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La storia ci insegna: pure a Palermo la peste del 1624 fu combattuta restando a casa

Noi palermitani dovremmo saperlo, sin dai tempi più remoti, le epidemie si sono potute arginare con metodi praticamente identici a quelli che viviamo in tempi di Coronavirus

  • 28 marzo 2020

Monte Pellegrino nel dipinto di George Loring Brown (1856)

I tempi drammatici che stiamo vivendo hanno già un nome ed ormai resteranno nella storia come "quelli del Coronavirus". Oggettivamente quasi nessuno avrebbe immaginato che uno sconosciuto nemico invisibile sarebbe stato in grado di intimorire e fermare il mondo, mietendo così tante vittime.

Non voglio addentrarmi in temi già abbondantemente trattati; ma ciò che ascolto, vedo e leggo in questo periodo mi fa riflettere sulle reazioni insofferenti di molte persone rispetto alle misure adottate per il contenimento del contagio. Però, sin dai tempi più remoti, le epidemie si sono potute arginare soltanto limitando al massimo la loro trasmissione attraverso i contatti umani.

Noi palermitani devoti di Santa Rosalia, eletta a patrona della nostra città per averla liberata dalla peste del 1624, dovremmo invece conoscere bene la storia.

Fu durante quella aggressione epidemica che morì la moglie del giovane saponaro Vincenzo Bonelli, noto come "il cacciatore". Questi, preso dalla disperazione, il 13 febbraio del 1625 sfuggì all'imposizione delle autorità di non uscire dalla propria casa e si avviò sul Monte Pellegrino per suicidarsi.
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Un attimo prima che egli attuasse la sua angosciante e terribile decisione, gettandosi da una rupe, gli apparve la Santuzza. Ella gli chiese adoperarsi affinché il cardinale Doria si convincesse a riconoscere l'autenticità delle proprie ossa rinvenute mesi prima, il 15 luglio 1624, sulla quale invece il prelato era molto scettico.

Santa Rosalia gli rivelò pure che solo dopo averle portate in processione al canto del "Te Deum laudamus", la peste sarebbe stata definitivamente debellata. Ed infine profetizzò l'imminente morte del cacciatore, che infatti si verificò subito dopo che questi mantenne fede all'incarico conferitogli riferendo l'accaduto al proprio confessore.

Quindi il fatto di rimanere in casa durante questi tragici eventi è praticamente da sempre la misura più efficace per contrastare un contagio.

Perché dunque tanta avversione verso queste sacrosante regole, benché nel nostro caso - seppur rischioso - non siano completamente rigide? Perché ci si avvale di scuse, di alibi e di ogni idea fantasiosa pur di uscire da casa? Casa dolce casa...non è una prigione: è la nostra dimora all'interno della quale ci si può sbizzarrire in mille attività. Da quelle quotidiane a quelle incentrate sulle nostre passioni ed i nostri hobbies, ad esempio il bricolage, la lettura di un buon libro o il fitness casalingo.

Ho ascoltato direttamente il senso di intolleranza, specialmente da parte di alcuni giovani meno disposti al rispetto delle regole. Ed è qui che si deve far scattare il mai tramontato valore della responsabilità, ogniqualvolta sia necessario utilizzarlo.

Responsabilità che richiede e costa sacrifici, ma che offre sicuramente i suoi frutti. Declinarla, in nome di un proprio presunto livello elevato rispetto ai rischi incombenti, significa invece sprofondare in un abisso forse senza ritorno. La tragedia può essere dietro l'angolo e le precauzioni non saranno mai troppe.

È già abbastanza preoccupante la ovvia situazione economica negativa scaturita dal divieto. Conserviamo e coltiviamo adesso le nostre energie, mentre stiamo in casa a tutelarci sperando che tutto finisca prima possibile. Dobbiamo prepararci ed essere pronti a far ripartire il nostro paese con un nuovo slancio, consapevoli della piccolezza delle difese umane per svilupparle e migliorarle.

Come me, i devoti della Santuzza chiederanno non solo la sua intercessione per essere completamente liberati da queste circostanze tanto critiche. Ma anche per eliminare, dalle menti di ognuno, eventuali cattivi pensieri e brutti intendimenti che potrebbero sfociare in pericolose situazioni. E, nel frattempo, mentre il megafono degli automezzi circolanti della Protezione Civile lo grida a gran voce, mi raccomando e vi raccomando anch'io: "Stamunni a casa!".
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