ATTUALITÀ
Le istituzioni non hanno gli strumenti: ad Agrigento il cambiamento sociale è dal basso
Si chiama "Tierra Techo Trabajo" e non è il ritornello di un canto operaio sudamericano: tre trentenni si domandano quali siano i bisogni della città di Pirandello
La zona industriale di Agrigento (foto di Mauro Filippi)
Nel luogo che Pirandello, ne I vecchi e i giovani, descriveva "città di preti e di campane a morto", si ricercano nuovi spazi di dibattito e di intervento. Attraverso il ricorso, questa volta, a strumenti più aggiornati.
La prima novità sta forse nella maggiore e più significativa partecipazione, e nell’impianto teorico più maturo e in continua elaborazione.
Tre dei soci fondatori di T.t.t. (il trinomio è citazione di un’enciclica papale) siedono al caffè letterario Pirandello, in zona Kaos e di fronte la casa museo del drammaturgo di Girgenti. Fumano al cospetto di un tenue sole, alle 18 del pomeriggio.
Durante l’intervista sembrano esporre più che un manifesto programmatico, un ragionamento socio-politico in costante divenire, e una continua messa a fuoco degli obiettivi e breve e lungo termine.
Sembrano perplessi in merito all’essere citati, mossi da scrupolo nei confronti degli altri compagni: Sofia Casà, Angelo Concilio, Mattia Grech, Emanuele Pogliari, Giuseppe Castellano.
Gaetano Di Ballo è il presidente: laurea in beni culturali, da tempo nell’associazionismo e nell’attivismo politico, e in particolare impegnato nell’assistenza ai diversamente abili. Francesco Gangarossa è laureato in filosofia da due anni e mezzo; era pronto a emigrare in Francia ma per ragioni personali ha cambiato rotta e punta adesso sulla neonata associazione e sul concorso docenti. Così Giuseppe Carlino, laurea in giurisprudenza, orientato inizialmente alla carriera in magistratura, adesso rivolto all’impegno civile.
«È un progetto che carica la molla dalla fine dell’estate 2018. Sei mesi di incubazione fino alla fondazione il 26 febbraio di quest’anno.
Un progetto economico-culturale, non elettorale» spiega Giuseppe, e sottolinea: «Le Amministrazioni non hanno più gli strumenti amministrativi né finanziari per operare un cambiamento sociale. Bisogna supportare allora le Amministrazioni nell’individuazione di strumenti tipici del terzo settore».
Il loro linguaggio è insieme speculativo e programmatico. Aggiunge Francesco: «Bisogna inserirsi tra le mancaze dell’Amministrazione e coprire i bisogni sociali della società: educativi, sociali, culturali, sportivi… Sfruttare in maniera positiva, come non lo si è fatto finora, questo diffuso sentimento di antipolitica».
Il contenuto prima del contenitore. Insomma una piattaforma che si adatti di volta in volta alle necessità, a seconda dei bisogni sociali e delle possibilità, particolarmente quelle offerte dalla progettualità europea.
Lavorare attorno alla libertà, a loro dire non concessa dalla politica, di radunare le persone attorno a finalità comuni. Raccogliendo un ampio spettro di professionalità: sociologica, giuridica, aziendalistica, psicologica. Per un «un modello sperimentale che prevenga e/o curi la disgregazione e l’emarginazione sociale. Un percorso almeno biennale».
Agrigento non è nuova a simili esperimenti, e non stupirebbe se le prime attestazioni di tentata “associazione delle associazioni” si trovassero in Diodoro Siculo.
Al pari di tante iniziative commerciali locali, le associazioni talvolta vanno e vengono al pari della moda, dei locali della movida, soffrono ed esprimono i capricci e la noia della collettività. E spesso serpeggia nei riguardi delle stesse il sospetto del doppio fine, l’antipatia personale, l’evidenza di connessioni col politico del caso, l’egoismo delle finalità individuali che infine vengono a galla. T.t.t. corre gli stessi rischi? I ragazzi intendono mettere in campo trasparenza e collaborazione. Da dove si comincia?
Le tappe le illustra Francesco: «Il focus geografico è il quartiere di Villaseta. Tano è il presidente ed è all’orgine di tutto. Cresciuto in quelle zone, desiderava fare qualcosa che permettesse di agire concretamente».
Villaseta quale «polo di rigenerazione urbana». Tutto ruota attorno a uno spazio – ancora da individuare – dove «rifondare il senso di comunità»: rafforzamento della formazione primaria e secondaria, attività sportive, riqualificazione di zone urbane, cineforum, orti didattici… le intenzioni sono tante.
E poi il parco dell’Addolorata, nelle loro parole un pezzo di storia architettonica e urbanistica, costruito dopo la frana del 1966 e poi abbandonato, secondo perno e simbolo della riqualificazione che li impegnerà (con Legambiente).
E la reazione dell’Amministrazione? «Inizialmente ci pigliaru pi’ picciuttazzi. Ma era nella natura delle cose. Adesso ci prendono più sul serio». «Al Comune non chiediamo nulla che non sia l’agevolazione per i progetti da portare avanti», specifica Giuseppe, «non chiediamo nient’altro che supporto e rimozione degli ostacoli burocratici».
A oggi hanno gettato ponti con coperativa Al Kharub, circolo Arci John Belushi e ActionAid (con il quale stanno per avviare una partnership).
Il prossimo e inaugurale appuntamento è la partecipazione a Utopia fest (dal 4 all’8 settembre ad Agrigento), evento che si fonda sulla realizzazione di street art e land art, e che interessa una zona che va dal parco dell’Addolorata alla rupe Atenea.
Per questo è in cantiere il progetto Icore, ovvero quattro repliche dell’Antigone di Sofocle all’interno dell’anfiteatro del parco, a opera dei neodiplomati dell’Istituto nazionale di arte drammatica di Siracusa e con la collaborazione del Comune di Agrigento.
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