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L'antica Pantelleria, tra i miracoli e il sacro simandro: la storia dei monaci basiliani

I canoni della Chiesa greca ricordano due Santi, San Giovanni di Primerano e San Basilio di Pantelleria, che vissero e morirono sull'isola. Ecco come ci arrivarono

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 5 gennaio 2023

L'isola di Pantelleria

L’isola di Pantelleria, la perla nera al centro del Mediterraneo, con i suoi profumi, sapori, odori e orizzonti di luce ha conquistato popoli molto diversi come Libici, Etruschi, Greci, Fenici, Romani, Spagnoli, Francesi, Siculi, Sardi, Genovesi.

Arrivati con i loro vari velieri per cercare di conquistare questo scoglio nero, sono stati a loro volta tutti conquistati da questo paradiso terrestre, isolato, terra vulcanica, da cui il turista si stacca oggi con un pezzettino di ossidiana in valigia e tanta nostalgia nel cuore.

Approdarono a Pantelleria nel 551 d.C. anche i Bizantini e al loro seguito arrivarono dei monaci Basiliani, che edificarono un monastero in una contrada detta oggi Zubèbi (i ruderi ancora esistono). Nel 1300 sull’isola c’era ancora un vescovado greco.

Non è noto quando andarono via e si trasferirono in Rossano di Cosenza, presso la Chiesa di Santa Maria del Patiron.

Sino ad allora i monaci hanno fatto risuonare nell’Isola il sacro simandro, il caratteristico strumento a percussione costituito da una tavola di legno o di metallo, appesa, che veniva percossa per produrre un suono da richiamo e scandiva i momenti di preghiera durante la giornata.
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I canoni della Chiesa greca ricordano due Santi, San Giovanni di Primerano e San Basilio di Pantelleria, che vissero e morirono sull'isola. A San Giovanni Primerano è legato un testo in greco, reso sono in Russia solo mezzo secolo fa. Si tratta di un typicon, cioè di un ordinamento, di una raccolta di regole di un monastero. È il typicon del monastero di Pantelleria.

Porta infatti la firma di San Giovanni di Primerano, che era l’egumeno, cioè il superiore del monastero pantesco. Espressione di un monachesimo ancora genuino, probabilmente realizzato nell’VIII secolo. Descrive l’organizzazione monastica e dà indicazioni sui tempi di preghiera, di lavoro, sulla mensa, sulla disciplina e sulle pene.

«Ti ingiungiamo di riverire i tuoi sorveglianti come riveriresti Dio stesso». Se la confraternita si accorgeva che alcuni erano pigri «...alla fine della giornata, là dove si riuniscono per mangiare, infliggano loro la punizione dicendo: Poiché le vostre preghiere non sono state perfette, allo stesso modo, non mangiate».

E ancora «…chi cerca la salvezza ed entra nello stato monastico, se è fisicamente sano…. digiuni durante il giorno. Se egli invece dovesse svolgere un lavoro pesante, gli si conceda di mangiare un quarto della porzione normale ed un bicchiere di vino prima del pasto…».

Sono alcune delle severe indicazioni del regime monastico che si osservava a Pantelleria.

Sui resti dell’antico cenobio dei basiliani verso la seconda metà del Cinquecento è stato eretto il santuario detto “La Màrgana”, la chiesa rurale più antica dell’isola. Al suo interno c’é il quadro icona della Madonna della Margana (dall’arabo “marg” protettrice dei campi) patrona dell’isola e protettrice anche dei velieri e dei marinai.

Stando a quanto riportato sul retro, il quadro bizantino sarebbe stato dipinto nel 857 d.C. e poi ridipinto per vetustà nell’anno 1732 da Luigi Sozzi (ultimo restauro nel 1978). Anche questa icona è legata alla presenza dei monaci basiliani a Pantelleria.

Nel complesso però scarse sono sempre state le notizie intorno alla storia di questi religiosi a Pantelleria, pertanto i manoscritti che abbiamo trovato all’Archivio di Stato di Agrigento crediamo siano utili a fare nuova luce sulle origini del monachesimo nel Mediterraneo.

Di tali testi riportiamo una breve sintesi delle prime pagine, che tra l’altro modificano per alcuni aspetti la storia delle origini dei monaci basiliani a Pantelleria.

In essi infatti leggiamo che “nell’anno 425 San Pietro vescovo di Sebaste venne qui (a Pantelleria n.d.r.) a fondare un monastero dell’ordine del grande patriarca San Basilio, di lui fratello già defunto.

Vuolsi che questo monastero fosse stato il decimo dopo il primo fondato a Roma nel 372, ottenutane due anni innanzi permissione dal pontefice San Damaso fu così bene accolto quell’ordine nell’isola, che non molto dopo, per la grandezza dell’edificio e per lo numero de’ monaci, che i Pantalei, popoli di Antiochia nel 638 vennero a rifugiarsi in quest’isola, ove i Siri, o Cossiri abitavano, oriundi della loro medesima regione”.

Accade poi che l’isola “nell’anno 806 fu invasa, e furono fatti prigionieri 60 monaci, da’ Saraceni”, ma “l’anno appresso… dal potentissimo re Carlo Magno, spedendo un’armata navale contro i mori, che infestavano la Corsica e la Sardegna, dopo un vero combattimento furono i barbari sconfitti”.

Ma durò poco la riconquista: nell’anno 827, i Saraceni, “impadronitisi della Pantalleria, di Sicilia di Calabria, sin dalle fondamenta demolirono e questi ed altri monasteri basiliani delle suaccennate regioni”. Molti cristiani si rifugiarono “nelle spelonche, nei boschi in piccoli nascosti tuguri, e nelle stesse cavità de’ tronchi degli alberi, e, quasi fiere, pascersi di erbe, di ghiande, di lupigni, e di castagne”.

E secondo la tradizione “In premio delle loro sofferenze volle Dio far dono all’isola nostra (Pantelleria) dell’immagine miracolosa della vergine madre, che tuttora si venera sotto il titolo della Margana in una chiesa mille passi distante dall’abitato, nel principio di una contrada dello stesso nome.

Dalle scritture che conservansi nel monastero del Patirio in Calabria ci viene assicurato che tanto l’immagine simile che si possedevano, quando la nostra fossero state dipinte dell’evangelista San Luca”.

Leggiamo poi nei documenti ritrovati che in un diploma avutosi dal monastero del Patiro, del mese di settembre dell’anno 1106 si racconta, si sottolinea che il re normanno "Ruggiero nell’anno 1090, movendosi da Messina in Pantellaria, arrivato nel seno maggiore dell’isola con quindici treremi fornite di milizia, ed atterrito di vedersi vicino a rompere per un forte contrasto di venti, fe voto a Dio di far costruire nella vicina terra un tempio, se sano e salvo".

Il miracolo avvenne e Basilio Primerano, capo direttore della chiesa di Pantellaria “sceglie il luogo, ove era da fabbricarsi il tempio, e fatti venire poi degli architetti, si affrettarono questi a soddisfare il loro desiderio.

Vi si aggregò in seguito un nobile ricco monastero, da privilegj e da ricchezze grandi dotato e dal medesimo Ruggiero, ed altri principi normanni”. Era tale la fama di quel monastero, che si designava col nome di monastero grande de” greci di San Basilio.
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