In Sicilia 43 ospedali "bocciati", ma ci sono pure eccellenze: chi ce la fa e chi no
È quanto emerge dal nuovo report di Agenas, che ogni anno valuta l'assistenza sanitaria di strutture pubbliche e private italiane. La Sicilia resta fanalino di coda
Che la sanità siciliana soffra di gravi carenze strutturali non è certo un mistero. Eppure, ogni volta che un nuovo studio statistico conferma - o addirittura peggiora - questa percezione, l’effetto è sempre lo stesso: sconfortante. L’ennesima “pagella” negativa arriva dal nuovo report di Agenas, che aggiunge un’ulteriore sottolineatura rossa alle strutture ospedaliere dell’Isola.
L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali valuta ogni anno l’assistenza sanitaria attraverso il Programma nazionale esiti, basato su 218 indicatori e otto ambiti clinici: cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare e nefrologia.
In Sicilia sono ben 43 gli ospedali bocciati per la bassa qualità delle prestazioni fornite negli ultimi tre anni. Un dato già grave di per sé, ma che pesa ancora di più se confrontato con il totale nazionale: 198 strutture bocciate in tutta Italia. L’isola, dunque, contribuisce in maniera significativa a questo bilancio negativo.
Ancora più impressionante è il numero delle procedure di audit, ovvero le revisioni dei livelli di assistenza: 103 soltanto in Sicilia, il dato - per distacco - peggiore del Paese. A livello nazionale, gli audit totali sono stati 333, e quasi un terzo riguarda dunque la sola Sicilia.
Per fare un esempio concreto, l'ospedale Cervello di Palermo viene segnalato per cinque audit: per tutti e tre gli indicatori del settore gravidanza, ovvero la proporzione di episiotomie nei parti vaginali, la proporzione di parti vaginali in donne con pregresso taglio cesareo e di parti con taglio cesareo primario; per la proporzione di pazienti trattati con PTCA (angioplastica coronarica) entro 90 minuti dall'accesso nella struttura di ricovero/service e per la mortalità a 30 giorni per Infarto Miocardico Acuto.
Tra i dati più allarmanti figura il tasso di mortalità a 30 giorni dopo un intervento di bypass aorto-coronarico isolato o dopo operazioni sulle valvole cardiache. La Sicilia è l’unica regione ad avvicinarsi alla soglia del 4%, con valori compresi tra il 3 e il 6%.
Non sorprende, quindi, che tra le dieci peggiori strutture italiane (quelle che effettuano almeno 100 interventi l’anno) compaiano tre ospedali siciliani: il Policlinico di Palermo (4%), il Papardo di Messina (4,56%) e la Iscas Morgagni Pedara di Catania, che tocca il drammatico 6,39%.
Il confronto con il Nord Italia sottolinea ulteriormente la problematica ed evidenzia un divario profondo: regioni come Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna primeggiano in diversi ambiti clinici, spesso con più strutture classificate come eccellenze.
Guardando al bicchiere mezzo pieno, il numero degli ospedali bocciati è in calo rispetto all’anno precedente: erano 49, oggi sono 43. Tra le strutture che lo scorso anno risultavano insufficienti figuravano l’ospedale Santa Marta e Santa Venera di Acireale, il Maggiore di Modica, l’Humanitas di Misterbianco, l’Istituto oncologico del Mediterraneo di Viagrande, la clinica Villa Maria Eleonora e l’Ismett di Palermo.
Non mancano, inoltre, alcuni segnali incoraggianti: il Cannizzaro di Catania, ad esempio, rientra per 4 parametri su 7 tra le strutture con livello molto alto nell’ambito cardiocircolatorio. La clinica Maddalena di Palermo, invece, rientra per ben 7 parametri su 7 nella chirurgia oncologica.
Un aspetto da sottolineare è la massiccia presenza di strutture private che rendono maggiormente in termine di qualità rispetto a quelle pubbliche sull’isola. Nell’ambito osteomuscolare, ad esempio, le cliniche Noto, Latteri e Orestano di Palermo, la Trigona di Noto, Villa dei Gerani e Sant’Anna di Erice, Villa Salus di Melilli, la Santa Lucia di Siracusa, la Carmona di Messina e la Valsalva di Catania rientrano con 6 parametri alti su 8.
Un campanello d’allarme che sembra spingere sempre più cittadini verso la sanità privata, segnalando un indebolimento progressivo del sistema pubblico.
Al di là degli spiragli positivi, anche l’osservatore più ottimista non può ignorare la realtà: i dati relativi alla Sicilia restano impietosi e confermano la necessità urgente di interventi profondi e strutturali per risollevare il sistema sanitario regionale.
Per maggiori dettagli il report completo di Agenas è consultabile qui.
L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali valuta ogni anno l’assistenza sanitaria attraverso il Programma nazionale esiti, basato su 218 indicatori e otto ambiti clinici: cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare e nefrologia.
In Sicilia sono ben 43 gli ospedali bocciati per la bassa qualità delle prestazioni fornite negli ultimi tre anni. Un dato già grave di per sé, ma che pesa ancora di più se confrontato con il totale nazionale: 198 strutture bocciate in tutta Italia. L’isola, dunque, contribuisce in maniera significativa a questo bilancio negativo.
Ancora più impressionante è il numero delle procedure di audit, ovvero le revisioni dei livelli di assistenza: 103 soltanto in Sicilia, il dato - per distacco - peggiore del Paese. A livello nazionale, gli audit totali sono stati 333, e quasi un terzo riguarda dunque la sola Sicilia.
Per fare un esempio concreto, l'ospedale Cervello di Palermo viene segnalato per cinque audit: per tutti e tre gli indicatori del settore gravidanza, ovvero la proporzione di episiotomie nei parti vaginali, la proporzione di parti vaginali in donne con pregresso taglio cesareo e di parti con taglio cesareo primario; per la proporzione di pazienti trattati con PTCA (angioplastica coronarica) entro 90 minuti dall'accesso nella struttura di ricovero/service e per la mortalità a 30 giorni per Infarto Miocardico Acuto.
Tra i dati più allarmanti figura il tasso di mortalità a 30 giorni dopo un intervento di bypass aorto-coronarico isolato o dopo operazioni sulle valvole cardiache. La Sicilia è l’unica regione ad avvicinarsi alla soglia del 4%, con valori compresi tra il 3 e il 6%.
Non sorprende, quindi, che tra le dieci peggiori strutture italiane (quelle che effettuano almeno 100 interventi l’anno) compaiano tre ospedali siciliani: il Policlinico di Palermo (4%), il Papardo di Messina (4,56%) e la Iscas Morgagni Pedara di Catania, che tocca il drammatico 6,39%.
Il confronto con il Nord Italia sottolinea ulteriormente la problematica ed evidenzia un divario profondo: regioni come Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna primeggiano in diversi ambiti clinici, spesso con più strutture classificate come eccellenze.
Guardando al bicchiere mezzo pieno, il numero degli ospedali bocciati è in calo rispetto all’anno precedente: erano 49, oggi sono 43. Tra le strutture che lo scorso anno risultavano insufficienti figuravano l’ospedale Santa Marta e Santa Venera di Acireale, il Maggiore di Modica, l’Humanitas di Misterbianco, l’Istituto oncologico del Mediterraneo di Viagrande, la clinica Villa Maria Eleonora e l’Ismett di Palermo.
Non mancano, inoltre, alcuni segnali incoraggianti: il Cannizzaro di Catania, ad esempio, rientra per 4 parametri su 7 tra le strutture con livello molto alto nell’ambito cardiocircolatorio. La clinica Maddalena di Palermo, invece, rientra per ben 7 parametri su 7 nella chirurgia oncologica.
Un aspetto da sottolineare è la massiccia presenza di strutture private che rendono maggiormente in termine di qualità rispetto a quelle pubbliche sull’isola. Nell’ambito osteomuscolare, ad esempio, le cliniche Noto, Latteri e Orestano di Palermo, la Trigona di Noto, Villa dei Gerani e Sant’Anna di Erice, Villa Salus di Melilli, la Santa Lucia di Siracusa, la Carmona di Messina e la Valsalva di Catania rientrano con 6 parametri alti su 8.
Un campanello d’allarme che sembra spingere sempre più cittadini verso la sanità privata, segnalando un indebolimento progressivo del sistema pubblico.
Al di là degli spiragli positivi, anche l’osservatore più ottimista non può ignorare la realtà: i dati relativi alla Sicilia restano impietosi e confermano la necessità urgente di interventi profondi e strutturali per risollevare il sistema sanitario regionale.
Per maggiori dettagli il report completo di Agenas è consultabile qui.
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