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Dopo la tragedia di Corleone, il dramma delle famiglie dei disabili: "Noi lasciate sole"

Corleone piange due donne che potevano essere salvate: nell'articolo l'intervista alla fondatrice di "ParlAutismo" e al presidente ANFFAS Sicilia Antonio Costanza

Giulia Ortaggio
Studentessa di Scienze della Comunicazione
  • 15 dicembre 2025

Foto generica di due che si tengono per mano

Giuseppina Milone, 47 anni e sua madre Lucia Pecoraro, 78, vivevano a Corleone sostenute da parenti e volontari locali. La notte tra il 5 e il 6 dicembre una tragedia ha spezzato le loro vite: secondo le prime ricostruzioni, Lucia avrebbe strangolato Giuseppina, per poi togliersi la vita. La famiglia, già segnata dalla perdita del padre Salvatore otto mesi prima, si trovava sola davanti a un sistema che non garantisce supporto adeguato alle persone con disabilità.

Subito dopo la scomparsa del marito, ricordato dalla comunità di Corleone per la sua bontà d’animo, i servizi sociali del Comune si erano attivati per un percorso di assistenza graduale, ricorda il sindaco Walter Rà. Madre e figlia frequentavano la parrocchia di Santa Maria e partecipavano alla vita religiosa. Dopo un recente viaggio a Pompei, Giuseppina era tornata più stanca, con difficoltà ad alzarsi e a camminare, un’ulteriore preoccupazione per la madre.

«Il dato di fatto è che oggi ancora troppo spesso le persone con disabilità e le loro famiglie sono sole - spiega Antonio Costanza, presidente ANFFAS Sicilia -. In Sicilia qualcosa è stato fatto, ma non è ancora sufficiente. Il tema centrale è l'esigibilità dei diritti».

Non basta che una legge esista: deve poter essere applicata e accessibile. L’esigibilità è ciò che rende un diritto reale e non solo teorico, e su questo fronte, spiega Costanza, «il sistema continua a fallire».

I servizi servono a far vivere bene le persone: «Se in una regione mancano i servizi, le persone non possono vivere bene» - aggiunge Costanza -. L'obiettivo è l'inclusione sociale, mettere le persone nelle condizioni di partecipare alla vita».

Dal 2016 è in vigore la legge sul "Durante e Dopo di Noi", che Costanza definisce «di una potenza straordinaria. Offre alle persone con disabilità la possibilità di vivere in casa propria o in nuove soluzioni abitative, evitando l’istituzionalizzazione».

Si basa sull’articolo 19 della Convenzione ONU, che garantisce il diritto di scegliere dove e con chi vivere. «Se correttamente applicata, la legge permetterebbe alle famiglie di costruire un percorso per il futuro dei propri figli, già quando sono ancora in vita. Ma il condizionale resta inevitabile. I distretti socio-sanitari della Sicilia non hanno ben applicato la legge - denuncia Costanza -.

Devono costituire le unità di valutazione multidimensionale, necessarie a costruire per ogni persona un progetto di vita. È lo strumento che unisce persona, famiglia, ASP e comuni. Solo quando nei territori saranno costituite queste unità e si farà il progetto di vita - conclude - potremo dire di aver applicato davvero la legge».

Quest’anno è entrato in vigore il Decreto Legislativo 62/2024, che introduce l’uso normativo dell’espressione "persone con disabilità" al posto di termini ormai superati. «Il cambiamento delle comunità passa anche dal linguaggio», ricorda Costanza. Ma ancora una volta, la legge c’è: manca l’applicazione.

Rosi Pennino, fondatrice di "ParlAutismo", denuncia la mancanza di servizi concreti per le famiglie: «È urgente creare percorsi di supporto efficaci, che partano dal momento in cui arriva la notizia che sconvolge la vita di una famiglia». L’altro grido d’allarme riguarda le famiglie: «Le famiglie si trovano spesso sole ad orientarsi tra servizi e burocrazia - dice Pennino -. Serve un accompagnamento fin dal momento in cui arriva la notizia della disabilità del proprio figlio, con un servizio di emergenza che permetta di chiedere aiuto subito».

Secondo Pennino, in Sicilia il contenitore sociosanitario non funziona come dovrebbe: «Sanità e servizi socioassistenziali non lavorano insieme, e così aumentano le difficoltà per i genitori, tra pratiche e burocrazia». Da non mettere in secondo piano è la questione legata all’autismo e al suo trattamento in Sicilia: «È stata una grandissima storia delle famiglie quella di ottenere fondi dedicati all’interno delle ASP, è una realtà tutta siciliana che è avanti rispetto al resto d’Italia.

Oggi tutte le ASP della Sicilia devono accantonare per obbligo almeno lo 0,3% delle risorse dei propri bilanci per costruire la rete di servizi a supporto delle famiglie e delle persone con autismo - ricorda Pennino -. Ma questa rete fa riferimento ad un piano regionale unitario scritto insieme alle famiglie. Quel piano a un certo punto è iniziato, i primi servizi si sono visti, adesso da troppo tempo si è fermato proprio in quel momento in cui dovevamo pensare alla seconda parte del piano, quella rivolta agli adulti».

In ordine di priorità, conclude Pennino: «Le risposte sono due: subito, realizzare servizi rivolti alle famiglie con un’azione di tutoraggio. La seconda è realizzare un modello di servizi che risponda alle necessità del durante noi. L’unica soluzione che oggi viene messa in campo è ancora l’istituzionalizzazione. Il modello può e deve essere diverso, perché le famiglie vogliono che i propri figli possano restare a casa, accuditi da una rete di servizi».

Giuseppina Milone avrebbe dovuto avere il diritto di esigere un progetto di vita concreto, non solo sulla carta. Avrebbe dovuto avere il diritto di essere supportata, di avere un futuro. E sua madre quello di non essere lasciata sola con un peso insostenibile. Entrambi questi diritti sono stati negati. Corleone piange due donne che potevano e dovevano essere salvate.
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