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Aes Dana: musica di “Frontiera”

Gli Aes Dana, “Gente d’arte” in gaelico, gruppo palermitano di musica celtico-mediterranea, presenterà il nuovo cd “Frontiera” al pubblico all'Agricantus

  • 17 dicembre 2003

Cosa hanno da spartire la Sicilia e l’Irlanda, il Mediterraneo e l’Isola di Man, Re Artù e l’Etna, l’arpa celtica ed il bouzouki greco o la tarabucca araba? È quanto riescono a fondere insieme gli Aes Dana, “Gente d’arte” in gaelico, gruppo di musica celtico-mediterranea, tutto palermitano, nel loro ultimo cd “Frontiera” in presentazione al pubblico con il concerto di giovedì 18 dicembre al Ccp Agricantus (via XX Settembre 82/a, Palermo, ore 21.15). Reduce dagli Stati Uniti, dove l’estate scorsa ha ritirato il Primo premio alla USA Songwriting Competition per il brano “Frontiera”, Giuseppe Leopizzi, compositore e portavoce del gruppo (costituito anche da Valeria Milazzo, Rosellina Guzzo, Roberto Pitruzzella, Giuseppe Viola, Nino Macaluso e Giovanni Apprendi), mostra con orgoglio i primi dischi della band.

A parte l’album “The Far Coasts of Sicily” (Hi, Folks! Records, 1987), questo cd “Frontiera” arriva dopo quasi vent’anni di carriera: perché così tanto tempo?
«Sono trascorsi esattamente sedici anni dal quel disco, divenuto ormai cimelio per collezionisti. Tutto questo tempo è dovuto proprio alla necessità, per chi come noi vive solo di concerti, senza alcun finanziamento esterno, di trovare le risorse per affrontare i costi che un cd comporta. Solo un brano è stato registrato alla Digiwave, mentre il resto lo abbiamo fatto nello studio di registrazione che nel frattempo sono riuscito a mettere su, il Robin Audiostudio».

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Come nasce l’idea di fare musica celtica in Sicilia?
«Ai concerti ripeto sempre che i contatti tra Sicilia ed Irlanda sono davvero tanti, e nella nostra musica le due isole vengono unite da un ponte immaginario: attraverso la leggenda che vorrebbe Re Artù condotto dalla sorella Morgana non ad Avalon bensì sull’Etna, per riforgiare la spada Excalibur spezzatasi in battaglia, e, una volta riparata, Artù l’avrebbe donata ad un nobile tedesco che l’avrebbe poi smarrita durante il viaggio nello Stretto di Messina, dove si troverebbe tuttora; attraverso le teorie che sostengono che l’Irlanda sia stata invasa, ancor prima che dai Celti, dai Bartholons, figli di Bartolo, una famiglia proveniente proprio dalla Sicilia; attraverso la simbologia che si ritrova nella “Trinacria a tre gambe” uguale tanto in Sicilia che nella “nazione celtica” dell’Isola di Man, trapiantata nella cultura locale sembra da marinai d’origine sicula. E, ovviamente, un ponte musicale, costituito da parole e sonorità, attraverso il dialetto siciliano cantato da Valeria in “Lazza d’amuri”, “Caccia alle Streghe”, o dilatato ed aperto nelle tipiche abbanniate palermitane di “Piazza pulita”. Tutto ciò sempre supportato da ritmi e suoni tipici degli strumenti caratteristici di questo genere, qui suonati da ospiti di riguardo, Paddy Keenan alle cornamuse e Máirtín O’Connor alla fisarmonica. Infine, ci sono due intermezzi in arabo, per la profonda voce del narratore iracheno Youssif Latif Jaralla che recita versi tradotti da un poema celtico di Robin Williamson».

E musicalmente?
«Cerchiamo di guardare alla cultura celtica dalla nostra prospettiva, quella mediterranea: così la nostra musica non è celtica in senso tradizionale. In Irlanda musica celtica significa adesione ai canoni tradizionali, con note rigorosamente scritte per consentire a musicisti mai incontratisi prima di suonare insieme nei luoghi di ritrovo e nei pub irlandesi. Ma noi, pur rispettando la tradizione delle gighe e delle rille, abbiamo inserito improvvisazioni strumentali e vocali, e alla fine Paddy, per il quale avevo scritto una parte, ha preferito improvvisare anche lui, in un pezzo…»

Fra i primi italiani a venire invitati in Irlanda all’O’Carolan Festival nell’85, vi siete pure esibiti insieme a The Chieftains, gruppo rappresentativo della musica irlandese, suonando molto all’estero: qual è la differenza tra le realtà musicali fuori dalla Sicilia e quelle locali?
«Ci sono delle grandissime potenzialità anche da noi, ma all’estero vengono sviluppate molto di più. Fuori c’è la realtà dei pub dove si suona liberamente, c’è una fruizione quotidiana della musica. Anche a Palermo adesso ci sono molti locali, però un gruppo di sette elementi ha sempre notevoli difficoltà a suonare nei pub, per problemi di spazio, problemi tecnici di amplificazione e problemi di budget. Quindi un gruppo come Aes Dana dovrebbe suonare con gli enti pubblici».

E voi avete partecipato a manifestazioni di Enti pubblici?
«Siamo stati a “Palermo di Scena” qualche anno fa, poi nell’ambito della rassegna “Provincia in festa”, proprio l’anno dell’attentato alle Torri Gemelle, abbiamo suonato a Villa Giulia con Máirtín O’Connor che era qui per registrare il disco. Con l’amministrazione comunale nuova non abbiamo mai suonato… Però qui interessa l’uscita del disco e non voglio incentrare la mia attività su certe “lamentele”, ma, visto che mi chiedi, notavo che gli Aes Dana, il cui primo concerto risale al 1983, in vent’anni non hanno per esempio mai suonato per l’Assessorato al turismo della Regione Siciliana. Eppure, per l’Assessorato suonano, come è giusto che sia per un ente che spazi a livello internazionale, compagnie ucraine, compagnie russe, compagnie canadesi».

Ma ottenuti questi riconoscimenti internazionali, prima il John Lennon Songwriting Contest di New York e adesso l’USA Songwriting Competition, pensi che qualcosa possa cambiare?
«Di solito noi mandiamo le richieste di finanziamento, se gli enti sono interessati eventualmente ci chiamano. Anche quando abbiamo vinto il premio, gli organizzatori americani avrebbero voluto gli Aes Dana al completo, ma sette persone non potevano permettersele. Così noi abbiamo fatto richieste di sostegno a tutti gli enti locali, ma non è arrivata alcuna risposta. Alla fine negli Stati Uniti siamo andati soltanto Rosellina ed io…»

Novità legate all’uscita del disco?
«Una notizia appena confermata è che il brano “Caccia alle Streghe” è stato selezionato dalla redazione della rivista musicale “Keltica” per essere inserito nel numero del prossimo gennaio».

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