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Folklore e pietà popolare nella Settimana Santa: il borgo di Ferla, la Sciaccariata e "u scontru"

Vi portiamo nel cuore degli Iblei siracusani, a metà strada tra Sortino e Buccheri. Poco più di 2000 abitanti di un territorio pregno di storia, cultura e tradizioni

  • 12 aprile 2022

Un momento della processione nel borgo di Ferla per la Settimana Santa (foto di Marco Garro)

I borghi sono i veri custodi dell’identità isolana e se c’è un periodo ideale per respirarla appieno è quello della settimana santa quando gli abitanti rivivono riti che si tramandano intatti, sempre uguali da generazioni.

Hanno attraversato epoche senza farsi contaminare dalla modernità. Folklore e pietà popolare si mescolano alle sacre liturgie mantenendo quell’autenticità che si può leggere nei volti dei protagonisti, i residenti e i tanti emigrati che, quando possono, scelgono di tornare in paese in occasione di riti collettivi come le feste popolari. La nostalgia infatti si placa meglio se è condivisa, non solo con i familiari, ma con l’intera comunità.

C’è da giurare che la Pasqua del 2022 sarà molto sentita perché torna dopo due anni di pausa causati dalla pandemia che ha messo in quarantena soprattutto la socialità e il carattere dei siciliani ne ha risentito particolarmente.
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Non c’è centro abitato in Sicilia che non celebri i riti della Settimana Santa, ognuno con la sua originalità.

In provincia di Siracusa meritano sicuramente di essere raccontati quelli del borgo barocco di Ferla, un piccolo centro agricolo collinare che sorge nel cuore degli Iblei siracusani, a metà strada tra Sortino e Buccheri. Poco più di 2000 abitanti di un territorio pregno di storia, cultura e tradizioni. Entrato a pieno merito nel club dei Borghi più belli d’Italia è diventato negli ultimi anni un modello di comune virtuoso che ha saputo valorizzare al meglio il patrimonio storico-naturalistico. Ferla è infatti incastonato tra il bosco di Giarranauti, la necropoli di Pantalica e il fiume Anapo, luoghi che non necessitano di ulteriori presentazioni.

Il suo risveglio è iniziato una decina di anni oro sono con Ferula - Festival delle discipline olistiche, che ha aperto una vetrina sul territorio coniugando sessioni di yoga, workshop sulle erbe spontanee e laboratori di riciclo creativo con la promozione del territorio e dei prodotti locali. Da allora è costante meta di visitatori e turisti che vengono a trascorrere le vacanze in una delle tante aziende agrituristiche nei dintorni della Riserva Naturale di Valle dell’Anapo.

La settimana santa è il periodo ideale per visitare Ferla e farsi coinvolgere nella celebrazione dei riti pasquali che hanno il loro apice nella Sciaccariata, che si svolge la notte tra il sabato e la domenica.

I riti iniziano il giovedì quando la liturgia dell’ultima cena viene preparata con l’allestimento dei sepolcri, altarini della deposizione adornati con i germogli del frumento. In tarda serata si tiene la processione de U Signuri a Culonna, il Cristo flagellato della liturgia sacra, l’Ecce homo.

Il venerdì i due momenti più forti sono la predica delle sette parole, che ripercorre gli ultimi istanti di vita di Gesù e culmina con a scisa a cruci, e la processione con u Signuri a cascia, quando il Cristo morto viene portato in giro per il paese con lo stesso trasporto e la stessa intensità che si ha per la perdita di un familiare. Solitamente alla processione del venerdì santo in Sicilia segue un giorno di silenzio in attesa della Risurrezione.

A Ferla invece i riti del sabato sera sono quelli più sentiti. Dopo la veglia pasquale la statua della Beddamatri vestita a lutto viene portata in giro per le vie del borgo alla ricerca del figlio. La processione termina poco prima della mezzanotte con Maria che entra in chiesa addolorata per non aver trovato il figlio. Allo scoccare della mezzanotte, le campane risuonano a festa, finalmente slegate a conclusione dei tre giorni di lutto, e il Cristo risorto esce dalla chiesa del Carmine, nel punto più basso del paese. La statua attraversa di corsa la via principale, tutta in salita, quasi a voler rappresentare la risalita dagli abissi della morte.

Questo tragitto è accompagnato dalle sciaccare, torce artigianali realizzate con la liama, una pianta erbacea che in passato veniva utilizzata per legare le piante, realizzare le corde e attrezzi da lavoro. Centinaia di grandi sciaccare accese, mentre tutto il paese è al buio, si aprono in due ali di fuoco e fanno luce al Cristo risorto fino alla chiesa più alta del paese.

In pochissimi minuti si consuma un rito atteso un anno intero e preparato con grande cura per settimane. La festa è appena iniziata, il lutto si tramuta in gioia per tutti, la paura lascia il posto alla speranza. Si va avanti fino all’alba con a utata da campana uno scampanio notturno ininterrotto mentre si alternano giochi pirotecnici, degustazioni di ricotta calda e prodotti tipici tutto accompagnato da musica dal vivo.

La domenica mattina si compirà l’ultimo atto, U scontru, quando finalmente, nel corso principale, la statua del Cristo si ricongiungerà con quella della madre che nel frattempo avrà continuato a cercarlo facendo U giru de setti vaneddi, cioè il giro dei vicoli del paese. Le due statue insieme saranno scortate in trionfo per il paese.

Sono migliaia i visitatori che ogni anno affollano Ferla in particolare nella notte della sciaccariata; che si sia atei o credenti, siciliani o forestieri, ferlesi o no, difficilmente si riesce a rimanere indifferenti davanti a riti collettivi come questo che scandiscono il ritmo degli anni, rinnovandosi sempre uguali a sé stessi, e mantenendo vivo il nostro patrimonio culturale immateriale.
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