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Li raccogli in autunno ma occhio ai velenosi: i funghi (che ingannano) crescono in Sicilia

Di colore arancio intenso e con una crescita cespitosa alla base di alberi, questo fungo appariscente viene spesso scambiato per un altro ben più noto e commestibile

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 25 settembre 2025

Il fungo dell'ulivo

Nel corso delle ultime settimane sono aumentati esponenzialmente nel nostro paese il numero di pazienti intossicati per colpa dell’ingestione di funghi velenosi. Molte di queste persone sono finite persino in ospedale, per via del peggioramento delle loro condizioni, giunti a livelli critici.

Al momento non si sta parlando ancora di un aumento nei decessi, ma l’incremento improvviso di intossicati ha preoccupato il nostro Servizio sanitario nazionale, che soprattutto in alcune regioni del centro Italia – dove la raccolta dei funghi nei boschi è un rito annuale per molti cittadini – lotta da anni con questo fenomeno, tramite campagne di sensibilizzazione e di divulgazione al tema.

Di funghi velenosi, d’altronde, il nostro paese ne è pieno, tanto che già ai tempi dei romani i naturalisti come Plinio il Vecchio o Lucrezio sconsigliavano nei loro testi la raccolta di determinati funghi, come l’Amanita phalloides o l’Amanita muscaria. A preoccupare in questo momento gli esperti è l’Omphalotus olearius, comunemente chiamato fungo dell’olivo.

Di colore arancio intenso e con una crescita cespitosa alla base di alberi come olivi e querce, questo fungo appariscente viene spesso scambiato per il ben più noto e commestibile Cantharellus cibarius, ovvero il gallinaccio o "finferlo", apprezzato in cucina e presente in molte tradizioni gastronomiche italiane, anche del Sud Italia.

Entrambe queste specie sono presenti anche in Sicilia e dunque molto importante saperli distinguere per non incorrere a tragiche conseguenze. L’Omphalotus olearius è la specie che sta provocando così tanti incidenti in Toscana e dispone delle lamelle molto spesse che scorrono lungo tutto il gambo. Il Cantharellus, invece, è più pallido e presenta delle pliche.

L’O. olearius cresce di solito in boschi caldi e soleggiati, specialmente durante l'estate e l'autunno e ha una tendenza cespitosa. Attualmente, la regione che presenta il maggior numero di intossicati risulta essere proprio la Toscana, dove decine di persone si sono rivolte agli ospedali, presentando come sintomi vomito, diarrea, forti dolori addominali, danni epatici, eruzioni cutanee e forti dolori al diaframma.

Anche in Sicilia le autorità sanitarie stanno osservando negli ultimi giorni un aumento delle intossicazioni, sebbene con numeri più contenuti. Questo perché in Sicilia gli appassionati di funghi sono molti di meno rispetto che nel resto del paese e i gusti sono leggermente diversi, con gli appassionati che prediligono specie più facilmente riconoscibili.

Secondo fonti dell’ASP di Palermo, diverse intossicazioni avvenute negli anni scorsi sono inoltre avvenute nei dintorni dei monti delle Madonie e dell’Etna, dove la raccolta di funghi è una tradizione popolare molto diffusa, che segue la stagione della raccolta delle castagne.

Ciò che rende l’Omphalotus olearius così pericoloso rispetto al gallinaccio sono le elevate concentrazioni di lattoni sesquiterpenici e di altre sostanze altamente tossiche che attaccano l’apparato gastrointestinale.

Questa specie, come molte altre, cerca infatti di non farsi mangiare e di indurre una risposta negativa al suo potenziale consumatore. Secondo gli esperti, a causare così tanti incidenti quest’anno in Italia sarebbe stata l’ormai diffusa abitudine di confidare nell’applicazioni di riconoscimento, rispetto al frequentare corsi specifici o a richiedere l’ausilio di un micologo.

Molti intossicati hanno infatti ammesso di essersi affidati a software che usano l’intelligenza artificiale per il riconoscimento visivo, compiendo così un madornale errore.

«Le app possono essere strumenti utili per l’orientamento o per l’identificazione di piante e insetti, ma non dovrebbero mai sostituire il parere di un esperto micologo, specialmente quando si tratta di consumo alimentare» avvertono i biologi e naturalisti delle società micologiche regionali.

Per contrastare il fenomeno, diverse regioni, tra cui Toscana, Emilia-Romagna e Sicilia, stanno quindi pensando d’intensificare le campagne di prevenzione e informazione, suggerendo a tutti gli appassionati di frequentare i corsi e di studiare per prendersi il patentino necessario per ricevere l’autorizzazione alla raccolta dei funghi.

In molte ASL, inoltre, è possibile portare i funghi raccolti, dove vengono analizzati gratuitamente da esperti. Tra le specie più letali presenti nei boschi italiani c’è anche l’Amanita phalloides, conosciuta come angelo della morte. Questo fungo, che può facilmente essere confuso con alcune varietà di champignon selvatici, contiene potenti tossine epatotossiche (che prendono dal fungo il loro nome, le amanitine) che attaccano in modo irreversibile il fegato.

A differenza di altri funghi tossici, l’Amanita phalloides presenta anche una latenza dei sintomi fino a 12-24 ore, rendendo spesso inutile l’intervento del medico.

Ogni anno questa specie è responsabile di numerosi decessi in tutta Europa e in passato è stato utilizzato anche per uccidere alcuni imperatori, come Claudio. Altri funghi velenosi che possono causare la morte includono il Boletus satanas (porcino malefico), spesso confuso con altri porcini, l'Amanita verna e la Lepiota cristata (falsa mazza di tamburo). Se vi trovate quindi in giro e trovate sotto un albero un fungo appariscente, vi consigliamo di prestare attenzione.
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