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Li vedi nel cuore di Catania, sono simboli della città: i 4 lampioni di piazza Università

Si tratta di leggende, testimoni di racconti che parlano del carattere catanese, delle sue paure, dei suoi eroi, del suo rapporto con l’acqua, la terra e la lava. Ve le raccontiamo

Noemi Costanzo
Giornalista pubblicista
  • 25 novembre 2025

Piazza Università a Catania

Nel cuore di Catania, Piazza Università non è solo un elegante spazio barocco incorniciato da edifici storici; è anche un palcoscenico narrativo dove quattro lampioni di bronzo raccontano storie antiche e suggestive, parte della tradizione popolare catanese. Realizzati nel 1957 dallo scultore Mimì Maria Lazzaro insieme a Domenico Tudisco, i basamenti dei quattro candelabri rendono omaggio a quattro leggende profondamente radicate nell’identità della città.

La prima leggenda è quella di Gammazita, una giovane catanese vissuta ai tempi della dominazione angioina (intorno al 1280) che attirò le attenzioni di un soldato francese, Droetto. Secondo la tradizione, Gammazita - promessa sposa e donna virtuosa - venne molestata dal soldato durante un tragitto verso un pozzo vicino al Castello Ursino. Non volendo cedere né all’uomo né al disonore, la ragazza scelse di gettarsi nel pozzo piuttosto che subire. La sua morte suscitò profonda commozione fra i catanesi, che tacitamente trasformarono il pozzo in un luogo simbolico: si raccontava che le macchie rossastre sulle pareti fossero depositi di ferro, ma molti vi vedevano il ricordo del sangue versato da Gammazita.

In una variante del racconto, compare anche Macalda Scaletta, nobildonna gelosa, che trama con Droetto per farla uccidere, ma il suo amante Giordano interviene e vendica la ragazza. Il pozzo, che si trova in via San Calogero nei pressi del Castello Ursino, ancora oggi può essere visitato ed è gestito con attenzione culturale da associazioni locali.

La seconda leggenda è dedicata ai Fratelli Pii, Anfinomo e Anapia, due giovani contadini catanesi che incarnano un ideale di pietà filiale. Durante un’eruzione dell’Etna, secondo il racconto, i due fratelli non pensarono a salvarsi, ma caricarono sulle proprie spalle i genitori anziani, rallentando la fuga. La lava, miracolosamente, si divise in due flussi per evitare di travolgerli, per poi ricongiungersi subito dopo, risparmiando la famiglia. Questo gesto eroico fu così ammirato che, nella memoria collettiva, divenne simbolo di devozione: i Fratelli Pii furono celebrati nei secoli tramite statue, templi e persino monete.

Forse la leggenda più moderna fra le quattro è quella di Uzeta, un paladino nato dalla fantasia popolare nei primi anni del Novecento. Secondo il mito, Uzeta era figlio di un umile tessitore di via Naumachia che, grazie al suo valore, conquistò il favore del re Federico II di Svevia. Nel racconto, Uzeta sconfisse i “giganti Ursini”, saraceni che avrebbero occupato il Castello Ursino, liberando Catania. Secondo la leggenda, grazie alle sue imprese guerriere, riuscì a ottenere titoli nobiliari, sposare la principessa Galatea e partecipare addirittura a imprese eroiche all’estero: nell’Opera dei Pupi, Uzeta diventa un eroe che libera non solo Catania, ma Roma, Vienna, e conquista onori cavallereschi. Gli scultori Lazzaro e Tudisco lo hanno raffigurato su uno dei lampioni di Piazza Università, come simbolo di orgoglio popolare.

Infine, l’ultima leggenda rappresentata è quella di Colapesce (o “Cola Pesce”), figura di origine mitologica molto diffusa nel folklore siciliano. Nei candelabri di Piazza Università, la sua storia è evocata come simbolo di forza, resistenza e mistero del mare. La leggenda racconta di un giovane capace di lunghe immersioni, che avrebbe guadagnato la fiducia di re Federico II, affrontando prove pericolose in fondo al mare. Pur esistendo molte varianti della storia di Colapesce in tutta la Sicilia, la versione catanese è legata alle figure di sfida, sacrificio e conoscenza delle profondità.

Scolpite nel bronzo dei candelabri, queste leggende non sono solo storie da fiaba: rappresentano le radici morali e culturali di Catania. Come ha ricordato un documentario, “Legends in a Dream”, lo spazio urbano di Piazza Università diventa così un museo a cielo aperto, dove la memoria popolare si intreccia con l’arte e l’identità.

I quattro lampioni non sono elementi decorativi: sono simboli visivi di valori quali virtù (Gammazita), pietà (Fratelli Pii), coraggio e riscatto (Uzeta) e resilienza (Colapesce). Le leggende, rappresentate in forme scultoree, aiutano i cittadini e i visitatori a riscoprire un patrimonio immateriale che rischierebbe di essere dimenticato senza questi segni tangibili. Piazza Università è un crocevia non solo di traffico cittadino, ma di storia, mito e tradizione. I quattro candelabri in bronzo sono molto più che semplici lampioni: sono testimoni silenziosi di racconti che parlano del carattere catanese, delle sue paure, dei suoi eroi, del suo rapporto con l’acqua, la terra e la lava.

Visitare la piazza significa, dunque, non solo ammirarne la bellezza architettonica, ma anche ascoltare la voce del mito qui scolpita per sempre.
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