia

​​​​​​​Le chiamiamo "zìculi", "finucchieddi", "carduna". Sono le pioniere della cucina contadina, regine dimenticate di una natura generosa che si rispecchia a tavola

Federica Dolce
Avvocato e scrittrice
  • 17 maggio 2025

Crostini al pesto di erbe spontanee di Aldo Bongiovanni

In Sicilia, mentre cammini per un sentiero polveroso, tra i muretti a secco e gli uliveti rugosi, potresti inciampare – non su una pietra, ma su un piccolo miracolo verde: le erbe spontanee.

Le chiamiamo "zìculi", "finucchieddi", "carduna", "babbaluci" (ops, quelli sono lumache… ma ci stanno bene sopra!). Sono le pioniere della cucina contadina, le regine dimenticate di una natura generosa. In Sicilia, la primavera non arriva in punta di piedi: esplode! E insieme a lei, dal nulla (ma che poi nulla non è), spuntano tesori verdi, gialli, viola.

Le erbe spontanee e i fiori selvatici sono il vero banchetto della natura. Basta una passeggiata tra uliveti, sentieri assolati e vecchie trazzere per trovare un mondo sotto i piedi… letteralmente.

Prendiamo la senapa selvatica: con quelle foglie seghettate e un sapore deciso, è una bomba di gusto nelle frittate. E che dire dei giri (bietole selvatiche)? Morbidi, saporiti, ti saltano in padella come se fossero nati per starci. Gli asparagi selvatici poi sono la versione siciliana del tartufo: cercarli è una caccia, trovarli è una festa.

Saporiti, amarognoli, sono perfetti con le uova o in un risotto che sa di bosco e sole. I cavolicelli, piccoli e piccanti, sono gli eroi delle campagne dell’entroterra: pochi li conoscono, ma chi li prova non li lascia più.

Prendiamo il finocchietto selvatico: cresce libero, profuma d’anice e insaporisce tutto, dalla pasta con le sarde alle frittate della nonna.

È così siciliano che, se potesse parlare, avrebbe l’accento di Enna e il cuore a forma di arancina. Poi c’è la borragine, che con le sue foglie pelose e i fiori blu ti guarda da sotto i cespugli come a dire: “Friggimi!” Ed è esattamente quello che dovresti fare. O buttarla in pentola per una minestra che profuma di campagna e primavera.

E vogliamo parlare del cardo selvatico? Spinoso come un siciliano geloso, ma tenerissimo se sai come prenderlo. I cardi lessati, poi passati in padella con aglio e limone, sono poesia agricola. E poi, in mezzo a questo buffet verde, ecco sbucare i fiori. La calendula, con i suoi petali arancioni, colorava le tisane delle nonne e curava ogni malanno.

Il crocus selvatico, cugino siculo dello zafferano, è piccolo ma regale. La ginestra, con le sue nuvole gialle, tinge le colline di maggio ed è l’orgoglio dei monti siciliani. I fiori di borragine, blu come il cielo, si possono perfino friggere in pastella: scenici e deliziosi.

E vogliamo dimenticare i fiori di more selvatiche, che anticipano i frutti golosi dell’estate, o il ciclamino, timido e romantico, che sbuca dove meno te lo aspetti?

La vera chicca è che queste erbe non chiedono nulla: non vogliono fertilizzanti, non hanno bisogno di cure. Crescono spontanee, forti, libere. Resistono al sole cocente, al vento di scirocco e pure agli escursionisti distratti. Sono il simbolo della resilienza sicula. E attenzione: raccoglierle è un’arte.

Non è facile distinguere la Mandragola (che è velenosa!) dalla borragine. Le nonne hanno il radar integrato, riconoscono un “amareddra” da venti metri, mentre tu sei lì a chiederti se sia commestibile o velenosa. Insomma, le erbe spontanee siciliane non sono solo ingredienti: sono storie, tradizioni, profumi, memoria.

Fanno parte del DNA dell’isola. E se ascolti bene, quando le cucini, raccontano leggende di nonne, di campi e di pranzi che sanno di sole. Perché in Sicilia, la terra non dà solo olive e arance. Offre un’eredità spontanea, profumata e commestibile. Un mondo che non va solo osservato, ma annusato, raccolto, cucinato.

Con rispetto, come si fa con le cose preziose. E con appetito, perché qui anche il selvatico… sa di casa. Hai mai provato a cercarne qualcuna nei dintorni?

Oggi la Chef Bonetta Dell’Oglio propone due ricette.

Tagliatelle con crema di erbe spontanee, brunoise di ragusano e fiori selvatici (per 4 persone)

Ingredienti
320 g di tagliatelle fresche
1 mazzetto di sinapa
1 mazzetto di giri
1 mazzetto di finocchietto selvatico
1 mazzetto di cavolicelli
1 spicchio d’aglio
Scorza grattugiata di mezzo limone
50 g di olio extravergine d’oliva
100 g di ragusano o palermitano stagionato da tagliare a cubetti
Sale q.b.
Fiori selvatici per guarnire

Procedimento
Pulite con cura tutte le verdure spontanee e sbollentale separatamente in acqua leggermente salata per pochi minuti (2/3), scolale e raffreddale subito in acqua e ghiaccio, strizzale bene. Conservare l'acqua di cottura e unitela in una pentola più grande, dove cuocerete poi le tagliatelle. In un mixer frullate le verdure sbianchite con lo spicchio d’aglio pestato (potete anche sbollentare l’aglio per renderlo più delicato), metà dell’olio e un pizzico di sale.

Frullate fino a ottenere una crema liscia e vellutata. Se necessario, allungate con un cucchiaio d’acqua di cottura del finocchietto per regolare la consistenza.

Tagliate il caciocavallo a brunoise (dadini molto piccoli e regolari) e tenetelo da parte a temperatura ambiente. Cuocete le tagliatelle nell'acqua di cottura, regolatela di sale. Scolatele al dente, tenendo da parte un po’ di acqua di cottura. Saltate le tagliatelle in padella con la crema di erbe, aggiungendo poca acqua di cottura per legare e versare il rimanete olio d'oliva. La crema deve velare la pasta senza sovrastarla. Disponete le tagliatelle a nido nel piatto e guarnite con la brunoise di caciocavallo distribuita a pioggia, la scorza di limone e completate con fiorellini selvatici per dare colore e profumo.

Bruschetta di foglioline spontanee, fiori selvatici, aglio e mandorle alla maniera di Aldo Bongiovanni (per 4 persone)

Ingredienti
4 fette di pane di grani siciliani (tumminia, perciasacchi o grano duro a lievitazione naturale)
1 manciata di foglioline miste di spontanee (brassicacee giovani, borragine, cicoria tenera, sinapa)
Petali di 2-3 papaveri freschi
Fiori commestibili a scelta (borragine, calendula, fiordaliso, violette, pisello odoroso, malva…)
1 spicchio d’aglio 40 g di mandorle pelate (meglio se tostate leggermente)
50 ml di olio extravergine d’oliva (di cultivar siciliana, ad esempio Nocellara del Belice o Tonda Iblea)
Sale marino grosso

Procedimento
Lavate delicatamente le foglioline spontanee e asciugale con cura, si usano crude per maggiore fragranza. In un mortaio (o mixer a bassa velocità) pesta lo spicchio d’aglio con un pizzico di sale, le mandorle e un filo d’olio fino a ottenere una crema rustica.

Aggiungi le foglie e continua a pestare/frullare brevemente: non deve diventare un pesto liscio, ma restare materico. Aggiungi l’olio rimanente a filo.

Grigliate o tostate le fette di pane finché ben dorate e croccanti. Spalmate su ogni fetta di pane uno strato del composto. Guarnite con qualche fiorellino fresco che avete tenuto da parte poco prima di servire, per evitare che si appassiscano.

Godetevele perché è un cibo straordinario!
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