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Il (maestoso) dongione che svetta sul piccolo borgo: costruito dal primo "conte" di Sicilia

Si tratta degli unici resti della fortezza normanna, ricordato come uno dei monumenti più importanti del versante siculo-orientale dell'isola. Ecco la sua storia

Livio Grasso
Archeologo
  • 27 novembre 2022

Motta Sant'Anastasia

Piccolo borgo di incantevole bellezza, Motta Sant’Anastasia rappresenta uno dei simboli più ragguardevoli del territorio etneo. Sin dal periodo di Dioniso, tiranno di Siracusa, Motta fu una delle principali postazioni di avvistamento della Sicilia orientale.

Sulla base di quanto tramandato, tale funzione si consolidò ulteriormente anche sotto le successive invasioni romane, arabe e normanne. Ad ogni modo,per chi non lo sapesse, proprio qui si trova un “dongione” risalente al periodo della dominazione normanna in Sicilia.

Annoverato tra i monumenti più maestosi del versante siculo-orientale, esso custodisce una storia degna di memoria e menzione. Prestando fede alle notizie rilasciate da parte degli accademici, il complesso edilizio si configura come il più piccolo dei tre torrioni edificati lungo la Valle del Simeto.

Impostato su una balza rocciosa lavica, secondo le fonti storiche, fu costruito tra il 1070 ed il 1074 su iniziativa del Gran Conte Ruggero il Normanno. Come ben si saprà quest’ultimo, figlio di Tancredi d’Altavilla e fratello di Roberto il Guiscardo, fu il conquistatore e il primo "Conte" di Sicilia.
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L’odierna torre, a quanto pare, faceva parte di una grande fortificazione della quale non è rimasta alcuna traccia. Tuttavia, mediante una preziosa testimonianza pervenuta da parte di un certo Gustavo Chiesi, famoso scrittore vissuto a cavallo tra il XIX secolo e gli inizi del XX secolo, è possibile farsi un’idea sull’originaria struttura.

Lo studioso, infatti, in uno dei suoi appunti riportava che a Motta Sant’Anastasia esisteva un castello svettante su una roccia di lava prismatica a 250 metri dal livello del mare. Oltre a ciò, dichiarava pure che la sua forma parallelepipeda ricordava molto il “Palazzo della Cuba” di Palermo.

Per di più alcuni storici del territorio suppongono che, ancor prima del poderoso “castro” di Ruggero, il medesimo sito era occupato da un antico edificio arabo. Probabilmente, almeno così si crede, si trattava dell’unica fortezza posta a Oriente di Catania. Questa zona territoriale, non a caso, offriva l’enorme vantaggio di un’ampia veduta su buona parte della Piana catanese e, al contempo, sul versante meridionale dell’Etna. Essa, dunque, non era altro che una vera e propria base strategica posta a presidio del capoluogo etneo.

Ritornando al fatidico dongione di Ruggero, ciò che più risalta all’occhio è la poderosa conformazione a pianta rettangolare. Articolata su tre livelli, ogni ambiente interno era destinato ad una funzione prettamente difensiva. Il pianterreno, per esempio, oltre all’ alloggio militare sfoggia pure una serie di feritoie che, a loro volta, furono realizzate per potenziare ulteriormente la difesa dell’intera roccaforte.

Il primo piano, di converso, ospitava la stanza della milizia preposta alla comando della guarnigione. Da qui, attraverso una scalinata, si accede ad un’altra sala che conduce al cospetto di una pregevole arcata a tutto sesto. Quest’ultima, inoltre, risulta essere impostata su mensole.

Il terrazzo, invece, è composto da sette merli per i lati lunghi e due per quelli corti. Suscita particolare curiosità anche la presenza di alcuni resti edilizi intorno alla torre che, con molta probabilità, erano inglobati nella cinta muraria.

Diverse ricognizioni archeologiche hanno pure comprovato che, all’interno di quest’area, erano dislocati numerosi edifici i cui ruderi, almeno in parte, rimasero visibili fino agli inizi del XX secolo.
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