La vigilia di Natale in Sicilia mangiavi pesce: ma niente salmone, il menu ricco (e povero)
In tutta l’Italia meridionale, secondo tradizione, nelle festività Natalizie del 24 e 25 Dicembre si è soliti preparare pietanze a base di pesce: vi raccontiamo la tradizione
Pranzo di Natale
Anche in passato il pesce era uno dei piatti forti del banchetto di Natale, ma sulla tavola dei signori si consumavano l‘anguilla e la murena (pesci costosi “per le famiglie che hanno o fingono di avere da spendere “commentava Giuseppe Pitrè), mentre sul desco dei contadini e della povera gente c’era il baccalà. «Gran cosa la cena natalizia - scriveva il Pitrè - che si mangi e si beva in questa notte sacra è noto a tutti».
I banchetti delle festività natalizie erano esempio siciliano di abbondanza alimentare. Il popolo trascorreva la cena gustando pietanze tradizionali: pasta caciata, sfinciuni e sfinci, scacciu (ceci e nocciole avellane); non poteva mancare però il pesce, che per i poveri, come abbiamo detto, era il baccalà. Il baccalà scrive Giuseppe Coria è un tipo di merluzzo che viene pescato nei mari del nord, un tempo in Sicilia era cibo tradizionale “di magro”, quando si faceva per penitenza astinenza dalla carne.
Il buon baccalà deve essere morbido, carnoso e una volta cotto, deve avere una consistenza di poco superiore a quella del merluzzo. Come si cucinava il baccalà? Sempre il Pitrè ci racconta che si preparava fritto, in bianco “bollito e poi conciato con prezzemolo, olio, aglio, sale e pepe”, a ghiotta (con un sughetto ottenuto con cipolla e pomodoro fresco soffritti nell’olio, aggiungendo acqua), a spizzateddu (soffritto in sugna e cotto in acqua).
Il pesce poi non era mai “da solo” ma era sempre in buona compagnia perché veniva accompagnato da tanto vino: veniva innaffiato largamente con il rosso liquido dei Ciaculli, di Partinico, di Castelvetrano, di Siracusa, di Catania. Le famiglie più agiate preferivano al baccalà il pesce fresco e la scelta cadeva, per antica abitudine, sull’anguilla in dialetto “ancidda”.
Chi non poteva permetterselo spesso si indebitava, perché bisognava “apparire” a qualsiasi costo dei signori, anche quando non lo si era… «E a Natale, quando le anguille si vendono così bene, nella casa in riva al lago, cenavano allegramente dinanzi al fuoco», scriveva Giovanni Verga in "Malaria". L'anguilla è un pesce dalla forma serpentina che unisce caratteristiche di pesce e serpente, un'ambiguità che ha ispirato miti e tradizioni.
A Napoli ancora oggi per la Vigilia di Natale si cucina il capitone, così è chiamata nell’Italia Meridionale la femmina dell'anguilla, un pesce molto grasso e di grandi dimensioni. Il capitone, grazie alla sua somiglianza col serpente (simbolo del male), viene mangiato per esorcizzare la malasorte: cibandosi di questo "serpente di mare", si crede di sconfiggere il male e la sfortuna.
Anche I Florio per Natale mangiavano il capitone: si legge nel "Diario di Franca Florio"«Palermo, Olivuzza, 25 Dicembre 1910 Oggi è Natale. Siamo a pranzo insieme, tutta la famiglia si è riunita dopo la Santa Messa. Noi quattro, mia madre, mia suocera, Vincenzo e Annina, Maruzzella Bardessono, i cugini d’Ondes e il Conte Pignone che stamattina presto è andato per prendere i capitoni freschissimi che Gennaro Capece ha mandato ad Ignazio.
Nell’aria respiro già l’aroma del sugo di tonnetti che è la tradizione della nostra Casa, introdotta da mio suocero più di 30 anni fa. E poi schiumone al cioccolato per tutti che, in questa stagione, è il vero lusso». (S. Requirez, Con gli occhi di Franca).
Ci informa il Pitrè che a Modica chi aveva molti quattrini preparava il pasticcio di anguille; il popolino si accontentava di pasticci di seppia, di lumache, di cavolfiore, di cipolla. Erano molto rinomate erano le anguille di Messina, ma a Natale se ne consumavano talmente tante che quelle locali non erano sufficienti e arrivavano sui mercati di Messina e di Catania le anguille del Veneto.
Scriveva ancora Pitrè: «Se l’anguilla costa cara in altre stagioni dell’anno, costa carissima in inverno e per Natale, in cui si ha la Santa devozione – dicono – di mangiarne: onde i pasticcieri ne imitano di pasta reale (marzapane) e di zucchero». Purtroppo questa tradizione oggi in Sicilia è totalmente scomparsa.
Chissà che l’usanza di consumare anguille (anche di marzapane) per Natale non risalga al periodo della dominazione spagnola... Nella cucina spagnola la presenza delle anguille ha molteplici sfumature, dall’inquisizione alla letteratura del XIX secolo: ne fanno riferimento come tradizione o come mezzo di prova per la scoperta degli eretici (che per le loro regole religiose si rifiutavano di mangiarne).
Lo scrittore spagnolo Don Benito Perez Galdos delle anguille nelle sue novelle, con riferimento alla loro pesca e alla loro scomparsa dalle acque dei fiumi spagnoli. A Valencia, l’anguilla è un piatto popolare conosciuto come “anguila allipebre”.
A Toledo il tradizionale dolce spagnolo di Natale sono le anguille di marzapane, nate per sostituire le anguille del fiume Tajo. I pasticceri realizzano anguille realistiche in una squisita pasta di mandorla (marzapane), decorata con glassa di zucchero e guarnita con frutta candita e capello d’angelo.
Le anguille di marzapane sono un dolce antichissimo, vengono citate addirittura in un libro di ricette del 1611, scritto da sovrano Filippo III. Una leggenda racconta che la carenza di anguille vere portò i pasticceri a creare un dolce di marzapane che ne mantenesse il simbolismo gastronomico per le feste.
Secondo altri questi dolci rappresentano un'antica tradizione pasticcera dei monasteri di Toledo. L’anguilla di marzapane ripiena di marmellata o cioccolata, è ancora oggi uno dei regali gastronomici più apprezzati delle feste di fine anno. Il dolce, con sembianze ben precise ha due versioni, quella con le scaglie fatte di mandorle laminate e quella liscia.
Tornando alla nostra gastronomia isolana: se vorrete cimentarvi per le feste di Natale con le ricette della tradizione, per stupire i vostri commensali (e non proporre come ogni anno le solite tartine al salmone), eccone alcune riportate qui di seguito.
Ricetta dei ricchi: anguilla di Natale
Ingredienti
1 chilo di anguille
2 spicchi d’aglio
2 foglie di alloro
Un ciuffetto di prezzemolo
4 cucchiai di olio EVO
Sale e pepe a piacere.
Procedimento
Chiedete al vostro pescivendolo di nettare le anguille, spellarle e tagliarle in pezzi. Soffriggete l’aglio nell’olio Evo posto in una casseruola (senza farlo bruciare), aggiungete le foglie di alloro, sale, pepe, prezzemolo. Coprite con un coperchio e fate cuocere per circa mezz’ora, allungando con un po’ d’acqua se necessario. Servite calde.
Ricette dei poveri: baccalà fritto
Ingredienti
500 g di baccalà dissalato, spinato e tagliato in pezzi sottili
Farina 00 q.b.
1 bicchiere di olio EVO
Sale e pepe q.b.
2 limoni.
Procedimento
Passare il baccalà nella farina da entrambi i lati, facendola aderire bene e porre i pezzi in un piatto da portata, eliminando la farina in eccesso. Friggete i pezzi in una padella, in olio bollente, prima da un lato e poi dall’altro, facendo attenzione a non rivoltarli troppo, perché il baccalà tende a sfaldarsi. Aggiustate di sale e pepe.
Quando il baccalà sarà dorato toglietelo dalla padella e fatelo scolare su carta assorbente. Servite caldo, accompagnato da quarti di limone.
Baccalà agghiotta
Ingredienti
500 g di baccalà dissalato, spinato e tagliato in grossi pezzi
500 g di patate
50 g di olive verdi a cui avrete tolto il nocciolo
1 cucchiaio di capperi
1 costa di sedano
1 cipolla
1 mazzetto di basilico
6 cucchiai di olio EVO, sale e pepe q.b.
Procedimento
Tritate sottilmente la cipolla e fatela imbiondire in un ampio tegame, in cui avrete posto l’olio EVO. Aggiungete il sedano tagliato a tocchetti e sbollentato, le olive, i capperi e le patate già precedentemente pelate e ridotte in pezzi piccoli. Fate insaporite e bagnate con un bicchiere d’acqua.
Quando le patate risulteranno tenere sotto i rebbi della forchetta, unite delicatamente il baccalà e aggiungete pepe, prezzemolo tritato e ancora poca acqua, ricoprendo il pesce. Continuate la cottura a fiamma bassa per circa mezz’ora, badando a non fare attaccare il baccalà sul fondo del tegame. A cottura ultimata aggiustate di sale e servite caldo.
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