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È uno dei superstiti di Palermo: l'edilizia (economica) in corso Alberto Amedeo

Un grande edificio che meriterebbe più attenzione di critica così come il suo progettista, vincitore anche del concorso per il nuovo imbocco su via Roma

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 26 luglio 2023

Il palazzo in Corso Alberto Amedeo

Coincide con il 1922 della "marcia su Roma" la fervente attività costruttiva condominiale promossa a Palermo dall’ICP (Istituto Case Popolari).

Impulso costruttivo diffuso tanto nelle aree di risulta del ring delle demolizioni murarie seicentesche prossime al centro storico quanto in aree ben più periferiche in cui sono ancora Ernesto Basile e la sua cerchia di collaboratori ed epigoni più stretti a donare un’aura classicheggiante di matrice modernista alle nuove occasioni progettuali, ancora oggi pietre miliari rispetto alla tipologia di riferimento.

Tutti edifici governati da un grande rigore, animati dal lessico autografo del maestro scevro da orpelli iper decorativi, tutti concorrenti a generare brani urbani di bellezza sociale dell'arte interamente proiettata su strada.

È il caso del voluminoso corpo lineare dell’edificio a sei piani fuori terra realizzato da Giuseppe Capitò su corso Alberto Amedeo nel 1923 in prossimità dell'attuale Mercato delle pulci, nella "allora" piazza Domenico Peranni, tra i primi edifici "sovvenzionati" ad essere realizzati in città.
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Un volume quasi simmetrico dominato dalla altana centrale che mima le proprietà tipicamente di raduno visivo delle torri basiliane, in cui ampio spazio è dato al ruolo percettivo e funzionale delle logge e in cui fanno capolino per le parti "ferrose" girali tardo-liberty e ampio uso dei marker parallelepipedi tipici della poetica basiliana.

Un edificio restituito nel rapporto dialettico della patina bicroma bianco-ocra dal recente restauro e in cui è di nuovo possibile ammirare la pienezza delle armonie delle partiture di intonaco esemplate nel piano d’attacco a terra con le tipiche fasce orizzontali poi piegate lungo la sequenza ritmata di fornici alle geometrie tipicamente arcuate.

Un edificio di grande mestiere che meriterebbe maggiore attenzione di critica così come il suo progettista, vincitore proprio in quegli stessi anni del concorso per il nuovo imbocco monumentale a principio della via Roma.
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