La mafia gli toglie la mamma (e l'infanzia): "Cosa nostra l'ho provata sulla mia pelle"
Alessio Cordaro, figlio di Lia Pipitone, uccisa a Palermo con il consenso del padre boss dell'Acquasanta: "Mia madre, donna libera contro il potere mafioso"

Alessio Cordaro, figlio di Lia Pipitone
Come un’araba fenice, che rinasce dalle sue ceneri, Alessio ha trasformato il suo dolore in forza e lotta per la tutela dei diritti di chi, a volte, purtroppo, ha la bocca tappata in questa terra.
«Ho imparato cosa fosse la criminalità e la violenza in tenera età e l’ho fatto a un caro prezzo, ovvero perdendo ciò che di più importante avevo quando la mafia condannò a morte mia madre solo perché voleva essere una donna libera di fare le proprie scelte – racconta Cordaro -.
Da allora gran parte della mia vita è stata caratterizzata dal mio impegno nei confronti del valorizzare la memoria storica e nella denuncia e nella lotta dei crimini mafiosi, compresi quelli legati alla storia della mia famiglia».
Lia Pipitone venne assassinata dalla mafia con il consenso di suo padre, noto boss del quartiere Acquasanta, e fedelissimo di Riina e Provenzano.
Il motivo? Voleva essere una ragazza come le altre, libera di poter prendere le sue scelte, ma questo si contrapponeva alla rigida mentalità del patriarcato mafioso.
«Ad oggi – prosegue Alessio - istituzioni sorde e una burocrazia sterile non riconosce mia mamma vittima innocente di mafia perché figlia del suo stesso carnefice, nonostante la sua storia sia un simbolo di riscatto da quel patriarcato, la Regione siciliana ha messo nero su bianco che mia mamma "Non ha lo status di vittima innocente della mafia". Come a dire che ci sono “vittime colpevoli”, colpevoli di essere nate - non per scelta loro - in una famiglia mafiosa».
Per l’opinione pubblica, Lia Pipitone è una delle donne coraggio rimaste vittima di mafia. Un simbolo della lotta contro la malavita organizzata.
«Non per lo Stato però – spiega il figlio di Lia -. Nonostante le sentenze abbiano evidenziato la sua emancipazione dal contesto familiare oggi per le istituzioni, mia madre non ha i requisiti perché era figlia di un mafioso, ma lei, prima che figlia di un mafioso, è stata una donna coraggiosa che ha messo in crisi la mafia».
Alessio, però, ha deciso di non arrendersi e di continuare a credere nella legalità.
«L’amore per la verità e la sete di giustizia mi guida nel lottare affinché alla memoria di mamma venga dato il giusto peso e valore per il suo percorso di vita, affinché ciò sia da stimolo e supporto a chi oggi combatte ogni forma di violenza e illegalità; sensibilizzare l’opinione pubblica e soprattutto le nuove generazioni e fondamentale nell’intento di sconfiggere la criminalità - precisa Cordaro -.
Periodicamente, sono felice di essere invitato dagli istituti scolastici al fine di condividere la storia di mamma con le nuove generazioni con l’intento che in queste nasca e cresca fame di libertà e legalità».
Da anni, collabora con l’associazione “Libera Contro le Mafie”, che ha intestato a nome di Lia Pipitone tre presidi di cui uno a Modica, uno a Latine e uno nel Bellunese. In passato, grazie alla collaborazione del giornalista, Salvo Palazzolo, ha scritto un libro che racconta la storia della giovane artista, "Se muoio sopravvivimi", edito da Zolfo Editore con l’intento di reperire informazioni utili alla riapertura del caso giudiziario e l’auspicio che questo possa alimentare la fame di libertà e di legalità di ognuno che si imbatta nella sua storia.
Più recentemente, ha conosciuto l’onorevole Ismaele La Vardera, e, ad oggi, ricopre il ruolo di presidente del dipartimento della Legalità del movimento Contro Corrente.
«Consapevole che, per quel che è nelle mie capacità, non risparmierò energie affinché nella nostra Palermo così come nella nostra Sicilia nessun uomo e ancor di più nessuna donna debba sentirsi privata della propria libertà di pensiero e di azione», conclude Alessio Cordaro.
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