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Don Marcantonio Alaimo e la tomba scomparsa: Palermo e la Congregazione degli Agonizzanti

La storia ha dimenticato la reale importanza di Marcantonio Alaimo a livello internazionale e anche Palermo ha dimenticato quello che fece per la città durante la peste del '600

  • 1 novembre 2021

Chiesa di Maria SS. degli Agonizzanti

Riprendendo i miei vecchi articoli sulla Congregazione degli Agonizzanti mi sembra doveroso ricordare una data particolare, il 29 ottobre del 1614. Questa data è importante perché in quel giorno il famoso (per gli addetti ai lavori) protomedico Marcantonio Alaimo fonda, nell’oratorio oggi scomparso della Compagnia di San Girolamo attiguo alla Parrocchia di Sant’Antonio Abate (per tutti Ecce Homo), la Congregazione degli Agonizzanti.

Quel giorno si riunirono in nove sotto la guida del Sacerdote Don Vincenzo Di Maria (uomo devotissimo all’Addolorata) e furono esattamente: Don Marcantonio Alaimo, Don Antonino Cicala, Don Rocco Puleio, Giovanni Leonardo Capurro, Don Alfonso Ribba, Don Francesco Ferreri, Giuseppe Clauso, Ludovico Sghemma e Francesco Quaranta tutti segnati nel prezioso albo della Congregazione conservato presso la omonima Chiesa.

Ma chi era Marcantonio Alaimo? Ce ne parla in un articolo Emilio Messana pubblicato nel mese di maggio del 1990. Le fortune di Alaimo si legano indissolubilmente con la situazione gravissima di Palermo nel 1624; la peste colpisce la città e Santa Rosalia fa il miracolo, con l’assistenza ovviamente della manodopera medica dell’epoca, sia ben chiaro!
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Il nostro Marcantonio nasce a Racalmuto il 16 gennaio del 1590 e grazie alla sua mente acuta intraprese gli studi universitari a Messina dirigendo le proprie doti verso la medicina; si laureò a 20 anni e decise di trasferirsi a Palermo per iniziare il lavoro di Medico che lo fece scontrare, nel 1624, con la diffusione della Peste in Città.

Essendo stato nominato “Deputato della Sanità” il nostro Marcantonio diede grande prova di coraggio ed abnegazione a lavoro, girando generosamente la Città e la provincia per dare soccorso agli ammalati ed applicando diversi protocolli medici per la gestione della emergenza sempre sotto la guida di Santa Rosalia, anche perché nel frattempo vennero ritrovate le reliquie in una grotta sul Monte pellegrino.

Da quella terribile esperienza Marcantonio Alaimo, come gli odierni virologi, riuscì a ricavare dei dati essenziali per poter pubblicare il suo massimo lavoro, cioè il testo dal titolo: “Discorso intorno alla preservazione del morbo contagioso e mortale che regna al presente in Palermo e in altre città e terre del regno di Sicilia”. Grazie alla sua bravura e abnegazione il Senato lo proclamò benemerito cittadino palermitano, con tutti gli onori e oneri che ne conseguono, e fu uno dei fondatori dell’Accademia degli Iatrofici di Palermo, ricevendo ben quattro volte la nomina a “principe dei medici”.

La storia ha dimenticato la reale importanza di Marcantonio Alaimo a livello internazione: conosciuto e stimato in tutta Europa, fu chiamato dall’Università di Bologna per dirigere la cattedra di medicina e dal vicerè di Napoli, Henriquez, per essere nominato protomedico del Regno (ovviamente declinò entrambi gli inviti).

Instancabile scrisse diverse opere mediche come il Consultationes pro ulceris syriaci nunc vagantis curatione nel 1632, il Diadection del 1637 che fu una opera innovativa sui farmaci, anticipando di fatto gli studi sulla omeopatia, e per finire il capolavoro “Consigli politico-medici per l’occorrente necessità di peste” dove mise in evidenza la presenza degli “atomi pestiferi” portatori del contagio che si propaga attraverso il contatto o attraverso le via respiratorie.

Marcantonio Alaimo morì a Palermo il 29 agosto 1662 e fu sepolto nella chiesa degli Agonizzanti in cui, un tempo, fu eretto un monumento con annessa epigrafe (oggi non più esistente dopo i lavori di ristrutturazione e abbellimento eseguite nel 1780); la Congregazione, comunque, dopo la riapertura della Cripta ed i continui lavori di recupero e sistemazione della stessa, è alla ricerca della sua tomba attraverso le indicazioni riscontrate nell’antico archivio.

Che dire cari lettori, auguriamo buona caccia alla Congregazione per riportare alla luce un personaggio di primo piano nel seicento e che, al solito, noi cittadini accantoniamo.
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