Il primo museo delle cere è nato in Sicilia nel '700: il grido d'aiuto per non farlo chiudere
Un luogo che ospita una collezione dall'alto valore demo-etno-antropologico e artistico con vincoli della sovrintendenza con pezzi rarissimi e molto ricercati è a rischio chiusura
Una collezione dall'alto valore demo-etno-antropologico e artistico con vincoli della sovrintendenza e anche ministeriali, con giocattoli rarissimi e molto ricercati, in totale sono circa 1800 pezzi che comprendono anche un organo napoleonico che veniva portato in giro per Parigi per fare divertire i bambini ai tempi di Napoleone e un intero set di stovigliette di terracotta che erano il corredino funerario di una bambina morta nel secondo secolo a.c..
Il Museo che da quattro anni e mezzo si trova in questo bene storico restaurato con fondi europei (prima la collezione era ospitata a Palermo in via Bandiera e poi a villa Cutò a Bagheria), è di proprietà del comune che dovrebbe garantirne la manutenzione ordinaria, cosa che, a quanto pare, manca:
«Non c'è la manutenzione e ci sono diverse infiltrazioni d'acqua - racconta Piraino - gli impianti elettrici non sono impermeabilizzati e spesso salta la luce quando piove. Abbiamo diversi disagi, in questo che è un bene che andrebbe salvaguardato e portato come fiore all'occhiello di Bagheria. Questa estate è venuto a trovarci l'assessore alla cultura del comune di Milano e mi ha detto che se questa collezione fosse lì ci sarebbe la fila dietro la porta per almeno tre anni. Qui il Comune neanche fa promozione e non arrivano turisti, è un vero peccato».
Nel Settecento era una chicca la Certosa di Palazzo Butera, c'erano ben 5 mini appartamenti dove venivano ospitati personaggi importanti, poi c'era un salone da ballo con affreschi del Velázquez, e al primo piano quello che veniva chiamato "il conventino della certosa", perché strutturalmente si presentava come un convento ma senza frati veri, c'erano 12 statue di cera intente a compiere diversi lavori.
Nei primi del '900 diventò di proprietà del comune ma cadde nel degrado per disinteresse e assenza di fondi. A poco a poco col tempo venne rubato tutto fino a quando diventò deposito di rifiuti. Dieci anni fa sempre il comune riprende in mano la situazione e riesce ad aggiudicarsi un finanziamento europeo per il restauro dell'importante villa.
«Sto ricostruendo le 12 statue in cera come quelle che c'erano qui nel '700 - racconta Piraino - fino ad ora ne ho rifatte otto, era anche questo tra gli accordi per avere il finanziamento. Il gioco è fondamentale, nella storia dalla preistoria fino agli anni 50 il giocattolo era il mezzo di apprendimento per i bambini, di esperienza e quindi di cultura. Dagli anni '50 in poi il giocattolo è diventato un bene di consumo e così è finita la sua funzione educativa».
I vent'anni di storia della collezione di giocattoli e cere del Museo è raccontata dallo stesso Pietro Piraino in un libro uscito da poco in libreria dal titolo: "Giochi e giocattoli. Storia ed evoluzione" edito da Edizioni Kalós.
|
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
|
GLI ARTICOLI PIÚ LETTI
-
ITINERARI E LUOGHI
Non te l'aspetti (sicuro): c'è una siciliana tra le città italiane in cui ci si diverte di più
39.313 di Redazione










Seguici su Facebook
Seguici su Instagram
Iscriviti al canale TikTok
Iscriviti al canale Whatsapp
Iscriviti al canale Telegram




