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Il suo nome è greco ma si trova in Sicilia: dov'è "Hora" il borgo col lago centenario

A pochi passi da Palermo c'è un borgo in cui non sembra di essere in Sicilia. Con la sua cultura e identità unica porta i suoi visitatori a circa 900 chilometri dall'Isola

Balarm
La redazione
  • 9 gennaio 2024

Piana degli Albanesi

Nota per i suoi squisiti cannoli, a pochi passi da Palermo, c'è una cittadina che preserva una cultura e un'identità unica.

Fondata nel XV secolo da un gruppo di rifugiati albanesi in fuga dall’avanzata ottomana, Piana degli Albanesi conserva ancora oggi la lingua, i costumi e la religione bizantina.

Chiamata "Hora", così come si fa in Grecia per indicare la città più importante di un territorio o di un'isola, ospita la più grande comunità albanofona in Sicilia, una delle più grandi in Italia.

Questa eredità albanese, custodita gelosamente, ha dato vita a un patrimonio culturale e sociale ricco e distintivo.

La lingua ancora oggi parlata, è l'albanese antico e conserva qualche contaminazione di greco. Vi ha sede l'Eparchia di rito bizantino cui si riferiscono tutti i fedeli del rito che risiedono in Sicilia e nell'Italia insulare.

Passeggiando per le vie di questo borgo in provincia di Palermo, l'occhio è catturato dalle facciate delle chiese con cupole bizantine e dalle botteghe artigiane che intrecciano la tradizione albanese con quella siciliana.
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Il centro storico è disseminato di fontane Kronjet, le tipiche fontane in pietra locale che caratterizzano i quartieri della città, e palazzi in stile bizantino e barocco.

Il quartiere Sheshi, con le sue scalinate e scorci incantevoli, è la zona più antica del paese dove, direttamente sulla roccia, furono costruite le prime abitazioni degli arbëreshë giunti in Sicilia. Qui si trova il nobiliare Palazzo Manzone (Pallaci Mancuni), location di eventi culturali.

La Chiesa del monastero basiliano SS. Salvatore alla Sclizza (Klisha manastir Shejt Shpëtimtar te Sklica) si erge sull’omonima collinetta: vale la pena raggiungerla per godere del magnifico panorama che domina l’intera vallata.

A pochi metri da Piazza Vittorio Emanuele, la Cattedrale di San Demetrio Megalomartire, nota come klisha e Shën Mitrit, è sede dell’eparchia. Qui si svolgono tra i più coinvolgenti riti siciliani della Settimana Santa, il periodo dell'anno migliore per scoprire l'identità culturale unica di questo borgo.

Il Museo della tradizione arbëreshë documenta la storia degli albanesi di Sicilia e la Piazza del Popolo è il cuore pulsante del borgo, teatro di eventi e festività tradizionali.

Il ricco patrimonio artistico e monumentale si distingue per l'armonica convivenza di due correnti culturali: il barocco, prevalente fino ai primi anni del Novecento, e l'influenza bizantina, sempre presente, seppur in maniera latente, ma con momenti di rilevante espressione.

Questi due stili, nel tempo, si sono fusi creando un risultato architettonico e artistico unico, dove l'eredità bizantina degli esuli albanesi si è sapientemente integrata con le caratteristiche architettoniche locali.

Tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento si realizzarono opere di grande valore artistico e architettonico, come chiese, fontane, palazzi e l'assetto del centro storico. Durante questi anni, il barocco - meno eccentrico e più sobrio nelle sue forme decorative - si impose come stile dominante.

Figura di spicco del periodo fu Pietro Novelli, architetto e pittore di Monreale, la cui opera ha lasciato un'impronta indelebile nella comunità siculo-albanese.

Nei dintorni di Piana degli Albanesi, la natura offre scenari da cartolina: il lago centenario di Piana degli Albanesi è un'oasi di pace.

A pochi passi dal borgo c'è Portella della Ginestra, luogo rimasto celebre per la strage del primo maggio 1947, uno dei misteri d'Italia rimasti ancora irrisolti.

Nelle ore immediatamente successive alla strage, gli inquirenti individuarono nel bandito Salvatore Giuliano la vile mano che, insieme alla sua banda e su richiesta della mafia locale, sparò sulla folla che si era riunita a Portella della Ginestra, uccidendo barbaramente undici persone.

Negli anni si aggiunsero rivelazioni e riscontri con dettagli inquietanti sul coinvolgimento di appartenenti alle istituzioni politiche e militari tanto da indicare la Strage di Portella della Ginestra come la prima Strage di Stato.

Non lontano, nel parco archeologico sulla cima del Monte Iato, si possono invece visitare i resti di un centro urbano fondato da popolazioni indigene sicano-elime, che alla fine del VII sec. a.C. vennero in contatto con i Greci sopraggiunti in Sicilia.

A circa mezz'ora di strada, c'è la Riserva Naturale di Ficuzza una delle foreste più belle dell'Isola, la più estesa della Sicilia Occidentale.
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