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La chiamano la piccola "Sistina" della Sicilia: al suo interno custodisce dipinti meravigliosi

Si trova sul versante del trapanese ed è stata accostata alla meraviglia di Michelangelo per la ricchezza di affreschi e tracce d’arte che custodisce al suo interno

Balarm
La redazione
  • 16 agosto 2021

Dettaglio della "Sistina" di Castelvetrano (foto di Nino Fileccia)

Se per caso vi è giunta all’orecchio la frase c’è una "cappella Sistina anche in Sicilia" non avete capito male è, metaforicamente, proprio così.

Sul versante del Trapanese, in particolare a Castelvetrano, si trova la chiesa di San Domenico (adiacente al convento dei predicatori) comunemente individuata come la “Sistina della Sicilia” per la ricchezza di affreschi e tracce d’arte che custodisce al suo interno.

Se vi troverete in questa zona, tra un tuffo e l’altro nello splendido mare che si trova nei dintorni, vi consigliamo vivamente di mettere in programma una visita a questa chiesa perché i vostri occhi, in un primo momento, non crederanno a quanto avranno davanti.

La chiesa di San Domenico si trova nella piazza Regina Margherita di Castelvetrano e costituisce un unico edificio con l’adiacente convento dei predicatori.

La sua storia riporta come data di edificazione quella del 1470, desunta da una primitiva iscrizione non più esistente documentata sulla porta d'ingresso.
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Il 20 aprile del 1487 papa Innocenzo VIII concesse a Nino III Tagliavia il permesso di edificare un convento domenicano adiacente alla Cappella di Santa Maria di Gesù, primitivo insediamento francescano ancor prima dell'avvento dei domenicani.

Nel luglio del 1489 il luogo ottenne il titolo e il diritto di convento formale della congregazione osservante facente capo al convento di Santa Cita di Palermo e, nel 1550, rientrò a far parte della giurisdizione della provincia domenicana.

La chiesa tardo-gotica sorse, invece, come mausoleo della famiglia Aragona - Tagliavia; la cappella, del quale il casato deteneva il patrocinio, era utilizzata per le cerimonie private.

Successivamente, all'esterno dell'edificio, si stratificarono altre cappelle, volute da Giovanni Vincenzo Tagliavia e da altri componenti della famiglia nonché da privati, accorpandosi attorno al nucleo iniziale, fiancheggiando la navata centrale.

Praticamente ciascun rappresentante della famiglia (vi risparmiamo tutto l’albero genealogico) aggiungeva un pezzo di edificio, a testimonianza del contributo personale.

In particolare fu l’intervento di Carlo d'Aragona Tagliavia, primo principe di Castelvetrano per regia investitura, marchese di Terranova, barone di Avola, Magnus Siculus, presidente del Regno sotto Filippo I di Sicilia (dal 1566 al 1571 e dal 1571 al 1582), viceré di Sicilia (dal 1556 al 1568 e dal 1571 al 1577), il mecenate e patrocinatore della cappella e del cappellone.
A lui si deve la decorazione del presbiterio, della Cappella del Coro, del Mausoleo di famiglia e dell'innalzamento della navata centrale.

La struttura subì interventi nelle epoche successive, soprattuto barocca e borbonica, fino a quando nel 1866, con l'emanazione delle leggi eversive e la confisca dei beni, i domenicani furono costretti ad abbandonare il convento. Con l'allontanamento dei monaci le strutture passarono nelle mani del Comune di Castelvetrano.

Il terremoto del 1968 che colpì l’intera valle del Bèlice lasciò delle ferite che con fatica sono state rimarginate nei decenni successivi.

Nel 2009 imponenti lavori di restauro sono stati condotti dalla Soprintendenza dei Beni culturali ed ambientali di Trapani, con la collaborazione scientifica dell'Opificio delle pietre dure di Firenze e dell'Istituto superiore per la conservazione ed il restauro, vista l’importanza degli affreschi contenuti al suo interno e che l’hanno soprannominata la Sistina del sud.

Questi affreschi si trovano nella navata principale, caratterizzata da volte a crociera, con un'illuminazione interna garantita da finestre decorate con ornamenti in stucco; l'altare maggiore posto sotto l'arco gotico, austero e solenne, è un'aggiunta postuma.

Il presbiterio, di forma quadrata e rialzato di due gradini, si erge sotto l'arco gotico con tabernacolo, sopra il quale di trova una volta suddivisa in spazi ricchi di affreschi e stucchi.

Spostando gli occhi in basso, però, potrete ammirare altre meraviglie come i frammenti di pavimento maiolicato del ‘500.

Gli stucchi che hanno reso famoso l’edificio sacro rappresentano, maestosamente, l'Albero di Jesse ovvero l'albero genealogico che partendo da Jesse, padre di re Davide, schematizza la discendenza che porta alla Beata Vergine Maria, rappresentata al sommo dell'albero, coronata da angeli, con il bambino sul ginocchio sinistro.

Una ricchezza di personaggi e di dettagli artistici, opera del pittore Antonino Ferraro da Giuliana, che è difficile da raccontare poiché è un’esperienza sensoriale da vivere in prima persona. E che vi consigliamo.
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