CINEMA E TV
La Sicilia torna sotto i riflettori a Venezia: tutte le location di "In the Hand of Dante"
In gran parte girato nell'Isola è stato presentato fuori concorso il 3 settembre, alla 82sima Mostra internazionale d’arte cinematografica. Ecco tutti i set nell'Isola

Una scena da "In the hand of Dante" girata alla grotta delle Colombe
La Sicilia torna sotto i riflettori del cinema con un film in grande parte girato nell’isola. S’intitola In the Hand of Dante, è la nuova opera del regista Julian Schnabel (premio per la miglior regia a Cannes nel 2007, per «Lo scafandro e la farfalla»), viene presentato fuori concorso il 3 settembre, alla 82sima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Nel suo cast vede protagonista l’Oscar Isaac della saga di «Dune», che qui diventa per metà lo scrittore Nick Tosches, incaricato di verificare l’autenticità di una presunta primissima edizione della Divina Commedia, e per metà Dante Alighieri in persona.
Al suo fianco, la «wonder woman» Gal Gadot nel ruolo di Gemma Donati, la moglie di Dante, Gerard Butler, Jason Momoa, l’istrionico John Malkovich, i «nostri» Sabrina Impacciatore, Franco Nero, Claudio Santamaria e Lorenzo Zurzolo, e poi ancora mostri sacri come Al Pacino e Martin Scorsese, che veste i panni del mentore di Dante Alighieri, Isaia.
Mentre si aspetta ancora una data d’uscita certa per il mercato italiano, le prime immagini pubblicate in rete nelle scorse settimane hanno chiarito che la Sicilia sarà sicuramente protagonista di una scena in cui Oscar Isaac interpreta Dante Alighieri, e alle sue spalle si staglia il mare del golfo di Terrasini, in provincia di Palermo.
Non è tanto il suo colore blu intenso a essere riconoscibile, quanto quello che a prima vista sembra un dettaglio trascurabile: la scala che Isaac sta salendo, gradino dopo gradino, incastonata fra gli scogli e la macchia mediterranea, inequivocabilmente la scala della Grotta delle Colombe, a trenta minuti di strada da Palermo, a strapiombo sul mare.
A confermarlo è Massimiliano Sorce, uno che con le location, nel cinema, ci lavora da anni. È stato lui tra i location manager – letteralmente gli «amministratori di luoghi», le figure che hanno la responsabilità di gestire il luogo che nel film fungerà da set e fare in modo che tutti gli addetti ai lavori lo rispettino e lo restituiscano nelle condizioni in cui era stato trovato o consegnato – per «Il traditore» di Marco Bellocchio, «Cyrano» di Joe Wright, la serie Rai «La mafia uccide solo d’estate» e la miniserie Netflix «Ripley».
Due anni fa s’imbarcava nel progetto «In the Hand of Dante», in squadra con la location manager Chiara Scardamaglia.
«Il film – racconta Massimiliano – è stato girato in larga parte in Sicilia. Abbiamo lavorato per due mesi, sia per trovare le location giuste, sia per ottenere le autorizzazioni per girarci».
Portare una troupe non è mai una passeggiata: basti considerare che alla fine di una giornata da otto, nove o dieci ore lavorative – a volte anche di più – il girato utile per un film ammonta sempre a pochi minuti.
C’è un lavoro che viene fatto in una fase di sopralluogo, uno che viene fatto prima delle riprese – per «bonificare l’area», fare in modo cioè che nessun attore o tecnico possa farsi male mentre si sta girando – e uno che viene fatto mentre la macchina da presa gira, per evitare che la location stessa possa «farsi male», essere danneggiata in alcun modo.
«Le riprese sono state concentrate in dieci giorni circa, e si sono svolte sulla spiaggia di San Vito Lo Capo, dentro la riserva dello Zingaro – continua Sorce –, esattamente nella prima caletta che s’incontra entrando da San Vito Lo Capo, quindi ci siamo spostati nel palermitano, dove abbiamo girato all’interno della Cappella Palatina, dentro il Palazzo Reale, nella storica villa Wirz, in una via in centro, vicino il molo trapezoidale, in cui abbiamo girato il furto di un’auto, e poi in mezzo al mare».
Proprio nelle acque di San Vito Lo Capo, dentro la riserva dello Zingaro, la troupe, per una scena ancora avvolta nel mistero, ha piazzato tra le onde «una conchiglia gigante, che rappresenta Venere che nasce nelle acque», continua Sorce.
Nel palermitano, le riprese hanno visto protagonista anche il borgo di Caccamo.
Lo ricorda Giovanni Panzeca, presidente della Pro Loco del paese: «La nostra sede è stata utilizzata, in quei giorni di riprese, come campo base. Hanno girato alcune scene piazzando la telecamera sul balcone dell’ufficio in cui lavoro quotidianamente, Caccamo per quei giorni è stata stravolta dalla sua routine. Tutta la piazza Duomo era ricoperta di sabbia, e c’erano tante, tante comparse in scena».
Non solo, ma anche cavalli, e vestiti d’epoca, in una ricostruzione «che rappresenta l’inizio della storia del film», conferma il location manager. «Caccamo è stata indubbiamente la location che è stata maggiormente stravolta rispetto al suo aspetto reale».
Il lavoro di Massimiliano Sorce e Chiara Scardamaglia è iniziato molto prima che la troupe di Julian Schnabel arrivasse in Sicilia: «Nella scelta delle location, ci viene mandata la sceneggiatura», e l’attenzione dei location manager è quello di carpire accuratamente l’atmosfera che deve emanare un luogo, un set.
Una volta fatto questo, si passa alle proposte: «Il regista sceglie sulla base di quello che proponiamo, a meno che non ci siano delle imposizioni a priori da parte sua. In questo caso però avevamo carta bianca».
E non sono mancati, naturalmente, i luoghi «difficili da espugnare»: «La Cappella Palatina di Palermo è stata in assoluto la location più difficile. Ottenere l’autorizzazione è stato frutto di un percorso lungo e tortuoso. Si tratta di un sito di pregio inestimabile», che con l’uscita di «In the Hand of Dante» viene consegnato agli spettatori e i cinefili di tutto il mondo, che la vedranno e con grande probabilità avranno voglia di visitarla di persona, vederla con i loro occhi.
«Proprio per la bellezza del luogo e il valore inestimabile di alcune opere che contiene, noi del reparto location abbiamo dovuto cercare di contenere tutta la troupe durante le riprese, per evitare che potesse accadere anche il minimo imprevisto su un set di così alto prestigio».
Nel suo cast vede protagonista l’Oscar Isaac della saga di «Dune», che qui diventa per metà lo scrittore Nick Tosches, incaricato di verificare l’autenticità di una presunta primissima edizione della Divina Commedia, e per metà Dante Alighieri in persona.
Al suo fianco, la «wonder woman» Gal Gadot nel ruolo di Gemma Donati, la moglie di Dante, Gerard Butler, Jason Momoa, l’istrionico John Malkovich, i «nostri» Sabrina Impacciatore, Franco Nero, Claudio Santamaria e Lorenzo Zurzolo, e poi ancora mostri sacri come Al Pacino e Martin Scorsese, che veste i panni del mentore di Dante Alighieri, Isaia.
Mentre si aspetta ancora una data d’uscita certa per il mercato italiano, le prime immagini pubblicate in rete nelle scorse settimane hanno chiarito che la Sicilia sarà sicuramente protagonista di una scena in cui Oscar Isaac interpreta Dante Alighieri, e alle sue spalle si staglia il mare del golfo di Terrasini, in provincia di Palermo.
Non è tanto il suo colore blu intenso a essere riconoscibile, quanto quello che a prima vista sembra un dettaglio trascurabile: la scala che Isaac sta salendo, gradino dopo gradino, incastonata fra gli scogli e la macchia mediterranea, inequivocabilmente la scala della Grotta delle Colombe, a trenta minuti di strada da Palermo, a strapiombo sul mare.
A confermarlo è Massimiliano Sorce, uno che con le location, nel cinema, ci lavora da anni. È stato lui tra i location manager – letteralmente gli «amministratori di luoghi», le figure che hanno la responsabilità di gestire il luogo che nel film fungerà da set e fare in modo che tutti gli addetti ai lavori lo rispettino e lo restituiscano nelle condizioni in cui era stato trovato o consegnato – per «Il traditore» di Marco Bellocchio, «Cyrano» di Joe Wright, la serie Rai «La mafia uccide solo d’estate» e la miniserie Netflix «Ripley».
Due anni fa s’imbarcava nel progetto «In the Hand of Dante», in squadra con la location manager Chiara Scardamaglia.
«Il film – racconta Massimiliano – è stato girato in larga parte in Sicilia. Abbiamo lavorato per due mesi, sia per trovare le location giuste, sia per ottenere le autorizzazioni per girarci».
Portare una troupe non è mai una passeggiata: basti considerare che alla fine di una giornata da otto, nove o dieci ore lavorative – a volte anche di più – il girato utile per un film ammonta sempre a pochi minuti.
C’è un lavoro che viene fatto in una fase di sopralluogo, uno che viene fatto prima delle riprese – per «bonificare l’area», fare in modo cioè che nessun attore o tecnico possa farsi male mentre si sta girando – e uno che viene fatto mentre la macchina da presa gira, per evitare che la location stessa possa «farsi male», essere danneggiata in alcun modo.
«Le riprese sono state concentrate in dieci giorni circa, e si sono svolte sulla spiaggia di San Vito Lo Capo, dentro la riserva dello Zingaro – continua Sorce –, esattamente nella prima caletta che s’incontra entrando da San Vito Lo Capo, quindi ci siamo spostati nel palermitano, dove abbiamo girato all’interno della Cappella Palatina, dentro il Palazzo Reale, nella storica villa Wirz, in una via in centro, vicino il molo trapezoidale, in cui abbiamo girato il furto di un’auto, e poi in mezzo al mare».
Proprio nelle acque di San Vito Lo Capo, dentro la riserva dello Zingaro, la troupe, per una scena ancora avvolta nel mistero, ha piazzato tra le onde «una conchiglia gigante, che rappresenta Venere che nasce nelle acque», continua Sorce.
Nel palermitano, le riprese hanno visto protagonista anche il borgo di Caccamo.
Lo ricorda Giovanni Panzeca, presidente della Pro Loco del paese: «La nostra sede è stata utilizzata, in quei giorni di riprese, come campo base. Hanno girato alcune scene piazzando la telecamera sul balcone dell’ufficio in cui lavoro quotidianamente, Caccamo per quei giorni è stata stravolta dalla sua routine. Tutta la piazza Duomo era ricoperta di sabbia, e c’erano tante, tante comparse in scena».
Non solo, ma anche cavalli, e vestiti d’epoca, in una ricostruzione «che rappresenta l’inizio della storia del film», conferma il location manager. «Caccamo è stata indubbiamente la location che è stata maggiormente stravolta rispetto al suo aspetto reale».
Il lavoro di Massimiliano Sorce e Chiara Scardamaglia è iniziato molto prima che la troupe di Julian Schnabel arrivasse in Sicilia: «Nella scelta delle location, ci viene mandata la sceneggiatura», e l’attenzione dei location manager è quello di carpire accuratamente l’atmosfera che deve emanare un luogo, un set.
Una volta fatto questo, si passa alle proposte: «Il regista sceglie sulla base di quello che proponiamo, a meno che non ci siano delle imposizioni a priori da parte sua. In questo caso però avevamo carta bianca».
E non sono mancati, naturalmente, i luoghi «difficili da espugnare»: «La Cappella Palatina di Palermo è stata in assoluto la location più difficile. Ottenere l’autorizzazione è stato frutto di un percorso lungo e tortuoso. Si tratta di un sito di pregio inestimabile», che con l’uscita di «In the Hand of Dante» viene consegnato agli spettatori e i cinefili di tutto il mondo, che la vedranno e con grande probabilità avranno voglia di visitarla di persona, vederla con i loro occhi.
«Proprio per la bellezza del luogo e il valore inestimabile di alcune opere che contiene, noi del reparto location abbiamo dovuto cercare di contenere tutta la troupe durante le riprese, per evitare che potesse accadere anche il minimo imprevisto su un set di così alto prestigio».
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