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Il Maestro (senza nome) del Capo: il pittore "alla Guilla" di Palermo rimane un mistero

Si sa poco o quasi nulla di questo elegante ed esperto pittore che dava alle sue opere ''calde tonalità” e di cui si apprezza in particolar modo lo studio ricercato del nudo

  • 30 dicembre 2020

La Dea Palermo, città mediterranea di infinite bellezze artistiche e stilistiche, che ha saputo attirare e far innamorare diversi popoli e culture, riusciva a radunare nel suo talamo nuziale artisti e artigiani che ne hanno esaltato la indefinita bellezza.

Ella, come una mantide dopo l'amplesso amoroso, e dopo aver soddisfatto la sua brama di bellezza narcisistica, ne fagocitava il ricordo, creando così le premesse della bellezza eterna destinando quasi all'esilio gli autori di tali opere ed architettando, di fatto, il velo del mistero.

Da questa premessa parte la ricerca del presente articolo dedicato ad un artista non identificato e denominato convenzionalmente il ''Maestro di San Giovanni alla Guilla'' e che prende spunto dal lavoro del ricercatore ed esperto d'arte V. Abbate.

Tutto parte dalla vivacità artistica ed intellettuale della città a cavallo tra il '500 e '600, stimolata anche dalla presenza delle ''Nazioni Estere'' ed in particolar modo di quella Genovese che contribuì in maniera decisiva alla fama della città importando i migliori artisti dell'epoca o le loro opere (Van Dyck, Stomer, Caravaggio, etc.) e che, di conseguenza, influenzarono gli artisti nostrani tra cui il nostro Piero Novelli.
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Uno di questi artisti fagocitati è, per l'appunto, il "Maestro di San Giovanni alla Guilla", probabilmente dalle origini Genovesi e che iniziò a lavorare a Palermo nella Chiesa di Santo Stefano Protomartire che si trova alla "Guilla" nel quartiere del Capo.

Si sa poco o quasi nulla di questo elegante ed esperto pittore che dava alle sue opere ''calde tonalità” ed anche "nelle materie dense, negli schemi compositivi, nelle ardite costruzioni diagonali'' un misto di sapiente conoscenza sia delle trame Caravaggesche che di quelle Genovesi con influenze fiamminghe.

L'opera più interessante nonché il suo capolavoro assoluto, oggi custodito nei depositi di Palazzo Abatellis, è sicuramente il San Giovanni Battista che fu all'epoca la Pala d'altare della Commenda dei Cavalieri di Malta a Palermo, la quale faceva parte del gran Priorato di Messina.

Ma in verità l'opera iniziale di questo artista e per cui fu conosciuto è la Pala che realizzò per la Chiesa di Santo Stefano protomartire e che raffigura ''Santo Stefano che guarisce gli infermi'', conservato presso il Museo Diocesano. Di questo artista sconosciuto si apprezza in particolar modo lo studio ricercato del nudo e degli effetti della luce sul corpo umano che esaltano ancor di più la resa naturalistica dei soggetti.

Ma il suo punto di forza, che ne attestava le grandi qualità tecniche, fu l'utilizzo di un proprio codice compositivo ed un uso sistematico di alcuni stilemi come: i calzoni a vista, le maniche larghe del ''Gippone'', le calze scivolate sotto il polpaccio, etc. che rendono le opere uniche nel suo genere.

Altro elemento chiave della sua opera era l'incurvamento delle figure, come rappresentato nei quadri dei ''5 sensi'' di Palazzo D'Orleans che sono poste come sovrapporte all'interno del palazzo o come nella ''Coronazione di spine'' che si trova nell'Oratorio del SS. Rosario in San Domenico.

Le fonti di archivio, nel riportare notizie sulle opere, tacciono stranamente sul nome dell'artista, il che è davvero strano in una epoca in cui si annotavano qualsiasi tipo di informazioni nella stipula degli atti notarili.

Sicuramente, però, dobbiamo riportare la committenza delle opere al mondo Genovese, poiché molte Pale sono state realizzate per le Chiese, Congregazioni e Compagnie di questa nazione o che comunque abbiano avuto collegamenti o subito la loro influenza, come per esempio Sant'Ignazio all'Olivella, l'Oratorio del Rosario in San Domenico e Santo Stefano.

Altra particolarità dell'artista era l'utilizzo di ampi scenari naturalistici (la macchia, l'albero e il nudo tronco) e lo sfondo di un cielo quasi sereno ma con nubi all'orizzonte nonché l'utilizzo di una tavolozza di colori caldi (ocra, bruni, giallo senape) con formidabili variazioni di colore che variano sugli arancioni.

Un artista, pertanto, che l'Abbate definisce di grande forza e che sa utilizzare gli effetti di luce con una predilezione particolare verso i chiaroscuri. Probabilmente l'artista rientra nel giro del commerciante d'arte De Wael che si occupava dei contatti con i collezionisti e commercianti Genovesi residenti in città e degli artisti fiamminghi presenti a Palermo nel '600, tra cui il mercante Della Torre o il pittore fiammingo Geronimo Gerardi.

Traccia fondamentale per definire l'artista sconosciuto, secondo il mio modesto parere, è rappresentata dalla committenza del quadro per la Commenda di San Giovanni alla Guilla, poiché tra i suoi aderenti vi era quel famoso Giovan Battista Schittino, il quale il 14 Giugno 1628 aveva fondato all'interno della Chiesa di San Giovanni alla Guilla la ''Commenda sotto il titolo di Santo Stefano sub vocabulo di Schittino'' e che oltretutto, come attestato dagli atti presso l'Archivio di Stato di Palermo, era anche Confrate presso la ''Societatis Sancte Marie de Rosario S.ti Dominici sub titolo saccorum'' e che si obbligò entro sei mesi ed a sue spese a creare una cappella dedicata a Santo Stefano all'interno della chiesa di San Giovanni alla Guilla.

Si spera che nel tempo si trovino negli atti di archivio i riferimenti giusti per dare un nome a questo grande artista, poco valorizzato per la verità, e che fu scelto tra i più pregiati pittori dell'epoca per l'inaugurazione della mostra presso Palazzo Steri, alla presenza di Sgarbi, esponendo la magnifica tela raffigurante il "Martirio di San Sebastiano".

La domanda che ci poniamo un po' tutti è che, come sostiene l'Abbate, il Maestro di San Giovanni alla Guilla possa essere identificato in Nicolò Lo Franzese; la risposta la può dare solamente la Dea Palermo con la speranza che rigurgiti dal suo ventre il nome del suo amante, in modo tale che la Città possa riscoprire finalmente un grande e misterioso artista che ha lasciato opere intense, estremamente espressive e di una bellezza disarmante.
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