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Era a luci rosse, ci hanno messo una chiesa: oggi è una delle piazze più belle di Palermo

Per "disperdere" le pecorelle smarrite, i frati decisero di costruire una chiesa e un convento al posto delle case d'appuntamento. Vi portiamo indietro al 1470

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 23 novembre 2022

Piazza San Domenico

Roba da non credere, là dove vi erano numerose case d'appuntamento un giorno dei frati decisero di collocarvi una chiesa e un convento per "disperdere", piuttosto che cercare, le pecorelle smarrite.

A Palermo le piazze in senso moderno, cioè gli slarghi, venivano dette "piani" e nello scenario urbano di questa città iniziano a comparire intorno alla seconda metà del XV secolo.

L'attuale piazza San Domenico affonda le sue radici intorno al 1470, così come narra Pietro Ranzano: «Per mia ancora grandi solicitudini fatiga et industria et inventioni, intro spatio di jorni non più di sessanta, fu incomenczato et finito quillo bello et ornatissimo plano chi ej innanti la porta grandi di la ecclesia preditta di sancto Dominico».

Ovviamente non aveva l'aspetto che noi tutti conosciamo. Buona parte di questa originaria piazza fu inglobata all'interno dell'attuale chiesa di San Domenico, mentre per realizzare la piazza odierna fu necessario abbattere numerose costruzioni, tra le quali vi erano diversi postriboli.
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Ciò si può dedurre da quanto riportato dal barone Raffaele Starrabba nel suo articolo "Appunti per una storia della prostituzione in Sicilia".

Il barone nel suo studio trascrive una parte degli atti notarli secondo i quali alcuni privati appigionarono delle case a certe meretrici nel quartiere della Conceria, successivamente egli scrive: «In un lato della piazza di San Domenico, esistettero fin dai tempi dei nostri non molto lontani, delle case di prostituzione».

Sebbene già a suo tempo fosse una consuetudine riconosciuta dalla società palermitana, un paio di secoli dopo la costruzione della originaria piazza di San Domenico i frati domenicani non poterono più chiudere gli occhi davanti a quei luoghi di "perdizione", perciò, acquistate numerose di quelle case ne decretarono la demolizione per ingrandire sia la chiesa di San Domenico che la piazza.

«Quando nel 1640 l'architetto domenicano Andrea Cerincione ingrandì la seconda chiesa di San Domenico costruita nel 1457 dall'architetto domenicano Salvo Cassetta, lì dove Simone di Bologna un anno prima aveva posto la prima pietra e quando nel 1724 furono iniziate le nuove opere per l'apertura della nuova piazza al fine di impiantarvi la famosa colonna dell'Immacolata, furono distrutte molte di queste case innominabili dal lato occidentale della antica chiesa; sicché i padri di San Domenico non fecero solo un'opera di rinnovamento edilizio, ma intrapresero e compirono un'opera di risanamento morale».

Si tratta di un vano tentativo di “damnatio memoriae” che i frati non riuscirono a compiere del tutto, in quanto si conservano ancora perfino i nomi di alcune delle meretrici del tempo: Lucrezia de Sapienza, Fiore di Messina, Ganga di Manfredo ecc.

Il tentativo potrebbe avere delle “giustificazioni” tra le note cause della peste del 1575, la quale, secondo le cronache, si sarebbe generata nel quartiere di San Domenico dove «era morta una donna che aveva avuto rapporti con tal Vincenzo Lo Leante, capitano di un brigantino che proveniva dalla Barbaria, carico di tappeti ed altri oggetti di lana».

La storia non può avere giudizi morali, deve narrare quanto è accaduto. A noi non importa quale mestiere facessero queste donne, ciò che conta è che sono esistite e che abitavano nel piano di San Domenico. Nel corso del tempo il medesimo piano prenderà il nome di piazza Imperiale.

Il progetto della piazza come la vediamo oggi risale ad un frate domenicano, certo «Tommaso M. Napoli, che fu uno dei maggiori architetti siciliani del periodo barocco.

Il Napoli si era recato per ben due volte a Vienna per chiedere all'imperatore Carlo VI, sotto cui la Sicilia era passata nel 1720, l'autorizzazione e contributi per demolire vecchie case antistanti la chiesa, consistenti in taverne, fondachi e postriboli come risulta da vari documenti, e creare al loro posto una piazza con al centro una colonna sormontata dalla Madonna del Rosario.

Carlo VI approvò il progetto ed in suo onore la piazza prese il nome di “Imperiale”, però volle che, invece della Madonna del Rosario, sopra la colonna fosse collocata la statua dell'Immacolata».

In una nota della sua guida Maria Mimma Gambino prosegue dicendo che la richiesta dell'Imperatore «derivava dal desiderio di essere ripagato dal torto subito dalle truppe spagnole che, entrate a Barcellona, avevano abbattuto il monumento alla Madonna che egli aveva fatto erigere nella piazza principale di quella città».

Ovviamente davanti alle richieste dell'imperatore Carlo VI, che aveva approvato e finanziato il progetto, i frati non poterono far altro che accettare la variazione da lui sottolineata e così Giovan Battista Ragusa eseguì in bronzo la statua dell'Immacolata Concezione e altre due statue: una che rappresentava l'imperatore stesso, l'altra rappresentava la di lui moglie Cristina di Brunswick.

Esse furono collocate al centro della piazza ed erano parte integrante del teatro marmoreo insieme a quelle di marmo rappresentanti quattro angeli, uno realizzato dallo stesso Ragusa, gli altri sono opera di Giacomo e Vincenzo Vitagliano e Giuseppe Marino.

«Nel 1750 le due statue imperiali austriache furono fuse e sostituite con quelle dei nuovi reali, Carlo III e Maria Amalia Walpurga, che Procopio Serpotta eseguì su disegni di Gaspare Serenario».

Le medesime statue furono fuse durante i moti del 1848 per costruire cannoni su decisione del Parlamento siciliano e nel 1954 furono sostituite con quelle dei papi Pio IX e Pio XII, opere dello scultore Filippo Sgarlata.

Da questo momento l'8 dicembre di ogni anno grazie all'intervento dei vigili del fuoco la città omaggia con una corona floreale la statua dell'Immacolata Concezione posta in alto sulla colonna. Accanto alla chiesa di San Domenico vi era il convento di San Domenico, oggi Museo e sede della Società siciliana di storia patria.

Sempre nella piazza un tempo vi erano due sontuosi edifici: Palazzo Monteleone (il Palazzo Ponteleone del Gattopardo) non più esistente e Palazzo Montalbano, in parte ancora esistente.

A sentenziare la demolizione di Palazzo Monteleone, che per un breve periodo ospitò una delle pochissime scuole pubbliche del tempo, ovvero l'Istituto Mamiani, e di parte di Palazzo Montalbano fu la realizzazione della via Roma.

«Il palazzo Montalbano restò in piedi per metà: alla sua parte restante vennero in seguito addossati edifici prospicienti sulla via Roma che, recentemente, sono stati demoliti per la costruzione del nuovo complesso Upim» e che oggi si ritrovano nell'odierna Rinascente.

Di fronte alla chiesa di San Domenico tra il 1905 e il 1909 nell'area del palazzo Monteleone fu costruito il “baroccheggiante” Palazzo Paternò su progetto dell'architetto A. Zanca, il quale cercò di attenersi ai dettami della piazza.

Infine non posso non citare che a man sinistra della chiesa di San Domenico vi è uno degli ingressi del mercato storico della Vucciria, dove un tempo si faceva tanta confusione, dove insomma c'era "burdiellu".

(Per approfondimenti sul tema confronta Palermo Felicissima di Nino Basile Vol.III pp. 299 e seg; Dietro le quinte del teatro del sole di Maria Mimma Gambino pp. 132 e seg; Cercare Palermo di Rosario La Duca; R. La Duca Alla scoperta della tua città Palermo ieri e oggi pag. 71; Archivio storico siciliano Vol. I pagg. 468 e seg.)
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