ARTE E ARCHITETTURA

HomeNewsCulturaArte e architettura

Con la sua arte conquistò i Florio e Basile: chi fu il pittore simbolo del Liberty a Palermo

I suoi affreschi si trovano anche al Teatro Massimo e a Villa Igiea. Ettore De Maria Bergler, grazie a Ignazio Florio, strinse un'importante collaborazione con Ernesto Basile

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 2 marzo 2022

Un affresco realizzato dal pittore Ettore De Maria Bergler

Mentre in Europa si respirava una ventata culturale e artistica nuova, segnata dall'abbandono del neo-classicismo e dell'eclettismo Sette-Ottocentesco in favore di uno sperimentalismo che traeva spunto dalla realtà, in particolare dalla natura, Palermo conosceva Ernesto Basile, l'artista più rappresentativo di questa nuova visione artistica di fine Ottocento e inizi Novecento chiamata Art Nouveau in Francia, Modernismo in Spagna e Modern Style in Inghilterra.

Tale arte coinvolgerà sia l'architettura che la pittura e le arti applicate. In Italia la conosceremo col nome di Liberty e a Palermo vi sarà uno sviluppo artistico del tutto originale. In città il Liberty si manifesterà soprattutto con la costruzione di nuove ville private, comprese quelle di villeggiatura; ma anche attraverso opere di decoro urbano come i chioschetti Ribaudo e Vicari di piazza Verdi, i lampioni di illuminazione pubblica e perfino i vespasiani come quello di piazza Bologni. Non ultimo ovviamente lo stabilimento balneare di Mondello in perfetto stile Liberty, decorato nella facciata con mostri marini e altri fregi che rimandano sempre alla tematica marina.
Adv
A giocare un ruolo fondamentale per l'importazione di questa nuova arte fu senza dubbio la committenza contemporanea, in special modo quella dei Florio, ma anche dei Whitaker e di altri nobili e altoborghesi del tempo.

Tra le ville più rappresentative realizzate da Ernesto Basile c'è sicuramente il “Villino Florio” all'Olivuzza e Villa Igiea. La prima è una villa fantasmagorica, degna di un set di Tim Burton. Ci appare come un castelletto grigio con torri circolari svettanti e tetti lignei spioventi decorati con ghirigori in ferro battuto. Da una cancellata in ferro decorata si accede ad un ampio giardino con una moltitudine di specie vegetali che circonda la villa. Dopo recenti restauri dello stesso giardino si è leggermente ridotta la particolare macchia ma non ne è stata compromessa la bellezza.

L'ingresso della villa presenta due rampe di scale, lontano ricordo delle ville del Settecento. Gli interni rigorosamente in legno e le vetrate colorate hanno tutti un rimando alla natura, i motivi floreali si perdono nell'infinità dei dettagli. Nel 1962 il villino subì un grave incendio che compromise quasi l'intera struttura, ma oggi è visitabile gratuitamente e conserva ancora parti originali, mentre tutto il resto degli interni è stato riprodotto in base al progetto originale.

Villa Igiea, iniziata lo stesso anno del Villino Florio (1899), sancisce definitivamente il rapporto tra Ernesto Basile e Ignazio Florio, il quale, su consiglio del dottor Vincenzo Cervello, costruisce (o almeno questa era l'iniziale intenzione) «il primo centro terapeutico» per malattie polmonari, incentivato in particolar modo dalla malattia prima e dalla morte poi della figlia Giovanna. Ignazio acquista quindi il parco di Villa Belmonte all'Acquasanta compresa una villa in stile neogotico appartenuta all'ammiraglio Cecil Downville.

«La scelta del nome “Villa Igiea” nasce di fatti dalla sua prima destinazione come luogo di cura e riposo, in quanto Hygiea è la “salutis dea”, figlia di Asclepio dio della medicina. […] per gli alti costi di gestione e per gli scarsi risultati delle cure sperimentali adottate da Cervello, la iniziale idea di sanatorio venne abbandonata per una destinazione più mondana, adattando l'impianto a grande albergo all'interno del quale i Florio si erano riservati una loro residenza. Il Grand Hotel Villa Igiea fu inaugurato il 19 dicembre del 1900». È in questa occasione che nasce una delle collaborazioni artistiche più riuscite a Palermo tra architettura e pittura, tra Ernesto Basile ed Ettore De Maria Bergler, pittore di origini palermitane, ma nato a Napoli il 25 dicembre 1850.

Il connubio tra questi due artisti si sviluppò sempre grazie a Ignazio Florio. Per lui, anzi per donna Franca, Bergler realizza nel 1893 un ritratto straordinario, forse meno noto di quello di Giovanni Boldini, di recente venduto all'asta, ma sicuramente un'opera luminescente, un profilo aggraziato, candido, pulito, forse ancora troppo legato ad una tradizione viva nelle sue corde ma con guizzi di sicura espressione preraffaellita o simbolista, che invogliano lo spettatore a guardare oltre all'aspetto reale delle cose, a quell'orizzonte meditato da Franca che lancia uno sguardo trasognato al di là dei confini spazio-temporali e verso una sfera intima lontana anni luce dai vacui pettegolezzi del suo tempo.

I pittori siciliani di quegli anni fanno tutti capo al maestro paesaggista Francesco Lo Jacono che per la sua capacità di ritrarre la chiarità tipica isolana fu chiamato “il ladro del sole”. Anche Bergler fu suo allievo, lo si nota dalla scelta delle tematiche paesaggistiche “a veduta d'uccello”, dalle marine, dall'uso del colore e nel modo di ritrarre la luce. In realtà, però, Ettore De Maria è un pittore versatile e si piega alle esigenze dei committenti passando da uno stile all'altro «a seconda dello stile e delle tendenze artistiche più in voga presso la classe dominante-committente».

Bergler aveva partecipato all'esposizione nazionale di Palermo, curata dal Basile e pochi anni prima decorò “La Sala d'Estate” di Villa Amalfitano Whitaker «che si apre sulla scalinata del prospetto esposto a Nord. Tale prospetto guarda verso il grande parco della villa, è proprio come continuazione ideale di questo spazio esterno che il pittore realizza la decorazione, riproducendo sulle mura le ampie vetrate di una serra affacciantesi sui grandi spazi ricoperti di vegetazione esotica. […] La copertura “pensata” a volta trasparente si apre su di un ampio cielo azzurro, dove un volo di rondini è presago dell'imminente “stagione floreale” che di lì a poco più di un decennio esploderà in tutta Europa».

Grazie a questa decorazione Ettore De Maria acquisirà grande notorietà nel panorama decorativistico palermitano che lo porterà a far parte di una larga schiera di pittori decorativisti convocati da Ernesto Basile per la realizzazione del Teatro Massimo, dopo la morte del padre.

Per il “tempio della musica” di Palermo, Ettore decorerà il Palco Reale, il salotto annesso, la Sala degli Spettacoli e la Sala Pompeiana. Le decorazioni sono tripudi floreali e cantorie di donne angeliche musicanti e danzanti tipiche dello stile pompeiano. Ma il vero connubio artistico all'insegna del “nuovo stile” tra Basile e Bergler, che coinvolgerà anche la ditta Ducrot, avverrà tra il 1899 e il 1900, nella magnifica Villa Igiea, in particolare in quella che conosciamo come la sala Basile, ma che in realtà potrebbe essere intestata senza remore a Bergler.

Ernesto progetta una stanza rettangolare con aperture lignee ricalcate dalla natura che paiono vive e simili cornici per specchiere. Le capriate nel soffitto sembrano le nervature della villa dalle quali pende un lunghissimo lampadario a rami di ferro battuto. In antitesi alla sinuosità dei dettagli e dei decori, Basile pone un monolitico colonnato a ridosso di una lunga vetrata, che guarda Monte Pellegrino, e divide così la sala in due parti.

In questa ambientazione si cala il genio di Ettore De Maria Bergler, coadiuvato dai pittori Michele Corteggiani e Luigi Di Giovanni. Sfruttando soltanto tre pareti utili, delle quali due corte e una lunga, Ettore crea un mondo fantastico abitato da fate e ninfe in una perenne primavera. Nelle pareti corte Bergler dipinge l'allegoria del “Profumo del mattino” e del “Profumo della sera”. A definirli sono ovviamente il sole nascente per il mattino e la falce della luna per la sera.

In entrambi gli affreschi “a plat”, cioè con grandi porzioni di parete dal colore uniforme, vivono delle meravigliose donne eleganti ed estremamente sensuali, dalle vesti scollate, alcune interamente nude e coricate in mezzo ad una fioritura di Iris, gigli e papaveri e alla presenza di animali, quali cigni e pavoni sullo sfondo di laghi e vallate sfumate.

Sulla parete lunga è l'affresco di “Floralia” che presenta da un lato una donna meravigliosa che tiene tra le mani un lunghissimo rampicante di rose fiorite circondata da ancelle riverenti e dall'altro un ramificato albero di melograno nei pressi di un lago dal quale paiono uscire, come ninfee che prendono vita, due incantevoli donne dai lineamenti angelici. Nonostante la tenue atmosfera è vibrante la percezione simbolica e simbolista che sradica sicuramente il pittore dalla tradizione ottocentesca e lo colloca verso una nuova visione artistica come quella dell'Art Nouveau, nella quale la realtà ci spinge a guardare oltre ciò che vediamo, a captare l'anima delle cose, a berne l'essenza, spingendoci a destare la nostra assopita spiritualità.

Ettore De Maria Bergler toccherà punti più alti nella pittura simbolista anche nelle decorazioni della “Sala del Consiglio” della Cassa di Risparmio di Palermo (1912) prima di tornare ad appassionarsi al paesaggio e alla tradizione dell'Ottocento. Morirà celibe nel 1938, sei anni dopo Ernesto, e con loro, possiamo dire, se ne andava una grandissima epoca di splendore della nostra città.

(Per approfondimenti consiglio la lettura di “Ettore De Maria Bergler” a cura di Domitilla Alessi; “Ernesto Basile architetto” edito dalla Biennale di Venezia; “Ernesto Basile” di Ettore Sessa).
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.
...e condividi questo articolo sui tuoi social:

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI