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La storia e la (nuova) vita "ru chianu" di Porticello: come cambia la borgata marinara

Il centro del paese, casa di pescatori e amato dai turisti, cambia volto. I lavori sono in corso ma il progetto promette meraviglie e migliorie. Scopriamo cosa ci riserva

Sara Abello
Giornalista
  • 2 settembre 2022

Una vecchia foto di Porticello (foto da Visit Santa Flavia)

Qualche tempo fa vi ho narrato delle scabrose vicende che hanno "colorato" le mura del Castello di Solanto, a Santa Flavia. Se ben ricordate però vi ho anche raccontato della sua tonnara, che ha rappresentato una consistente risorsa per l’economia di tutta l’isola.

Una cosa che non vi ho detto è che grazie alla tonnara si è sviluppato anche il borgo di Porticello.

Ripensando ai benefici dati all’area verrebbe da dire «Santa tonnara subito!» Porticello è di fatto la frazione più grande del Comune di Santa Flavia e, come vi anticipavo, deve la sua origine alla pesca di tonno sviluppatasi nella tonnara di Solanto.

Inizialmente quindi, il borgo aveva "vita stagionale". A partire dal mese di marzo, con l’apertura della tonnara, i pescatori che vi lavoravano utilizzavano quell’area come base d’appoggio, dando concretamente l’impulso alla formazione del borgo.

Con l’arrivo di settembre però, cessata l’attività di pesca, si "spegneva" anche la vita del borgo e i pescatori tornavano nei loro paesi di origine.
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Questo "adduma/astuta" proseguì, anno dopo anno, più o meno fino al 1500 quando, con la crescita delle attività commerciali connesse alla tonnara, iniziò uno sviluppo più concreto del borgo, che divenne in fretta un centro di pesca molto attivo, al punto che oggi conta una flotta di circa 400 unità.

Non è per altro difficile comprendere le ragioni che abbiano spinto i pescatori ad insediarsi proprio lì.

Questo tratto di costa molto frastagliata, caratterizzata da calette riccamente pescose e piccoli scenari che fungevano da rifugio per i primi abitanti, avevano e conservano ancora oggi il loro fascino inalterato.

Una conformazione perfetta anche per custodire tutta l’attrezzatura necessaria alla pesca dei tonni, che rimaneva ammucciata e al sicuro, senza rischio di furti indesiderati.

Poco distante dall’attuale porticciolo, vi si trova uno spiazzo il cui nome è identificativo delle attività che vi si svolgevano, ma anche della stessa vita porticellese: Piano Stenditore.

Eh quando si dice “nomen omen”...di sicuro, considerato ciò che vi ho già detto e l’ubicazione, non vi sarà difficile comprendere che in questo caso il nome sia ben più che un destino. Piano Stenditore è stato e, presumibilmente tornerà presto ad essere, il focus della vita porticellese.

Un grande spiazzo, u chianu, dove per tradizione i pescatori stendevano le loro reti per ripristinarle, laddove vi fossero degli squarci, e dove avvenivano anche le riparazioni e ritinteggiature delle loro imbarcazioni.

Vi ho preannunciato che si spera torni ad essere presto luogo centrale della vita porticellese perchè, ormai da tempo, l’area è inibita a causa di un progetto di restyling da oltre 3.000.000 di euro.

Beh "due spicci" stanziati nell’ambito del progetto "Patto per il Sud" che consentiranno i lavori di riqualificazione urbana e rifunzionalizzazione ad uso pubblico.

E in realtà di funzioni pubbliche per l’intera comunità ne ha rivestite davvero tante. Piano Stenditore ha iniziato nel tempo ad avere una doppia vita, al mattino dedicato al lavoro dei pescatori e la sera “belvedere”.

Come ignorare il richiamo delle bellezze del mare anche dopo il calar del sole, con tutte le lucine della costa ben in evidenza e le stelle che si riflettono sull’acqua del mare a portata di occhi?

In realtà però questa spianata ha subito davvero tante trasformazioni in linea con il mutare della sua funzione. È stata teatro all’aperto e campo da calcio con tanto di gradinata, cumulo di detriti delle demolizioni post guerra e chi più ne ha più ne metta.

Tanti e tali i cambiamenti subiti ma con una costante: Piano Stenditore è da sempre concepito dai porticellesi come il luogo di aggregazione per eccellenza.

Non è un caso dunque che per lungo tempo si sia identificato come lo spazio preposto per lo svolgimento della festa di Porticello, dedicata a Maria Santissima del Lume, patrona della borgata marinara, il cui culto fu forse introdotto dai padri gesuiti a partire dal XVIII secolo e la cui celebrazione popolare ricorre ogni anno a partire dai due giorni che precedono la prima domenica di ottobre e sino ai due giorni ad essa successivi.

Ma come dovrebbe apparire "u chianu" dopo questo rifacimento di look?

Innanzitutto si comincia dalla pavimentazione che sarà rifatta così da prevedere anche percorsi per soggetti diversamente abili, aree gioco, illuminazione perchè sì è bella l’atmosfera soffusa, ma veder dove metti i piedi è pure meglio, e poi nuovi arredi urbani.

Capite? Non dovrete più portarvi "a siggitiedda" da casa, quella di legno, apri e chiudi, comoda come una pala di fichi d’India, per inebriarvi alla vista del mare.

Da progetto dovrebbero sorgere anche aree verdi, presumibilmente con varietà che possano stare bene e crescere rigogliose così a ridosso del mare, per evitare poi di stupirci che secchino tutte cose.

Protagonista della piazza sarà ancora una volta l’attuale statua della Madonna che saprà forse fare il miracolo di far durare nel tempo le migliorie introdotte, o così ci auspichiamo.

Non è proprio chiaro quando la spianata verrà riconsegnata alla comunità, anche perchè, al momento, le recinzioni sono tali che non si riesce a capire a che punto sia il progetto.

Ma tranquilli, monitorerò io per voi. Per adesso si sa solo che per oltrepassare Piano Stenditore e arrivare a Santa Nicolicchia è necessario circumnavigare l’area, dal momento che nessun passaggio lungo la costa è stato lasciato.

Di reti e barche lì non se ne vedono più molte, in compenso u ciavuru ru mari, che ha impregnato ogni centimetro dell’area, arriva sino alla strada e che tu lo voglia o no, ti penetra la pelle e, se glielo permetti, ti riporta indietro con la mente al ricordo delle fatiche di chi quel tratto lo percorreva per lavorare duramente.

Intanto noi stiamo qui ad attendere speranzosi.
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