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La natura che ci piace: nascosto fra le valli madonite c'è un ulivo millenario da vedere

Era lì al tempo dei Greci e al tempo dei romani, c’era quando arrivarono i normanni e l’unità d’Italia. Si trova ancora lì in un angolo remoto delle Madonie

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 13 agosto 2020

L'ulivo millenario delle Madonie con il suo "custode"

In Sicilia esistono storie che non si raccontano con le parole ma con le radici, quelle che arrivano in profondità nascoste dove la terra è nuda e buia.

Non è raro che a queste radici si avvolgano la vita naturale e quella umana diventando un tutt’uno così come accade ad un ulivo monumentale siciliano, datato secondo rilevamenti scientifici vecchio di almeno duemila anni, nascosto dentro la valle dove scorre il Fiume Pollina.

Era lì al tempo dei Greci e al tempo dei romani, c’era quando arrivarono i normanni e l’unità d’Italia, è ancora qui in un angolo remoto delle Madonie insieme ad altri come lui, ma decisamente meno longevi ed esuberanti.

A condurci fino a questo Matusalemme botanico in contrada Malia sulla SP60 San Mauro Castelverde/Gangi, è Giuseppe Giaimo, un autentico contadino custode, erede di quel retaggio rurale che generazioni di avi hanno plasmato arrivando a lui.

La cultivar è quella della Nerba, una endemica come l’altra sorella detta Crastu e localizzata nel territorio madonita tra Pollina e San Mauro Castelverde non oltre i 350 mt, slm., classificata come minore ma eccellente nelle caratteristiche organolettiche e in quelle d’intensità che ricordano la mandorla, le erbe aromatiche spontanee, il cardo selvatico.
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Agronomo e agricoltore illuminato da una contagiosa passione, ci porta al di la del cancello del suo uliveto in presenza di quello che si potrebbe definire il Signore degli ulivi e di fronte al quale si rimane senza parole, catturati dalla presenza scenica che fa trasparire ogni secolo della sua longevità

«Gli alberi secolari sono pari ai monumenti eretti e scolpiti dall’uomo nel corso dei secoli, sono quelle opere d’arte naturale che, nel caso specifico degli ulivi, rappresentano un simbolo atavico, un bagaglio di storia e di cultura della vita rurale e tradizioni popolari che è necessario e doveroso difendere, assicurando cura e protezione, cosa non così semplice».

Senza dubbio è un albero fuori dal comune non annodato su se stesso, longilineo e possente con le radici immense che si aggrappano ad un leggero declivio, uscendo quasi allo scoperto per poi tornare a immettersi dentro la terra.

Lo spazio sovrastante è quello occupato dai rami che si ripiegano verso il basso proiettando una larga ombra che copre completamente l’area circostante, lasciando comunque filtrare il cielo estivo di un blu incombente.

Alla storia Giuseppe aggiunge a fine incontro che il pericolo peggiore sta proprio nella mano dell’uomo, disposto a cancellare questi esseri per ignoranza e ancora peggio per mero profitto economico, che vede abbattere di anno in anno esemplari che finiscono in ceppi per gli usi più comuni.

È possibile andare a vedere l’esemplare previo contatto e appuntamento con Giuseppe che apre il suo uliveto a pochi visitatori e sempre quando la stagione lo consente. (Info al 339.4871621 per organizzare una visita con massimo 10 persone).
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