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Da qui puoi ammirare un paesaggio unico: sei sulla "rocca turrita" in un borgo in Sicilia

L’ingresso del maestoso castello era inquadrato da una scalinata che sfoggiava gradoni scavati nella roccia. L’architettura fonde armonicamente un insieme di stili

Livio Grasso
Archeologo
  • 19 gennaio 2024

Il castello di Sant'Alessio Siculo

Sul promontorio di "Capo Sant’Alessio", sito in provincia di Messina, svetta un poderoso castello medievale. Incastonato sopra una rupe a strapiombo sul mare, il maniero era una vera e propria "opera fortificata". Inoltre, per chi non lo sapesse, in epoca greco-siceliota il suddetto rilievo montuoso era denominato Argenteo Capo.

In seguito, sotto la dominazione romana, fu soprannominato "Promontorium". Prestando fede alla tradizione, i romani vi edificarono la prima fortificazione militare. Tuttavia, la vera e propria costruzione della fortezza si ascrive al monarca bizantino Alessio Comneno (1048-1118).

L’ingresso principale era inquadrato da una scalinata che sfoggiava una serie di gradoni scavati nella roccia. L’architettura monumentale, inoltre, fonde armonicamente un insieme di stili architettonici variegati.

A giudizio degli esperti, il nucleo più datato è costituito da un edificio a pianta poligonale dalla forma irregolare. Con molta probabilità, esso non era altro che un bastione dotato di funzione puramente difensiva.
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La tesi è corroborata dal rilevamento di numerose feritoie sulla superficie del corpo edilizio. Secondo le testimonianze pervenute, esse erano assiduamente utilizzate dalle milizie durante i servizi di ronda. Oltre a ciò, all’interno del medesimo ambiente, è stata localizzata una scala di legno che conduce al piano superiore.

Il secondo nucleo del fortilizio, invece, risulta essere costituito da un torrione cilindrico con bastioni e camminatoio. Non a caso, da quel che si tramanda, l’area occupata ricopriva il ruolo di postazione strategica.

La tesi è comprovata dal ritrovamento di specifici avamposti bellici che, oltre a sorvegliare il territorio circostante, erano deputati a segnalare eventuali attacchi da parte dei nemici.

Ad ogni modo, il castello custodisce una serie di vicende storiche degne di essere riportate alla memoria. Alcune fonti, a tal proposito, riportano che sulla sommità del "Capo" abbia soggiornato Sesto Pompeo, impegnato nel 36 a.C. a battagliare aspramente contro Ottaviano per il potere. Nel XII secolo, di converso, il monumento fu ristrutturato ed ulteriormente rinforzato.

Ricaviamo, altresì, notizia che nel 1117 la fortezza fu donata da re Ruggero II di Sicilia al monastero benedettino annesso alla "Chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Forza d’Agrò". Inoltre, nell’atto di donazione si legge la seguente iscrizione: "Scala Sancti Alexi".

I documenti in nostro possesso attestano che i monaci ne furono legittimi proprietari fino al 1608. In via successiva, la proprietà fu acquistata dal nobile Francesco Romeo da Randazzo. Poco dopo, la gestione della medesima fu ceduta alla famiglia nobiliare Paternò Castello. Agli inizi dell’Ottocento è giunta voce che gli inglesi provvidero a potenziare la "rocca", costruendo una grande cinta muraria.

Si trattò di un espediente utile a contrastare le incessanti incursioni dell’esercito francese. In ultimo, nel 1900 la titolarità del “fabbricato” fu acquisita da Giovanni Impellizzeri.

Allo stato attuale, gli edifici che compongono l’intera struttura sono chiusi al pubblico e in parte diroccati. Non passano in secondo piano le due gallerie sotterranee che convergono verso due aperture rocciose, orientate rispettivamente verso Messina e Taormina.

Al di là di quanto finora detto, non si può negare che la veduta panoramica offerta dalla “rocca turrita” sia sicuramente uno dei pregi più carismatici del versante messinese.
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