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Le bellezze di Palermo: una dimora del '700 (da poco restaurata) apre le sue porte alla città

È uno dei palazzi storici tra i più antichi della città e venne costruito dai Principi Alliata di Villafranca. Ripristinarlo non è stato semplice, come ci raccontano i proprietari

  • 18 ottobre 2021

Palazzo Burgio di Villafiorita

È uno dei palazzi storici tra i più antichi della città, Palazzo Burgio di Villafiorita, sito in via Garibaldi, una volta chiamata via di Porta Termini, oggi di proprietà di Roberto Ruggi Bilotti d’Aragona.

«È stato molto difficile - ci ha detto - recuperare tutte le frazioni di proprietà del palazzo prima di procedere al restauro e al completo ripristino dell’immobile.

Mi preme sottolineare che qui in Sicilia, a Palermo, rispetto ad altre città italiane, come Roma o Milano stessa, è difficile che una società o un ente richiedano un immobile interamente come sede di lavoro per cui molti palazzo storici, nel tempo, sono stati lottizzati e venduti a singoli compratori.

Riunificare, perciò tutta la proprietà non è stata impresa semplice. In quest’ottica essere riusciti anche a riaprire un’edificio storico alla città, si può ben comprendere come sia per un importante traguardo raggiunto».
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I lavori di restauro, ci ha raccontato il proprietario, sono iniziati circa dieci anni fa e solamente tre anni fa il Palazzo è stato riaperto. «Sono felice che oggi il palazzo viva, essendo sede di alcuni uffici comunali, e a tal proposito devo ringraziare l’amministrazione comunale che ci consente di aprire al pubblico, attraverso il Festival de Le Vie dei Tesori, in alcuni momenti dell’anno favorendo la vista diretta delle bellezze del palazzo. Quello che mi auguro è che queste occasioni siano quanto più frequenti possibili».

La via di Porta Termini, dalla straordinaria architettura della porta distrutta dai moti risorgimentali, oggi non esiste più ma era la strada dei grandi palazzi nobiliari Ajutamicristo, Naselli Flores Scavuzzo Triigona di Sant'Elia.

Il palazzo Burgio di Villafiorita venne costruito dai Principi Alliata di Villafranca a metà settecento insieme al corpo barocco del palazzo frontale costruito dai Moncada. I due portoni ed atri assiali erano aperti verso giardini aperti al pubblico in una rinnovata visione illuminista, di matrice francese.

Il palazzo è costituito da una straordinaria fuga di saloni simmetrici al piano nobile sopra il piano terraneo, oltre ad una seconda elevazione e ammezzati. Nei soffitti si trovano stucchi rocaille con elementi in porcellana, pietre dure e madreperla; i lambrie sono affrescati.

In un salone dipinto al soffitto si trova raccontata la storia di Fetonte mentre precipita con i suoi cavalli nel Po, tra le sorelle Eliadi che lo piangono mentre si trasformano in salici piangenti e le loro lacrime diventano ambra.

Tra le curiosità la stanza della scimmia con un foto nella parete che le consentiva di uscire all'aria aperta entro una gabbia posta sulla facciata; queste ultime, in conci di tufo come diversi altri palazzi, conferiscono alla strada carattere di unicità.

Dopo l'ultima guerra venne frazionato e passò a diversi proprietari che non riuscirono a gestirlo, fino allo stato di totale abbandono e rovina. Dal 2000 è stato oggetto di riunificazione delle pluriproprietà che ne ha restituito l'unicità spaziale e il ritorno all'iniziale identità.

Il Palazzo consta anche di un ampio atrio, una imponente cavallerizza colonnata in Billiemi, uno scenografico scalone in marmo rosso, al piano nobile una infilata di vasti saloni Rococò dove le preziose maioliche istoriate e modulari depredate nel tempo sono state ripristinate sviluppando i disegni dei pochi resti confrontati con foto e disegni di altre pavimentazioni similari.

«Oggi è molto difficile tenere in vita, in buono stato di manutenzione e fruibile un palazzo storico, sono operazioni che io definisco amatoriali perché sono, ovviamente, molto onerose e impegnative. Con il Governo Monti abbiamo ricevuto un ulteriore batosta nella gestione dei beni storici con un aggravio di responsabilità e costi, e mi auspico che presto cambi in questo senso qualcosa. Per il bene di questi immobili e della loro storia».
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