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Gli obelischi di Palermo: ci raccontano la (vera) storia tra iscrizioni, date e stemmi

Tendiamo a ignorarli, passando accanto a questi monumenti senza domandarci perché si trovino li: disseminati nella città storica, gli obelischi sono la memoria di gesta e volti

  • 15 agosto 2019

L'obelisco di piazza Tredici Vittime a Palermo

Esistono a Palermo alcuni obelischi storicamente importanti che non sono tenuti in considerazione dai passanti. Questi monumenti marmorei, simili nella struttura, furono costruiti verso la fine del XVIII secolo a ricordo di episodi storici che riguardarono la città.

Uno di questi si trova nella piazza San’Erasmo, di fronte al porticciolo omonimo, e fu collocato sul luogo nell’agosto 1782 in occasione dell’apertura al transito delle strade pubbliche che conducevano ad Agrigento, Sciacca, Siracusa, Licata e Catania. L’obelisco ha tre quadroni di marmo nei quali sono scolpite le armi reali dei Borboni, lo stemma del regno di Sicilia e l’emblema della Trinacria.

Nel quarto gradone, è incisa una iscrizione commemorativa dettata da Gabriello Lancillotto Castelli, principe di Torremuzza, che contiene il nome del Re, quelli del Pretore e dei Senatori in carica.

Un secondo obelisco, eretto nel 1784, è posto all’inizio di via Lincoln, stilisticamente molto simile al primo: diversi sono gli stemmi e l’iscrizione. Vi si scorgono le armi reali, quelle del Vicerè Caracciolo e del Pretore principe di Partanna di casa Grifeo. Fu eretto a ricordo della demolizione del Bastione di Vega ed all’apertura della nuova strada d’Alcalà (Stradone Sant’Antonino, oggi Via Lincoln).
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Questo obelisco era denominato, a causa della sua forma, "a punta a vugghia" (la punta dello spillo): il luogo in cui si trova, fra la fine dell'Ottocento ed il 1950, fu punto d’incontro di centinaia di carrettieri e produttori agricoli provenienti dalla provincia, in particolar modo da Bagheria. All'alba, si davano appuntamento sul luogo: "Nnì viremu ‘a punta a vugghia" (Ci vediamo alla punta dello spillo), per le contrattazioni e relazioni commerciali. Era un raduno spontaneo e la sera vi si incontravano i carrettieri che dalla città, disciplinatamente in colonna, per poi prendere la via del ritorno.

Un altro obelisco si trova in piazza Indipendenza. Questo è strutturalmente diverso, in stile neoclassico, fu costruito nel XIX secolo. Nei quattro lati, (una del 1826, l’altra del 1828), sono riportate le distanze in miglia (1 miglio equivale a 1486,64 metri) ed in passi (1 passo equivale a 51, 62 centimetri) di “misura sicula”, intercorrenti tra i centri abitati posti lungo le strade che conducevano a Trapani ed a Corleone.

Nella prima targa, sono indicate le distanze parziali tra Palermo, Monreale, Borgetto, Partinico, Valguarnera Ragali (oggi è un villaggio abbandonato), Alcamo, Calatafimi e Trapani. Nella seconda targa la distanza tra Palermo, Parco (Altofonte), Piana dei Greci, Quadrivio della Ficuzza, Corleone. Era un modo per informare chi si accingeva a raggiungere queste località.

Altri due obelischi più piccoli furono posti in piazza Cappuccini a ricordo dell’apertura della via "Albuquerque" (oggi via Pindemonte), in onore del Vicerè duca di Albuquerque che nel 1631 la fece costruire per collegare lo Stradone di Mezzo Morreale (corso Calatafimi) alla chiesa e convento dei Cappuccini. Di questi, soltanto uno si può ancora ammirare ma è in pessime condizioni e la scritta non è più visibile.

Un altro obelisco, si trova nella piazza delle Tredici Vittime. Questo è più imponete rispetto a quelli citati. Fu realizzato dallo scultore Salvatore Valenti, ed è dedicato alle 13 vittime della Rivolta della Gancia.

Il 4 aprile 1883, nella piazza XIII vittime, il Municipio di Palermo, a ricordo dell’eccidio avvenuto il 14 aprile 1860, innalzò una stele a ricordo di quei martiri della libertà. Originariamente fu collocato in un posto poco distante da quello odierno. Durante i bombardamenti del 1943, tutta la zona fu rasa al suolo ma quasi per miracolo questo monumento non subì danni.

Nel 1952 il monumento fu spostato. Nel Maggio 1960, in occasione delle "Celebrazioni Siciliane dell’Unità" fu incisa nell’originario basamento questa epigrafe: LA GLORIA DEI MARTIRI DA QUESTA STELE CELEBRATA / NEL CINQUANTENNIO DEL SACRIFICIO / IL GOVERNO REGGIONALE RAVVIVA E RICONSACRA/ A CENTO ANNI DALL’ECCIDIO/ CHE MUTAVA LE VITTIME IN EROI.

Naturalmente il termine "cinquantennio" è errato, così come "reggionale". Ancora oggi, la targa non è stata corretta.

Un ultima considerazione: le note storiche scritte nelle targhe, a causa dell’incuria degli organi competenti, oggi non sono più evidenti.
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