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Al Pacino parla siciliano alla Biennale di Venezia

L'attore e regista italoamericano ringrazia il pubblico della Laguna e prova ad accennare qualche battuta in dialetto:"Sono italiano. È dentro di me"

  • 5 settembre 2011

Il premio Jaeger-LaCoultre è stato conferito ad Al Pacino per il suo ultimo lavoro da regista "Wilde Salome", proiettato fuori concorso alla Biennale di Venezia. Telecamere puntate su di lui che sale sul palco per i ringraziamenti di rito, rievocando le sue origini con qualche parola in siciliano (a onor del vero quasi incomprensibile). Più che apprezzabile, però, lo sforzo dell'attore newyorchese di origini italiane [per vedere il video tratto da Repubblica TV clicca qui].

L'entrata in sala stampa di quel che fu Tony Montana viene accolta con uno scrosciante applauso e subito le domande sul suo ultimo film. L'attore fa subito alcune precisazioni sulla sua opera: «Quando ho cominciato non sapevo dove sarei arrivato. Avevo una visione ma mi mancava una storia. E' sempre brutto non avere un copione. Volevo fare un collage, mettere insieme delle cose che in me potessero mostrare quello che avevo in mente e che facesse riflettere su cosa fosse Oscar Wilde: un genio visionario, uno che ebbe il coraggio di andare controcorrente e di vivere su terreni pericolosi per quei tempi, anche per la sua sessualità».

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Una filmografia che parla da sola: quarantasette pellicole da attore, quattro da regista, una da sceneggiatore e due da produttore. Alfredo James Pacino, più semplicemente Al, si porta bene i suoi 71 anni, ma nonostante la pluridecennale esperienza, è stato tradito dall'emozione provata di fronte al pubblico di Venezia. Lui stesso ha affermato: «Ho dimenticato le mie battute - poi tutto liscio come l'olio e continua - Prima ero solo attore, da 25 anni invece sono innamorato anche dell'arte di fare film. In questi anni ho fatto vari esperimenti, che in genere tengo per me, ma qualcuno mi sfugge e arriva al pubblico, come "Looking for Richard" e "Wilde Salome"».

Per concludere "Wilde Salome", Al Pacino ha confessato di essersene allontanato «come succede ai pittori per i quadri. Solo quando l'ho lasciato per cinque mesi ho avuto l'illuminazione per completare il lavoro. Anche perché volevo riprodurre ciò che ho sentito quando ho visto Salomé di Wilde - e conclude - Wilde scrisse un'opera sul potere distruttivo della sensualità sperando di liberarsene. Ma non ci riuscì».

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