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Dalla scuola al Festival fino alle borse di studio: 10 proposte per la lingua siciliana

Il processo di trasformazione in atto in merito alla percezione nei siciliani dell’importanza della lingua dell’Isola porterà alla rivitalizzazione della lingua siciliana

Balarm
La redazione
  • 22 febbraio 2024

Quando nel 1987 arrivai a Barcellona, già all’aeroporto, e poi in città, mi accolsero dei cartelloni giganti attraverso i quali la Generalitat (il congiunto di Parlamento, Presidente e Governo catalani) istruiva tutti i cittadini residenti in Catalogna su come andavano scritti correttamente in catalano alcuni termini. In quel periodo era in atto una massiccia campagna di "normalització lingüística".

Durante il franchismo era proibito parlare in catalano e così, dopo la morte di Franco, alcuni termini di questa lingua - se non l’intera lingua stessa - non erano conosciuti dalle nuove generazioni. Inoltre, nel frattempo, le nuove tecnologie avevano prodotto nuovi oggetti che non avevano un termine in catalano.

Occorreva "normalizzare" la lingua catalana e quegli enormi cartelloni pubblicitari, solitamente usati dai grandi leader di partito nelle campagna elettorali, avevano proprio questa funzione, oltre che quella di promuoverla.
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Ricordo che una delle prime parole della lingua catalana che - a forza di leggerla per le strade - imparai, fu proprio una di quelle che compariva in questi megacartelloni: cotxe (automobile). All’inizio ero molto sorpreso e stupito da questa iniziativa delle istituzioni catalane.

D’altronde venivo dalla Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo dove mi era stato insegnato che “le lingue non si impongono” (un mantra che spesso viene ripetuto in Italia). Rimasi cinque anni in Spagna e fu così che mi resi conto che programmi di normalizzazione e pianificazione linguistica erano stati attuati anche nei Paesi Baschi e in Galizia.

Da lì a poco il Consiglio d’Europa partorì un trattato (The European Charter for Regional or Minority Languages) firmando il quale gli stati si impegnavano ad attuare una serie di misure per tutelare e promuovere le lingue regionali presenti nel loro territorio; misure del tutto simili a quelle che avevo avuto modo di conoscere in Spagna un decennio prima.

L’Unesco, con l’istituzione della Giornata della Lingua Madre nel 1999 e con la redazione del suo "Red Book" nel 2003 (poi “Atlas”) faceva lo stesso: sensibilizzava gli Stati del mondo a promuovere le lingue regionali e minoritarie per evitare che si potessero estinguere e con esse perdere un patrimonio culturale immateriale che appartiene all’intera Umanità.

Erano i primissimi anni del nuovo secolo; ma di tutto ciò in Italia non arrivava proprio nulla. In questo campo il Bel Paese era molto indietro, proprio una Cenerentola. E continua ad esserlo.

Si pensi che ancora oggi, a 24 anni di distanza dalla firma apposta al trattato europeo prima menzionato, l’Italia non l’ha ancora messo in atto, praticamente unico paese d’Europa.

Così ieri è stata una data storica: nel corso del convegno "Come valorizzare la lingua siciliana? 10 proposte operative" - tenutosi a Palermo nella prestigiosa sede del Parlamento siciliano di Palazzo Reale ed organizzato dall’AUCLIS, una confederazione di 18 associazioni che hanno a cuore la lingua siciliana - abbiamo proposto ai deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana di cambiare approccio alla tematica della tutela e promozione della lingua siciliana.

Non più provvedimenti sporadici e slegati tra essi, che mai potranno invertire il percorso verso la sua estinzione - è già considerata dall’UNESCO "vulnerabile" - quanto, piuttosto, avvalersi proprio di un progetto strutturato di pianificazione e normalizzazione linguistica, affidandosi a esperti del settore, così come si fa da decenni in tutta Europa e nel mondo.

L’Auclis ieri ha presentato 10 proposte operative - la più importante delle quali è proprio quella dell’acquisizione di una pianificazione linguistica - che comprendono anche: l’insegnamento del siciliano nelle scuole in maniera attrattiva (anche, ma non solo, attraverso momenti artistici); sostenere l'uso della lingua siciliana nei media, compresi radio, televisione e stampa (ovviamente con modalità limitate non essendo certamente in discussione l'uso ufficiale della lingua italiana).

E ancora sostenerne l’uso anche su internet e sui social media; promuovere la produzione e la diffusione di contenuti culturali in lingua siciliana (film, documentari, spettacoli teatrali, musica, libri, etc. in siciliano).

Promuovere festival dedicati alla cultura e alla lingua siciliana per promuovere l’immagine della cultura e della lingua siciliana attraverso lo sport.

Sostenere la creazione di riconoscimenti, eventualmente sotto forma di premi o borse di studio, per gli studenti delle scuole e per altre categorie (come ad es. i giovani giornalisti) che si sono distinti in attività inerenti alla lingua e alla cultura siciliana.

La pianificazione linguistica prevede una pianificazione del "Corpus" (lessico, grammatica etc.), dello "Status" (elevandone il prestigio, fino alla possibile ufficializzazione da parte delle istituzioni) e dell’Acquisizione (aumentando il numero dei parlanti).

Le proposte esposte ieri contribuiscono, se effettuate in dosi e nei tempi adeguati, al successo di una pianificazione linguistica. Importante lo sdoganamento dell’uso della lingua di cui si vuole elevare il prestigio sociale, nei mezzi di comunicazione.

Ad esempio, la misura di riservare una certa percentuale, minore, di programmi in lingua siciliana nelle televisioni, contribuirebbe a lungo andare - dopo un periodo necessario per abituarsi - a un miglioramento di status del siciliano.

Anche i giornali potrebbero riservare alcuni - all’inizio anche uno o due – articoli in lingua siciliana. Lo stesso potrebbe accadere, e già in parte accade con spontanee iniziative di alcune associazioni, su internet e nei social media. Esiste già una versione di Telegram (anche se non completa) in lingua siciliana.

Anche Facebook e YouTube riconoscono fra le loro lingue quella della nostra Isola. La consapevolezza dei siciliani in merito all’importanza di preservare e promuovere la loro lingua è in continuo aumento.

Sono sempre più numerosi coloro i quali – magari non sapendolo parlare bene – vorrebbero che i loro figli apprendessero il siciliano. E non sanno come fare. L’unica imposizione linguistica è quella di proibire l’uso di una lingua o, comunque renderne difficile il suo apprendimento. L’insegnamento non è imposizione è cultura.

Oramai il cammino è segnato: il processo di trasformazione in atto in merito alla percezione nei siciliani dell’importanza della lingua dell’Isola porterà nei prossimi anni alla rivitalizzazione della lingua siciliana, con le istituzioni politiche che non vorranno rimanere indietro e, certamente, vorranno fare la loro parte.
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