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Guardiamoci intorno quando andiamo a Mondello: un percorso tra le ville Liberty

I nomi dei villini modernisti di Mondello sono tutti nomi di donne e la loro imponente bellezza rende famosa la borgata di Palermo: se diventasse patrimonio Unesco?

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 23 maggio 2018

Villa Gregorietti, finita di costruire nel 1929

La borgata balneare di Mondello è donna e nella costruzione romantica di questo mito della belle epoque, sono gli allievi della scuola di Ernesto Basile a disegnarne il nuovo volto e su tutti impera lui, Salvatore Caronia Roberti (1887-1970).

Clelia, Fernanda, Franca, Jole, Luisa, Teresa, Ida, Tecla, Maria Teresa, quando non sono i cognomi altisonanti del sistema della ricca borghesia palermitana di primo Novecento, i nomi dedicati dei villini modernisti sono tutti nomi di donne e costruiscono l'immagine estetica Art nouveau della città giardino voluta dalla società italo-belga nel pantano bonificato di Mondello dove per prima cosa arrivano le opere di urbanizzazione con la tramways de Palerme.

Sono Antonino Lo Bianco (1870-1946), Pietro Scibilia (1889-1971), Giuseppe Vittorio Ugo (1897-1987), lo stesso Ernesto Basile (1857-1932) e dunque Caronia Roberti l'architetto della impresa di costruzione Rutelli, gli artefici della costruzione di quasi tutta questa bellezza imponente e diffusa.
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Ma c'è di più in questo brano di città progettata dai progettisti, voluta da una classe politica lungimirante, costruita da una borghesia amante della bellezza integrata ai necessari guadagni imprenditoriali ed è nel percorrere ancora oggi la via d'accesso al mare del viale Regina Margherita.

In questo itinerario floreale, dal villino Clelia al villino Franca, passando per i Villini Fragoletta-Arrivas, Sofia, Fernanda, Luisa,Tecla, Jole in questa ideale retta Caroniana fino a raggiungere il basiliano villino realizzato nel 1924 per il pittore Salvatore Gregorietti, assistiamo ad un costrutto di bellezza che idealmente ci permette di immaginare attraverso un colossale impatto visivo, ciò che abbiamo perso in termini di ricchezza urbana col sacco edilizio perpetrato tra le vie Libertà e Notarbartolo in poco più di un ventennio di barbarie del dominio di uno scadente cemento armato condominiale.

Se opportunamente riqualificati fossero i viali pedonali e la cura del dettaglio dell'arredo urbano fosse ancora una volta affidata al talento dei migliori progettisti e designer, Mondello potrebbe aspirare a divenire nuovo tassello Unesco di matrice floreale così come la si pensò a principio del secolo scorso, sede di una vera e propria gara tra raffinati progettisti non sempre e solo liberty.

Luigi e Nicolò Mineo, Paolo Bonci, Lucien Francois e Rudolf Stualcker con le loro realizzazioni fuori dal gusto basiliano, completano un interessante quadro di stili architettonici armonizzati attraverso la tipologia del villino e del giardino inteso come vero e proprio elemento di sostenibilità ambientale che al netto delle selvagge decapitazioni degli alberi degli ultimi giorni e che è auspicabile si fermino subito, restituiscono ancora un'immagine di bellezza integrata al paesaggio malgrado l'urbanizzazione barbara e fuori controllo abbia saccheggiato un pò ovunque le aree un tempo libere.

Mondello né ha davvero bisogno se né vogliamo conservare la bellezza ed il monito per le generazioni future. Emblema di questa decadenza che come un morbo divampa ormai ovunque, è l'imbarazzante destino a cui sembra non aver scampo il villino che nel 1910 progetta e realizza Ernesto per il pittore Rocco Lentini che del villino in via Alvise realizza le sublimi decorazioni floreali dei prospetti che cadono a pezzi sotto gli occhi silenti di tutti.

Già, perché la bellezza, come diceva Ezra Pound, è difficile! Difficile da costruire, difficile da mantenere, difficile da trasmettere con una classe politica che non comprende ancora quanto il nostro "Oro culturale" sia costruito dalla bellezza a noi giunta dal passato e che se non verrà valorizzata come necessario attrattore turistico, si andrà via via sfarinando come gli intonaci dai rossi accessi che Lentini volle per se a lui intorno.

Una nota positiva però sento di doverla lanciare. Con buona approssimazione, per uno studio che sto compiendo insieme ai colleghi architetti Ferdinando Scalia e Giulia Argiroffi, ci siamo resi conto che quasi tutti i villini sono strutture in cemento armato, a noi giunte in straordinario stato di conservazione, su cui è calata una pelle di intonaco probabilmente Li Vigni o simile, che intarsia attraverso l'abaco delle soluzioni stilistiche del grande maestro Art nouveau, le facciate dei prospetti arricchite dai ferri battuti e decorate negli interni dal cenacolo di artisti del calibro di Bevilacqua, Gregorietti, Lentini, Ducrot.

Ecco la grandezza dell'effettoBasile che si sublima nel lavoro degli allievi costruttori di quella bellezza imparata tra i banchi dell'università e dell'Accademia e che ci parla della grandezza del maestro per continuità con queste opere che dimostrano l'assoluta vittoria di un metodo progettuale che fa dell'opera d'arte integrale della macchina da abitare l'anima di un discorso intellettuale che comincia a principio dell'Ottocento con la casina Cinese ed il suo capostipite l'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia e che governerà il fare della scuola di Palermo fino all'ultimo periodo bellico.

Mondello diventi allora patrimonio Unesco, ce lo meritiamo: non troverete altro brano così compatto e diffuso di bellezza floreale progettata in nessuna parte d'Europa.
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