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"Libera e forte" in Sicilia: Laura Abbadessa, la prima donna alla guida della Dc

Il sogno di una politica che ricostruisce, che ascolta, che serve. Che non si fa forza della nostalgia ma si rinnova attraverso i valori profondi da cui è nata. L'intervista

Federica Dolce
Avvocato e scrittrice
  • 29 luglio 2025

Laura Abbadessa

C’è una forza silenziosa che attraversa la Sicilia e si traduce in gesti concreti, in presenze tenaci, in volti che resistono. È quella forza che oggi, per la prima volta nella storia del partito della Democrazia Cristiana, ha un volto femminile.

Laura Abbadessa è la prima donna a guidare il partito in Sicilia, e non lo fa con clamore, ma con la consapevolezza piena di un passaggio simbolico che porta con sé un peso concreto: la responsabilità di tracciare una strada nuova.

«Da siciliana e da presidente – racconta – guardo ad una Sicilia nella quale valga la pena restare, una terra che non ti costringa a cercare altrove dignità e futuro. Una terra a misura di donne, uomini, giovani che qui vivono, lavorano e si realizzano. Un luogo in cui ogni cittadino possa sentirsi parte di un progetto condiviso, in cui le Istituzioni siano vicine alle persone, in cui la politica sia fatta con coerenza e responsabilità».

Il sogno di una politica che ricostruisce, che ascolta, che serve. Che non si fa forza della nostalgia, ma si rinnova attraverso i valori profondi da cui è nata. «Un progetto di cambiamento vero, com’è nell’auspicio di tanti siciliani, postula un consenso ampio e condiviso. Richiede energie diffuse, slancio collettivo, fiducia nel futuro.

Viene spontaneo richiamare l’appello di don Sturzo ai "liberi e forti": a coloro che, pur nella diversità, si riconoscono in un comune senso di responsabilità e visione».

Non è un inizio improvvisato, ma una semina costante: «Noi il futuro abbiamo cominciato a costruirlo, con la passione, la dedizione e la determinazione di quanti credono, oggi più che mai, nella rinascita della Democrazia Cristiana».

Con lei ci sono uomini e donne del partito, dirigenti e militanti, ma anche un movimento femminile sempre più attivo: «Un pensiero particolare va al movimento femminile, che con competenza e tenacia sta dando un contributo prezioso e concreto». Nei primi cento giorni, il cuore dell’azione sarà quello dell’ascolto.

Un ascolto strutturato, concreto, tangibile: «Immagino la costituzione di laboratori tematici, aperti alla società civile, che raccolgano esperienze, saperi ed istanze provenienti dal mondo delle professioni, dell’impresa, della scuola, del terzo settore».

E a ottobre, un evento pensato come luogo di scambio e di visione comune: «La "Festa dell’Amicizia" che si terrà a Ribera i prossimi 3, 4 e 5 ottobre sarà articolata in un vario programma di tavoli tematici, pensati come luoghi di incontro tra politici, cittadini ed esperti del settore».

Accanto a questa attività di costruzione dal basso, l’azione politica continuerà a vigilare su fondi e misure, con un’attenzione particolare ai più fragili: «Continueremo a sostenere con determinazione tutte quelle iniziative volte a tutelare i cittadini e le famiglie, orientando e vigilando affinché i fondi pubblici siano spesi celermente e in modo produttivo anche per attuare misure concrete a favore di giovani, pensionati, anziani, disoccupati, persone in difficoltà economica».

Ma la visione più bella che Laura Abbadessa restituisce è quella di una Sicilia che resiste: «La Sicilia che emoziona di più è certamente quella che non fa rumore: quella che tiene insieme le comunità con piccoli gesti, quella che ogni giorno lavora, cura, educa, resiste, che compie quotidianamente il proprio dovere».

È quella Sicilia che troppo spesso resta ai margini del dibattito pubblico. Che andrebbe invece accompagnata, sostenuta, raccontata. «Camminare accanto a chi ogni giorno regge silenziosamente la nostra società... significa affermare tangibilmente la centralità della politica».

Una politica che non si esercita solo nei palazzi, ma nelle vite reali, nei gesti semplici, nelle scelte di ogni giorno. La sfida più grande? Parlare ai giovani.

Non con slogan, ma con contenuti. Con fiducia. «In una società in cui una foto vale più di un pensiero e un like pesa più di un ragionamento, non c’è nulla di più rivoluzionario di un giovane che decida di non fermarsi alla superficie, che si adoperi per cambiare le condizioni di partenza».

E se potesse rivolgersi a una ragazza di diciassette anni, lo farebbe così: «Coltiva l’indignazione, non accontentarti, rifiuta l’idea che le cose debbano restare come sono solo perché così le si è trovate...

Uno strumento per agire, per scegliere, per incidere è sicuramente la politica, anche fin da giovani, anche se essa appare lontana, disincantata.

Talvolta anche arrogante, instabile, preda di demagoghi. Eppure, chi ha la possibilità di farlo deve mettersi in gioco». Non è solo una questione di partecipazione, ma di costruzione di senso, di futuro, di speranza.

«Credo profondamente, come scriveva Luigi Sturzo, che le rivoluzioni siano figlie di idee e sentimenti, prima ancora che di interessi. Restare in Sicilia, contribuire al suo cambiamento, trasformare l’etica pubblica in prassi quotidiana è una grande rivoluzione che spetta (anche) ai giovani».

E conclude con un sorriso, ma anche con una chiamata gentile all’impegno: «Ad una giovanissima direi dunque “non bannare la politica, piuttosto mettile un like”». Un invito che, oggi, vale per tutti.
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