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L'ultimo viaggio prima di morire lo fece a Palermo: Oscar Wilde, il dandy "scandaloso"

Trascorse i suoi giorni a Palermo sotto falso nome, nell’aprile del 1900, bandito dai salotti dell’alta società che giudicava scandalosa la sua condotta omosessuale

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 25 luglio 2022

Oscar Wilde

Fingal O'Flahertie Wills Wilde, più noto come Oscar Wilde, giunge a Palermo il 2 aprile del 1900 e vi rimane 8 giorni, per ammirare le bellezze della città.

Il grande scrittore è ormai noto per aver pubblicato Il principe felice e altri racconti, Il ritratto di Dorian Gray (opera giudicata immorale, che è piaciuta poco al pubblico dei lettori), L’importanza di chiamarsi Ernesto; ma è stato esiliato dalla buona società della Gran Bretagna a causa di “public gross indecency» (atti osceni), come viene all’epoca definita ipocritamente l'omosessualità.

Wilde è già molto malato e fiaccato nel fisico, a causa dei lavori forzati e della lunga permanenza prigione dove ha patito fame, freddo, insonnia e malattia (dissenteria). Non è più bello come un tempo e Toulouse Lautrec lo ritrae gonfio e imbolsito; un signore di mezz’età che sembra non avere niente a che fare con l’elegantissimo dandy che si divertiva a scardinare la rigida morale vittoriana con i suoi scritti non convenzionali.
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Un’ esistenza quella di Wilde sempre in bilico tra costose raffinatezze e mancanza di mezzi, spese folli e debiti, eccessi sessuali e affetto costante per la moglie.

“Mio Caro Robbie ...Palermo, dove siamo stati 8 giorni, è deliziosa. Come posizione è la più bella città del mondo, passa la vita sognando nella Conca d'oro, una valle squisita divisa tra 2 mari.

I boschetti di limone e i giardini di aranci erano di una perfezione così totale che sono diventato preraffaellita e ho aborrito i comuni impressionisti... In nessun luogo, nemmeno a Ravenna, ho visto mosaici cosi.

Nella Cappella Palatina, che dal pavimento alla cupola è tutta d'oro, ci si sente veramente come seduti in grembo a un gran favo di miele a guardare gli angeli che cantano; e guardare gli angeli o comunque le persone che cantano è molto più simpatico che ascoltarli... “ Scrive Wilde, all’amico Robert Ross, in una lettera datata 16 Aprile 1900 e spedita da Roma.

Oscar era già stato in Italia appena ventenne, durante il periodo degli studi universitari, nell'estate del 1875, ritenendo importante che non mancasse alla sua formazione culturale la conoscenza dell’arte italiana.

Sarebbe tornato nella Penisola solo alcuni anni dopo e nel frattempo ne erano successe di cose: nel 1884 aveva sposato Constance Lloyd, una ragazza di cinque anni più giovane di lui ma dopo la luna di miele era già pentito di essersi sposato.

Nel 1892 aveva incontrato un giovane aristocratico, Lord Alfred Douglas, detto Bosie, che era diventato presto il suo amante stabile e si sarebbe trasformato nella sua rovina… Dopo un processo intentato nel 1895 dal padre del ragazzo, il Marchese di Queensberry il tribunale aveva fatto arrestare Wilde con l’accusa di sodomia e lo aveva condannato al massimo della pena: due anni di carcere e lavori forzati.

Quando la sentenza era stata emessa, Oscar era stato sul punto di svenire. La sua vita e la sua reputazione era stati distrutti per sempre. La moglie non aveva più voluto avere a che fare con lui e i figli avevano cambiato cognome, per prendere le distanze dallo scandalo.

Nel 1897, uscito di prigione, lo scrittore si era trasferito in Francia, ricevendo solo un po’ di denaro dalla moglie con cui era ancora legalmente sposato e riprendendo la relazione con Douglas. Aveva scritto a un amico: “Lo amo, e l’ho sempre amato. Mi ha rovinato la vita, e per questa stessa ragione sembro costretto ad amarlo di più. E lui mi ama molto teneramente, più di quanto mi possa amare chiunque altro, e senza di lui la vita era squallida”.

Pochi mesi dopo Wilde aveva organizzato un viaggio in Italia: “Sto tentando di procurarmi del denaro per andare in Italia, e spero di poter arrivare fino in Sicilia, ma le spese di viaggio sono terrificanti”. Sotto il falso nome di Sebastian Melmoth era giunto a Napoli, poi era stato a Capri, quindi a Taormina: una felice Arcadia dove gli omosessuali erano tollerati.

L'arrivo a Napoli di Wilde aveva fatto molto scalpore, la sua pessima fama lo precedeva. A darne notizia era stata Matilde Serao sulle pagine del Mattino. Pochi giorni dopo, a Capri, Wilde e Douglas erano stati invitati ad andar via dall’hotel Quisisana. Non appena si erano seduti per cenare, il proprietario imbarazzato, li aveva pregati vivamente di volersi servire altrove: alcuni clienti britannici, avevano riconosciuto il poeta maledetto: “Mi hanno negato il pane”. Racconterà Wilde, con il solito aplomb.

Douglas era rimasto in Campania mentre Oscar si era spostato a Taormina, per ammirare i capolavori fotografici del barone Von Gloden: scandalosi ritratti di fanciulli di cui si parlava nei salotti culturali di tutta Europa. Il barone-fotografo aveva promosso nell’immaginario europeo immagini seppiate con lo sfondo di magnifici panorami e il primo piano di ragazzini siciliani seminudi fotografati come semidei greci, satiri o pastorelli. Oscar aveva scritto a Douglass: “Ho scoperto quaggiù il paradiso in cui verremo a vivere insieme”.

Dopo un mese, rinfrancato dalla vacanza siciliana, era ripartito per Parigi ma un anno dopo eccolo di nuovo in Italia, stavolta a Palermo: l’ultimo viaggio, prima di morire. Nel capoluogo siciliano Wilde rimane dal 2 al 10 aprile sotto falso nome: viene riconosciuto dal poeta Achille Leto che gli chiede: “Siete Oscar Wilde?”. “Fui Oscar Wilde”, risponde lui. Incorregibile.

Il viaggio dell’aprile del 1900 a Palermo è meno incantato di quello a Taormina. Lo scrittore accompagna il ricco e assai nevrotico Harold Mellor, che trova piacevole la compagnia dello scrittore. Wilde sbarca al molo Santa Lucia e soggiorna presso l’Hotel Centrale, ma a causa della sua dichiarata omosessualità non trova ospitalità nei “salotti” della gente che conta: non viene invitato neppure a Villa Malfitano, da Tina Whitaker (influente esponente, insieme al marito Joseph, della comunità inglese in Sicilia) che pure è stata messa a conoscenza dell’imbarazzante arrivo dello scrittore.

Oscar s’innamora della Cappella Palatina, tutta d’oro e più d’una volta si reca in carrozza a Monreale: “Di Monreale hai sentito parlare, con i suoi chiostri e la cattedrale. Ci andavamo spesso in carrozza essendo i cocchieri ragazzi modellati nel modo più squisito. La razza si vede da loro, non dai cavalli di Sicilia. I favoriti erano Manuele, Francesco e Salvatore. Li amavo tutti ma ricordo solo Manuele. Ho fatto anche amicizia con un giovane seminarista che abitava nella cattedrale di Palermo, con altri 11, in una stanzetta sotto il tetto, come uccelli.

Giuseppe Lo Verde, il seminarista, ha 15 anni ed “è molto dolce”: ogni giorno mostra la cattedrale a Wilde che racconta: “e io letteralmente mi inginocchiavo davanti all’enorme sarcofago di porfido nel quale giace Federico II”. Il sarcofago scuro e severo, sostenuto “da leoni che hanno preso parte del furore dell’anima irrequieta del grande imperatore”.

Giuseppe ha scelto di diventare seminarista per una ragione che Wilde definisce “squisitamente medievale”: perché la sua famiglia d’origine è priva di mezzi. “Mio padre fa il cuoco ed è poverissimo e a casa siamo in parecchi, così mi è sembrato bene che in una casetta piccola come la nostra ci fosse una bocca in meno da sfamare, perché per quanto io sia magro mangio parecchio, troppo, ahimè temo."

Wilde gli regala un librino di devozioni, molto grazioso, contenente molte più figure che preghiere, dunque di grandissima utilità per Giuseppe che ha bellissimi occhi. “Molti ragazzotti hanno volti che sanno di grecità, altri proprio da arabi, sembrano tante sculture che girano a cielo aperto”.

Ogni giorno lo scrittore bacia Giuseppe dietro l’altare maggiore, “Gli diedi anche molte lire e gli predissi un cappello cardinalizio” conclude nella sua lettera all’amico Robert Ross.

Wilde dopo il viaggio in Italia nella primavera del 1900 torna a Parigi. Morirà solo qualche mese dopo, il 30 novembre, in Rue des Beaux-Arts 13, all'età di 46 anni, per meningoencefalite, portando forse nel cuore il ricordo dei boschetti di limone e dei giardini di aranci di Palermo.
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