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Cosa sappiamo del referendum dell'8 e 9 giugno: i 5 quesiti spiegati dal prof di Unipa

Quattro riguardano i diritti dei lavoratori e le norme sugli appalti, il quinto interviene sul riconoscimento della cittadinanza italiana. Ecco come votare

Anna Taibi
Laureata in Beni culturali
  • 29 maggio 2025

Sono cinque i quesiti referendari a cui i cittadini aventi diritto sono chiamati a rispondere nei prossimi 8 e 9 giugno. Quattro di questi riguardano i diritti dei lavoratori e le norme sugli appalti, mentre il quinto interviene sul riconoscimento della cittadinanza italiana.

Per i comitati promotori, che ruotano intorno a Cgil e +Europa, la sfida è il superamento del quorum, resa ancor più complessa dalla pesante assenza del quesito sull’autonomia differenziata. L’ultimo referendum che ha chiamato più del 50% degli italiani alle urne, infatti, è stato quello sull’acqua pubblica e sul nucleare, nel lontano 2011.

Per il Pd di Elly Schlein sono “5 sì”, insieme a Europa Verde e Sinistra Italiana, mentre per M5S l’appoggio è ai quattro quesiti sul lavoro, lasciando discrezionalità sul quinto. I partiti di maggioranza, invece, seguono la linea esplicitata dal presidente del Senato Ignazio La Russa, quella dell’astensione.

Nemmeno i sindacati sono compatti: se la Cgil sostiene 5 volte il “sì”, la Uil è d’accordo solo coi quesiti relativi ai licenziamenti illegittimi e alla sicurezza sul lavoro; la segretaria della Cisl Daniela Fumarola, in un’intervista del Corriere della Sera, ha invece affermato che non andrà a votare, perché considera lo strumento dei referendum inadeguato a risolvere i problemi del lavoro.

Quali sono nel dettaglio i cinque quesiti del referendum? Lo spiega Silvio Bologna, docente di Diritto del lavoro all’Università degli Studi di Palermo.

Primo quesito
Riguarda l’abrogazione del “Jobs Act”. L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori promulgato nel 1970 prevedeva, per le imprese con più di 15 dipendenti, che i lavoratori licenziati ingiustamente potessero essere reintegrati.

«Questa previsione normativa ha avuto di fatto un’azione deterrente nei confronti del datore di lavoro, per la gravosità delle conseguenze che avrebbe dovuto sopportare» spiega il professore Bologna.

«Con la legge Fornero del 2012, il governo Monti interveniva sull’articolo 18, introducendo delle sanzioni differenti a seconda dell’illegittimità del licenziamento. Secondo questa legge, la reintegrazione non era più l’unico dispositivo di tutela di fronte a un licenziamento illegittimo».

«Il Jobs Act del governo Renzi ha mutato nuovamente il quadro normativo: il diritto alla reintegrazione dei lavoratori assunti dopo il 7 marzo del 2015 è ora ristretto ai licenziamenti nulli, orali o discriminatori. Per ogni altro licenziamento illegittimo viene prevista una modesta indennità. Questa normativa risulta più restrittiva della legge Fornero».

Il quesito referendario ha quindi l’obiettivo di rafforzare le tutele per i lavoratori dipendenti di aziende con più di 15 dipendenti, andando ad abrogare la disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act.

«La conseguenza sarebbe il ripristino, di fatto, di quanto normato dalla legge Fornero, e l’annullamento le differenze normative in merito ai licenziamenti illegittimi per i lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015», spiega Silvio Bologna.

Secondo quesito
È relativo all’abrogazione parziale della legge 604/1966.

Cosa prevede? Che nell'impresa industriale commerciale fino a 15 dipendenti e nell'impresa agricola fino a 5 dipendenti, il datore di lavoro che licenziava ingiustificatamente un lavoratore veniva condannato a un risarcimento del danno, che oscillava tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6, 10 o 14 mensilità di retribuzione.

«Le ragioni della disciplina del ‘66 per le piccole imprese che venivano escluse dall'art. 18 dello Statuto erano legate alle condizioni del mondo del lavoro dell'epoca: esistevano soprattutto grandi imprese con tantissimi lavoratori, mentre le piccole imprese avevano una natura prevalentemente “familiare”».

Che succede se prevarrà il sì? «Sarà soppresso il limite massimo di indennità risarcitoria. Sarebbero poi i giudici a valutare qual è la somma più giusta nel caso concreto, partendo comunque da un minimo di due mensilità e mezzo di stipendio. Si vuole così tenere conto delle mutate condizioni del mercato del lavoro in Italia, oggi più di ieri caratterizzato da piccole e medie imprese».

Terzo quesito
Riguarda l’abrogazione di parte dell’articolo 19 del d.lgs.15/2015, n. 81. Attualmente, un datore di lavoro può stipulare un contratto a termine fino a 12 mesi senza dover giustificare la ragione dell’assunzione precaria. Silvio Bologna fa chiarezza su questo punto.

«Il quesito è in realtà molto tecnico. Oggi, il datore di lavoro può decidere di fronteggiare qualsiasi ragione produttiva ricorrendo al lavoro a termine, anche quando non ci sarebbe una ragione temporanea e l'impresa dovrebbe, quindi, assumere a tempo indeterminato».

E aggiunge: «Se prevalessero le ragioni del sì al referendum, potrebbe essere posto un termine che non eccede di 24 mesi, e soltanto nell’ipotesi in cui siano previsti dai contratti collettivi siglati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, o nel caso di sostituzione di altri lavoratori».

Quarto quesito
Vuole abrogare parte dell’articolo 26, comma 4, del d.lgs. n.81/2008 in materia di sicurezza sul lavoro negli appalti.

L’obiettivo del referendum è eliminare la limitazione della responsabilità che esonera il committente, l’appaltatore e il subappaltatore dal rispondere, sia in via diretta che in via solidale, del danno patito dalle vittime del lavoro, laddove l’infortunio sia inerente al “rischio specifico” dell’attività dell’appaltatore o del subappaltatore per l’esecuzione di un’opera o di un servizio.

«Per esempio: il lavoratore della ditta che sta seguendo l'appalto subisce un infortunio o una malattia professionale per esposizione all'amianto. La responsabilità non sarà più soltanto dell'impresa che ha in esecuzione l'appalto, ma ne sarà responsabile anche l'impresa committente».

E spiega: «In questo modo si vuole invogliare l'impresa appaltante a scegliere imprese subappaltanti che rispettano determinati standard in materia di salute e sicurezza dei lavoratori».


Quinto quesito
Attualmente, secondo la legge 91/1992, la pubblica amministrazione riconosce la cittadinanza italiana a quanti sono figli di uno o entrambi i genitori italiani (ius sanguinis), oppure a persone straniere maggiorenni legalmente residenti in Italia da almeno 10 anni.

Il quinto quesito referendario riguarda l’abrogazione di alcuni termini della legge 91/1992, comma 1, e andrebbe a sancire che la cittadinanza può essere concessa a tutti gli stranieri maggiorenni che abbiano regolarmente soggiornato in Italia da almeno 5 anni, ripristinando di fatto la condizione normativa precedente all’approvazione della legge 91/1992.


Le ragioni del “sì” e del “no”
Le principali polarizzazioni sembrano essere in relazione ai quesiti sul lavoro.

Propendono per il “sì” quanti credono che l’intervento sulle norme chiamate in causa dai referendum possa equivalere all’accesso a maggiori tutele, in un quadro complessivo del lavoro in Italia caratterizzato da precarietà e scarso potere contrattuale dei lavoratori.

Propendono per il “no”, invece, quanti pensano che l’abrogazione delle norme di cui sopra renderebbe ancor più difficoltose le assunzioni, specie nelle piccole imprese, senza un miglioramento effettivo delle condizioni del lavoro.

Tra chi ha intenzione di votare “no”, secondo un’indagine di Pagella Politica, c’è anche chi è convinto della necessità di una riforma strutturale del mondo del lavoro in Italia, e ritiene che abrogazioni parziali distolgano l’attenzione dall’urgenza di interventi strutturali e organici, al di fuori degli spazi del prossimo referendum.

Come votare
Le urne saranno aperte domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Bisognerà presentarsi al seggio con la tessera elettorale e un documento di riconoscimento. Verrà consegnata una scheda per ciascun quesito referendario, con una breve descrizione della norma che si propone di abrogare.

Si segnerà “sì” se si vuole la cancellazione della norma, “no” se la si vuole mantenere. Potranno partecipare anche gli elettori italiani residenti all’estero, iscritti nelle specifiche liste elettorali, attraverso il voto di corrispondenza.
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